Purgatorio, Canto 1: parafrasi
Parafrasi del canto 1 del Purgatorio della Divina Commedia di Dante Alighieri (6 pagine formato doc)
PURGATORIO CANTO 1: PARAFRASI
Canto 1 purgatorio. La navicella dei mio ingegno, che lascia dietro di sé un mare così tempestoso (l'inferno), si prepara a una materia più serena (il purgatorio); e canterò del secondo regno (dell'oltretomba) nel quale l'anima umana si purifica e diviene degna di salire al cielo. Ma qui la poesia, che ha avuto finora per argomento la morte spirituale (dei dannati), riviva (trattando della vita spirituale di coloro che raggiungeranno la beatitudine), o sante Muse, poiché a voi ho consacrato la mia vita; e a questo punto si levi più alta la voce di Calliope (la maggiore delle nove Muse, rìtenuta dagli antichi l'ispiratrice della poesia epica; il nome, etimologicamente, significa « dalla bella voce »), accompagnando il mio canto con quella melodia della quale le sciagurate figlie di Pierio, poi trasformate in gazze, avvertirono la superiorità a tal punto che disperarono di sottrarsi alla punizione che le attendeva.
PURGATORIO CANTO 1: PARAFRASI DEL TESTO
Narra Ovidio (Metamorfosi V, versi 300 sgg.) che, avendo le figlie del re Pierio osato sfidare le Muse nel canto, furono sconfitte da Calliope e trasformate in piche. Dante fa grande uso dei miti dell'antichità classica. Osserva il D'Ovidio: "nel simbolismo, che permetteva di veder sotto a quei fantasmi una verità leggiadramente velata, egli acquetava la sua coscienza di cristiano; e accarezzava con il immaginazione compiacente le belle favole, alle quali come poeta e come studioso dell'antichità teneva assai".
Nell'esordio del Purgatorio il Raimondi nota che il discorso del Poeta corre su un pìano retorico e su uno morale. " Il mar crudele che ci lasciamo dietro, non è soltanto il mare delle rime aspre e chiocce, il pelago della poesia di cui si parlerà più tardi nel Paradiso; ma è insieme l'acqua perigliosa che s'era intravista attraverso una comparazione nel primo canto dell'Inferno: ossia, come spiega il Convivio, il « mare di questa vita» che ogni cristiano ha da percorrere per giungere al suo «porto ». Ed è poi ancora lo stesso mare a cui pensa il lettore della Bibbia, ogni volta che ricorda la vicenda degli Ebrei fuggiti dall'Egitto: un mare-simbolo, che si converte in certezza di acque migliori, perché prefigura, come mistero della fede, l'idea del battesimo e, a un tempo, quella della vittoria di Cristo sulla morte."
Per quel che riguarda la tonalità di questo proemio, in esso si preannunciano quell'euritmia e quella delicatezza di sfumature che saranno caratteristici del canto. "La stessa proposizione ha un accento riposato e fidente, piuttosto che squillante: né inganni la lieve impennata, piuttosto verbale ed apparente che reale, dell'«alzar le vele», giacché essa sta come espressione asseverativa e non ortativa o iussiva... Non dice: tu, o ingegno, alza le vele, ma semplicemente: la navicella del mio ingegno alza le vele per correre ora acque più pacate e tranquille, quella navicella che lascia dietro di sé il mare crudele dell'inferno. Era mare, ed ora son solo acque; era vasto pelago, ed ora è navigazione per acque più chiuse e quiete." (Sansone)
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CANTO 1 PURGATORIO: TESTO
Un tenero colore di zaffiro orientale (la più pura e splendente fra le varie qualità di zaffiri, secondo quanto attestano i Lapidari medievalì), contenuto nella limpida atmosfera, pura fino al cerchio dell'orizzonte, procurò nuovamente gioia ai miei occhi, appena uscii dall'aria infernale, che aveva rattristato la mia vista e il mio animo.
Per un poeta romantico come il Coleridge il cielo assumeva l'aspetto delI' "interno di un bacino di zaffiro". Dante è assai più preciso nel determinare le sue sensazioni; le sue metafore, pur radicate in un fondo analogico, non sono mai considerate in se stesse, in quanto pure intuizioni, attimi di felice contatto con una realtà più ricca dì quella che il linguaggio comune ci offre, ma si ordinano in una gerarchia razionale di significati. L'immagine del Coleridge può servire "a mostrare per contrasto come in Dante la gioia della scoperta sensitiva sia subito controllata dall'intelligenza: nella terzina, a parte il contrappunto allusivo-simbolico dello sfondo, interviene infatti, quasi a frenare ogni suggestione pittorica, il gusto didascalico della descriptio temporis con i tecnicismi di aspetto del mezzo e primo giro in corrispondenza di aggettivi affettivi come sereno e puro (Raimondi).