La Satira nell'epoca Imperiale

Descrizione del contesto storico e i maggiori autori della satira imperiale (2 pagine formato doc)

Appunto di vdavid

SATIRA IMPERIALE

La Satira nell’Epoca Imperiale.

Persio e Giovenale sono i maggiori satirici di quest’età: essi hanno scritto satire in cui, entrambi, dichiarano di riferirsi ad Orazio e Lucillio. Pur richiamandosi a questi modelli, tuttavia, le loro satire sono diverse per avari motivi:
1.    Se Lucillio ed Orazio, nelle loro satire, si riferivano ad amici o al loro gruppo letterario, quindi ad una cerchia di persone ben precisa, Persio e Giovenale si riferiscono ad un pubblico vasto e generico di ascoltatori di fronte ai quali i due autori prendono la veste di censori del vizio, condannatori del vizio e dei costumi tradizionali.
2.    Se Orazio chiamava le sue satire “sermones”, conversazioni sorridenti dove l’autore sottolineava i difetti, ma non con sdegno, sottolineando anche compassione per i vizi,  Persio e Giovenale, invece, assumono un tono simile a quello dell’invettiva, duro, impietoso, aspro, di condanna delle colpe  e dei vizi.

3.    Se tra Orazio ed il suo lettore vi era una complicità, una comunanza data dal fatto che l’autore stesso si sentiva destinatario dell’opera, tra Persio/Giovenale ed il lettore vi è un livello differente: l’autore non si sente messo in discussione ma vede i vizi degli altri e li rimprovera.
4.    Se lo stile di Orazio era armonioso, classicista, lo stile di queste nuove satire, soprattutto di quelle di Persio, è “barocco”, ricercato, duro, aspro, a volte faticoso. Questo deriva anche dal fatto che queste satire erano scritte per essere lette pubblicamente, per essere recitate pubblicamente, per cui l’autore cercava di fare presa sul pubblico ricorrendo a tutti gli strumenti stilistici disponibili.

La satira latina: riassunto

LA SATIRA LATINA

Persio. Nasce nel ’34 e muore nel ’62 all’età di ventotto anni; egli apparteneva a famiglia equestre, a sei anni viene mandato a Roma, dove viene educato, e a sedici anni incontra Lucio Anneo Cornuto, suo maestro, filosofo stoico, grammatico, insegnamento del quale era basato su un rigoroso addestramento morale. Quello di Persio era un carattere pensoso, portato ad osservare gli altri, austero, severo con se stesso: l’incontro con Cornuto rafforza queste sue doti naturali, per cui la filosofia stoica ed il suo rigore fanno si ch’egli abbia un atteggiamento da fustigatore dei vizi altrui.
Egli scrive “Le Satire”, un libro di sei satire, frutto dell’esperienza soprattutto letteraria di questo giovane: Persio è guidato non tanto dall’esperienza della vita, quanto dagli studi fatti, dall’incontro con Cornuto. Le Satire sono riflesso di questo suo spirito polemico e del desiderio di aderire a quella verità morale predicata dallo stoicismo.

IL RUOLO DELLA SATIRA

Persio sceglie la satira come strumento più adatto per esprimere queste urgenze che vuole comunicare ai suoi lettori. La satira nasce in lui da due esigenze:
1.    Esigenza morale, per cui vuole smascherare il vizio, la corruzione;
2.    Volontà di opporsi alle mode letterarie.
Persio si definisce “semi – paganus”, ovvero “mezzo contadino”, nel senso che non si riconosce con le mode letterarie di Roma: egli si oppone agli eccessi stilistici, alla mitologia, perché il suo scopo non è quello di fare un bella opera letteraria, ma opporsi ai vizi ed aiutare le coscienze a redimersi. Difatti, nella sua opera utilizza spesso verbi come “svellere”, “strappare”: egli vuole radere, debellere, strappare i vizi attraverso un’opera di chirurgia morale, per migliorare le coscienze dei suoi lettori. Insiste sul parallelismo tra malattia fisica e vizio, per cui la malattia fisica è allegoria di ciò che vi è all’interno.