Sento l'aura mia anticha, e i dolci colli
Analisi e commento del celebre sonetto del Petrarca (2 pagine formato doc)
Questo
sonetto appartiene alla raccolta di poesie intitolata Canzoniere.
Questo libro è diviso in due parti dalla
morte di Laura, donna amata dal poeta, la cui morte crea in Petrarca
un tormento interiore e il sonetto preso in analisi fa evidentemente
parte della seconda.
Ricorrono tutte le caratteristiche della poetica petrarchesca, in particolar modo il rapporto antitetico che intercorre tra contenuto e forma. Se il contenuto è segnato da continue contraddizioni, le figure retoriche (in special modo fonetiche) lo rendono coeso. Già nella prima quartina ci troviamo davanti un enjambement e una struttura chiastica che contrappone il presente e il passato.
I dualismi vengono riproposti in modo insistente: bramosi et lieti e tristi e molli (v. 4); io vivo e morto giacer volli (v. 8); arsi e piangendo e foco e cenere (vv. 13,14). Questa continua alternanza tra piani temporali sottolinea la malinconia di Petrarca. Il concetto della caducità delle cose terrene sembra essere, comunque, il tratto distintivo del poeta che, in questo sonetto, lo esplicita nel primo verso della seconda quartina nel parlare proprio di caduche speranze.
Il paesaggio interiore si contrappone a quello di Chiare fresche e dolci acque in modo evidente e il divario tra i due è lo stesso che intercorre tra locus amenus e locus horridus. La logica di Petrarca è inattaccabile, non si può che concordare con il suo dolore: non ci sentiamo in grado di proporre una soluzione perché impossibile cogliere a fondo l'amore per questa donna.
Ricorrono tutte le caratteristiche della poetica petrarchesca, in particolar modo il rapporto antitetico che intercorre tra contenuto e forma. Se il contenuto è segnato da continue contraddizioni, le figure retoriche (in special modo fonetiche) lo rendono coeso. Già nella prima quartina ci troviamo davanti un enjambement e una struttura chiastica che contrappone il presente e il passato.
I dualismi vengono riproposti in modo insistente: bramosi et lieti e tristi e molli (v. 4); io vivo e morto giacer volli (v. 8); arsi e piangendo e foco e cenere (vv. 13,14). Questa continua alternanza tra piani temporali sottolinea la malinconia di Petrarca. Il concetto della caducità delle cose terrene sembra essere, comunque, il tratto distintivo del poeta che, in questo sonetto, lo esplicita nel primo verso della seconda quartina nel parlare proprio di caduche speranze.
Il paesaggio interiore si contrappone a quello di Chiare fresche e dolci acque in modo evidente e il divario tra i due è lo stesso che intercorre tra locus amenus e locus horridus. La logica di Petrarca è inattaccabile, non si può che concordare con il suo dolore: non ci sentiamo in grado di proporre una soluzione perché impossibile cogliere a fondo l'amore per questa donna.