La retorica per Quintiliano e per Cicerone

L'evoluzione della retorica nella letteratura latina con riferimento a Cicerone e approfondimento su Quintiliano (2 pagine formato doc)

Appunto di cose87

RETORICA PER QUINTILIANO

Retorica per Quintiliano.

La retorica nacque come risposta ai bisogni della società, è un genere pragmatico.
Cicerone nel Brutus afferma che la retorica nasce in un processo sul diritto di proprietà privata.
Si può fare retorica dove c’è libertà di opinione; la classe dirigente riconosceva l’utilità della retorica ma siccome la vedeva anche come strumento pericoloso, affiancò i giovani alle cure di personaggi autorevoli che dovevano infondere la retorica collegata alla trasmissione di valori civili.
Nella Roma repubblicana poteva fare retorica chi era in possesso dell’auctoritas e della potestas; invece nella Roma imperiale questi due valori li aveva il principe che usava la retorica non per persuadere, perché non ne aveva bisogno, ma per fare declamazioni pubbliche cioè esaltare quello che è stato fatto e mettere quindi in gioco l’abilità del conferenziere.
Quintiliano, nell’età dei Flavi e quindi grazie a Vespasiano, volle riproporre la retorica antica, quella legata ai valori civili
 E nella sua opera volle proporre la figura del funzionario di Stato.
La retorica è l’arte del persuadere, fa retorica l’uomo eloquens che cerca di rendere persuasiva la parola; mentre uomo loquens parlava e basta.

Caratteristiche dell'arte oratoria

PERFETTO ORATORE PER QUINTILIANO

L’abilità a fare retorica era quella di individuare il tipo di pubblico e impostare un discorso adeguato,un discorso quindi o tecnico o emotivo, o astratto.
Un metodo efficace di persuasione era quello del confronto, si prendeva un modello analogico per far capire meglio il discorso, esempio è l’intervento di Agrippa alla plebe che fa riferimento alla città come corpo umano e i cittadini sono le sue membra.
La retorica segue tre tipi di procedimenti: logos, pathos, ethos.
Logos è dimostrazione fondata su principi logici, pathos invece fa leva sulla reazione emotiva degli ascoltatori e spesso cerca di commuovere, ethos ottiene il richiamo imponendo l’autorità di chi sta parlando.
Due sono le prove a cui ricorre il logos:
argumentum parte da un fatto accaduto per poi giungere a una seconda verità;
exemplum  c’è richiamo a un precedente storico, religioso, che dia credibilità al proprio discorso.
Nella Roma arcaica la retorica si diffuse tardivamente perché la vita pubblica era riservata alla sola nobilitas che usava retorica maggiormente per esaltare l’operato, in senato addirittura la parola era concessa secondo criteri di importanza.
L’estensione dei poteri dello stato portarono a un aumento di compiti amministrativi e i dirigenti dovevano sapere la retorica, furono fatti dei manuali latini per evitare di prenderli dai greci perché erano visti portatori di una cultura estranea.
Si divise una buona e una cattiva retorica (rem tene, verba sequentur): quella buona era quella in cui la priorità spetta alla concretezza del problema cioè alla res e quella cattiva era quella in cui prevaleva il verba cioè l’esposizione, ciò significava che i contenuti erano falsi.

RETORICA PER CICERONE

L’oratore era definito vir bonus dicendi peritus cioè che chi parla bene era proprio il saggio.
I giovani romani apprendevano retorica come l’apprendimento militare, facevano il tirocinium fori cioè affiancavano una figura eminente per imparare l’arte della retorica facendo esperienza sul campo.
La trasmissione della retorica coincideva quindi con quella del mos maiorum e ciò garantiva una continuità fra generazioni.
L’estendersi della potenza romana comportava aumento del lavoro dello stato e quindi nacquero i professionisti specializzati;nacquero i difensori degli imputati e gli accusatori.
La prima scuola di retorica fu fondata nel 93 da Gallo; ma poi fu chiusa dagli aristocratici perché non riuscivano ad avere pieno controllo di ciò che veniva insegnato.

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