Tito Livio, Ab Urbe Condita: traduzioni
Traduzioni di alcuni brani dell'opera di Tito Livio, Ab Urbe Condita: La vicenda di Coriolano (II-34); Le lotte tra patrizi e plebei (IV-2); La memoria delle imprese del più grande popolo del mondo (Praefatio); I cartaginesi valicano le Alpi; Eventi prodigiosi dell'anno 214 a.C.; La vista di Siracusa suscita la commozione del Console Marcello; Morte del matematico Archimede (10 pagine formato doc)
TITO LIVIO, AB URBE CONDITA: TRADUZIONI
Versioni di latino.
Tito Livio. Ab Urbe Condita, II – 34LA VICENDA DI CORIOLANO: L’ATTACCO NEI CONFRONTI DELLA PLEBE
I consoli successivi furono Tito Geganio e Publio Minucio.
Quell'anno, non essendoci più nessuna preoccupazione militare ed essendo stata composta ogni discordia, una calamità di ben altra portata si abbatté su Roma, la mancanza di generi alimentari, dovuta al fatto che i campi erano rimasti incolti durante la secessione della plebe, poi la fame, come succede alle città in stato d'assedio.
Si sarebbe giunti alla morte degli schiavi e della plebe, se i consoli non avessero provveduto mandando degli emissari a racimolare frumento dovunque, non solo lungo la costa dell’Etruria a nord di Ostia e a sud, via mare attraverso le terre dei Volsci, fino a Cuma, ma addirittura in Sicilia, tanto lontano li aveva costretti a cercare aiuto l'odio dei popoli confinanti.
A Cuma, una volta acquistato il grano, le navi furono trattenute dal tiranno Aristodemo come indennizzo delle proprietà dei Tarquini di cui egli era l'erede; non si ebbe la possibilità di far rifornimento di frumento nemmeno nella regione dei Volsci e nell’agro Pontino; i compratori di grano rischiarono addirittura di esser assaliti dai locali; dagli Etruschi il frumento arrivò lungo il Tevere; la plebe fu sfamata con esso.
Tito Livio, riassunto
AB URBE CONDITA TRADUZIONE
Avrebbero subito una guerra gravosa, se una terribile pestilenza non avesse colpito i Volsci già in armi. Vedendo il terrore che una simile decimazione aveva seminato, i Romani, per far sì che un certo spavento rimanesse in loro anche una volta usciti dall’epidemia, potenziarono con nuovi invii la colonia di Velitra e ne fondarono una nuova a Norba, sulle montagne, per avere una roccaforte nel Pontino.
In seguito, sotto il consolato di Marco Minucio e di Aulo Sempronio, ci fu una massiccia importazione di grano dalla Sicilia e, in Senato, si discusse il prezzo a cui si sarebbe venduto alla plebe.
Molti pensavano che fosse giunto il momento di reprimere la plebe, e di recuperare i diritti che essa aveva estorti ai patrizi con le violenze della secessione.
In un primo momento, Marzio Coriolano, avversario della potestà tribunicia, disse: “Se vogliono il grano al vecchio prezzo, restituiscano ai patrizi i diritti che detenevano una volta.