Tacito, Annales XVI
Traduzione letterale dei paragrafi relativi alla morte di Petronio (Tacito, Annales XVI, 18-19) (2 pagine formato doc)
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Si devono riprendere poche cose dette sopra riguardo Gaio Petronio.
Infatti passava il giorno nel sonno, la notte tra gli affari e i
piaceri della vita; e come l'operosità aveva portato alla
fama altri, così la pigrizia (aveva portato alla fama) costui,
e non era considerato né un crapulone, né un
dissipatore, come la maggiorparte di coloro che sperperano i propri
beni, ma (un uomo) di dissolutezza raffinata.
E le parole e i gesti
di quello, quanto più disinvolti e in grado di ostentare una
certa noncuranza di sé, tanto più gradevolmente
venivano accolti come espressione di semplicità. Tuttavia come
proconsole di Bitinia e in seguito come console, si rivelò
energico e all'altezza dei compiti. Poi, ritornato ai vizi, o
piuttosto, alla simulazione dei vizi, fu ammesso da Nerone fra i
pochi intimi, come arbitro di eleganza, al punto che (Nerone) nulla
in (tutta quella) abbondanza trovava dolce e piacevole, se non ciò
che Petronio gli avesse approvato. Da qui la gelosia di Tigellino,
come contro un rivale pure migliore nella scienza dei piaceri. Dunque
(Tigellino) sollecita la crudeltà del principe, a cui erano
inferiori le altre passioni (=la crudeltà era la maggior
passione di Tiberio), rinfacciando a Petronio l'amicizia con
Scevino dopo aver corrotto uno schiavo alla denuncia e dopo aver
tolto (a Petronio) ogni mezzo di difesa e dopo aver gettato in
carcere la maggior parte della servitù.