Seneca: Lettere a Lucilio - libro20

Traduzione integrale dal latino delle lettere a Lucilio (Libro XX) di Seneca. (24 pagine , formato word) (0 pagine formato doc)

Appunto di raffio18
LIBRO VENTESIMO LIBRO VENTESIMO     118 1 Tu vuoi che ti scriva più spesso.
Facciamo un po' i conti: sei tu in debito; eravamo d'accordo che scrivessi tu per primo: tu scrivevi e io rispondevo. Ma non farò il difficile: so che ti si può fare credito. Pagherò anticipatamente e non farò quello che l'eloquentissimo Cicerone invitava Attico a fare: "Scrivi quello che ti viene sulle labbra, anche se non hai niente da dire." 2 A me gli argomenti non mancano mai, anche a tralasciare tutti quelli che riempiono le lettere di Cicerone: quale candidato sia in difficoltà; chi combatta con forze altrui, chi con le proprie; chi aspiri al consolato con l'appoggio di Cesare, chi con quello di Pompeo, chi col proprio patrimonio; che usuraio spietato sia Cecilio: da lui i parenti non possono cavare un soldo a un interesse inferiore al dodici per cento. È meglio occuparsi dei propri mali invece che di quelli altrui, esaminarsi a fondo e vedere a quante cose aspiriamo senza impegno.
3 Non chiedere nulla e tralasciare tutti i bei discorsi della fortuna, questa, Lucilio mio, è la scelta migliore che ci rende sereni e liberi. Nel periodo delle elezioni, quando i candidati, tormentati dall'incertezza, se ne stanno negli spazi loro riservati e uno promette denaro, un altro si dà da fare attraverso i suoi scagnozzi, un terzo consuma di baci le mani a persone da cui, una volta eletto, non vorrà neppure essere toccato, quando tutti aspettano ansiosi la voce del banditore, non pensi che sia piacevole starsene in ozio a guardare quel mercato senza comprare o vendere niente? 4 Quanto è più felice chi guarda senza darsene pensiero non solo ai comizi per l'elezione dei pretori o dei consoli, ma anche a quei grandi comizi in cui si cercano cariche annuali o poteri perpetui, imprese vittoriose e trionfi oppure ricchezze o matrimoni e figli o salute per sé e per i propri familiari! Che grandezza d'animo dimostra chi, solo, non chiede nulla, non supplica nessuno e dice: "Non ho niente a che spartire con te, o sorte; non mi faccio tuo schiavo. So che tu respingi i Catoni e porti al successo i Vatinii. Io non chiedo niente." Questo significa mettere da parte la fortuna. 5 Noi possiamo, dunque, scriverci a vicenda su questi argomenti e trattare una materia sempre nuova, vedendo intorno a noi tante migliaia di uomini inquieti che, per conseguire una meta rovinosa, attraverso il male ricercano il male e aspirano a beni da cui devono fuggire o di cui hanno disgusto. 6 Quando la si desidera, una cosa sembra straordinaria, ma dopo averla ottenuta nessuno è soddisfatto. La prosperità non è avida, come comunemente si crede, è cosa di poco conto; perciò non sazia nessuno. Tu pensi che tali mete siano eccelse perché sono lontane; ma a chi le raggiunge sembrano poco elevate e cerca ancòra, ne sono sicuro, di salire: questa che tu ritieni la vetta è solo un gradino. 7 Ignorare la verità è un male per tutti. Gli uomini, ingannati dall'opinione generale, si fanno attirare da falsi beni, poi, quand