De Rerum Natura - Necessità della Morte, Taedium della vita
Traduzione, Analisi e commenti del testo originale (2 pagine formato doc)
Necessità della morte, Taedium della vita (De rerum natura 3,1042-1077)
“Lo stesso Epicuro, percorsa la sua vita luminosa, morì,
lui che superò il genere umano nell’ingegno ed oscurò
tutti, come il sole nel cielo, dopo essere sorte, supera le stelle.
Tu, invece, esiterai e ti sdegnerai di morire?
Tu, per il quale la vita è quasi morta, sebbene tu sia vivo e veda,
tu che consumi nel sonno la maggior parte della vita
e anche quando sei sveglio russi e non smetti mai di sognare
e hai una mente agitata da una vuota paura e non riesci
a scoprire che cosa spesso ti faccia soffrire, quando,
come ubriaco, sei tormentato, infelice, da ogni parte
da molte preoccupazioni e, barcollando, ti aggiri in un vago smarrimento dell’animo”.
I primi tre versi rappresentano un’ulteriore lode ad Epicuro, che oscura tutti gli uomini come fa il sole con le stelle. L’uomo sconosciuto non ha il diritto di lamentarsi della sua morte, vedendo morire Epicuro ed altri uomini illustri. La vita degli uomini non illuminati da Epicuro è dedicata al sonno, sprecata, è una vita ottenebrata dal sonno della ragione. Proprio per questo, l’uomo è sempre insoddisfatto ed ha in sé una infelicità ed insicurezza generale di cui non sa indicare la causa.