Carme 64 di Catullo: traduzione, figure retoriche e analisi grammaticale

Carme 64 di Catullo: traduzione, figure retoriche e analisi grammaticale. Il mito di Peleo e Teti nel poeta latino e digressione sulla figura di Arianna

Carme 64 di Catullo: traduzione, figure retoriche e analisi grammaticale
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Carme 64 di Catullo

Il carme 64 di Catullo descrive il mito di Peleo e Teti
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Il carme 64 di Catullo si apre con la narrazione del mito di Peleo e Tèti, a cui si aggancia una digressione [la cosiddetta έϰϕρασις - ekphrasis], che descrive due lati dell’amore: felice e infelice.

Catullo mette in atto un dualismo: vuole che la sua storia d’amore con Clodia si concluda felicemente come Peleo e Tèti, ma sa che è più indirizzata a terminare come l’infelicità di Arianna e Teseo. Questo mito simboleggia per il poeta la sua aspirazione amorosa, la precarietà del suo vincolo; aspira a quel foedus che non raggiungerà mai.

Carme 64 Catullo, traduzione

Così mi rapisti, o perfido, dal focolare paterno
e mi lasciasti, o Teseo, sopra una spiaggia deserta?
Così, immemore, parti disprezzando gli dei
e porti verso la patria i tuoi esecrati spergiuri?
Nulla ha potuto piegare il crudele proposito
della tua mente, non hai avuto alcuna clemenza
che inducesse il cuore feroce a compassione di me?
No, non questo un giorno dolcemente mi promettesti,
non era questo che tu facevi sperare alla misera!
Ma erano nozze liete, sospirati imenei:
tutto ciò il vento lo lacera, lo disperde nell’aria.
Nessuna donna più creda ai giuramenti di un uomo,
nessuna speri che siano fedeli le sue parole.

Mito di Peleo e Teti

Le ninfe marine, figlie di Nèreo e Deride, nipoti di Oceano e Tèti, salirono dal fondale marino per ammirare la nave degli Argonauti.

Gli eroi rimasero stupefatti di fronte a quelle bellezze “inumane”: Pèleo non ebbe occhi che Tèti,la più giovane delle nereidi. Ma anche Giove, Nettuno e Apollo volevano sposare Tèti. Promèteo, incatenato sulla cima del càucaso, conosceva un’antica profezia che diceva che il figlio di Tèti sarebbe stato più forte del padre: lo rivelò così a Giove, senza però riferire il nome della donna.

Giove, per conoscere il nome della ragazza, liberò Promèteo e rinunciò a Tèti, insieme a Nettuno e Apollo.

Tèti venne infine data in sposa al mortale più meritevole, Peleo, così anche il figlio sarebbe stato un mortale. Tèti non accettò volentieri e Pelèo dovette lottare contro lei per vincerla.

Alle nozze assistettero anche gli dèi: Poseidone donò allo sposo i cavalli Xanto e Balio, e Chirone donò la lancia pelìaca. Dall’unione di peleo e Teti nacque Achille, che fu chiamato, con il patronimico, “il pelide”, e poi affidato a Chirone per ricevere l’educazione.

Pelèo fuggì poi dalla patria perché aveva ucciso il fratello Foco, si rifugiò in Tessaglia dove diventò re. Nella reggia di Farselo era distesa la coperta ricamata, che raccontava la recente storia di Arianna.

Mito di Arianna e Teseo

Tesèo, figlio di Egèo, andò a trovare suo padre ad Atene, dopo molte avventure.

Atene era in lutto perché Minosse, il re di Creta, per vendicare il figlio Androgeno ucciso dagli ateniesi, esigeva il tributo di sette giovani e sette fanciulle che dava in pasto al Minotauro (nato da Pasìfae e il toro), chiuso dentro il labirinto costruito da Dedalo.

Teseo si sostituì quindi con uno dei sette giovani, dopo aver fatto innamorare di sé Arianna (figlia di Minosse e Parsìfae). Fu così che riuscì ad uccidere il Minotauro, uscì dal labirinto seguendo il filo datogli dalla principessa, la prese con se e si diresse verso Dia, un’isola deserta a 20 miglia a nord di Cnosso.

La mattina seguente Arianna si ritrovò da sola sull’isola e maledisse Teseo: Egèo lo aveva fatto partire con una nave dalle vele scure, facendogli promettere che, se fosse tornato sano e salvo coi compagni, avrebbe mutato le vele scure in bianche.

Tesèo dimenticò questa promessa e il vecchio, scorgendo le vele funeste, si gettò nel mare, che prese da lui il nome di Mar Egèo. Sulla nave c’era Fedra, la sorella di Arianna, che sposò Tesèo, che nel frattempo era divenuto il nuovo re di Atene dopo la morte del padre.

Arianna ebbe miglior fortuna: atterrò sull’isola con un tìaso volante di Bacco, che veniva da Nasso. Il dio consolò la donna con un pesante diadema d’oro e col suo amore immortale e, quando fu stanco delle peregrinazioni portò con se Arianna nel cielo. La corona divenne una splendida costellazione.

Carme 64 Catullo, figure retoriche

Il carme 64 è ricco di figure retoriche che danno un senso di enfasi: si tratta di un argomento molto caro a Catullo, che qui riprende il concetto di fides (al verso 144) con la parola fideles, legata strettamente alla parola foedus, che Catullo usa come fondamento stesso di fides.

In Catutto la Fides non è religiosa, ma sociale: impone a Lesbia un legame giuridico, per cui la donna deve rispettare l’impegno preso nei confronti di Catullo, quindi dare e ricevere fides, che diviene perciò una qualità dell’amore.

Carme 64 Catullo, analisi grammaticale

Vediamo nel dettaglio le figure retoriche presenti nel testo:

  • Epanalessi: consiste nella ripetizione di una parola o di un’espressione all’interno della stesa frase. Esempi: perfide (ai versi 132 e 133), nulla (ai versi 136 e 137) e non haec (ai versi 139 e 140).
  • Ai versi 132, 134 e 138 il poeta inserisce delle domande retoriche che esprimono la disperazione di Arianna portata all’estremo.
  • Perfide e fideles costituiscono una contrapposizione terminologica (nel significato) ed etimologica (derivano dallo stesso termine).
  • Ci sono numerosi iperbati (inversioni dell’ordine grammaticale dei termine) ai versi 138 (inimite pectus) e 133 (perfide Theseu).
  • Ai versi 136-137 e 139-140 si noti l’inarcamento (enjambement).
  • Al verso 141 il termine hymenaeos (letteralmente canti nuziali) passa, per sineddoche, ad indicare le nozze stesse.

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