Riassunto su il Vero di Leopardi
cos'è il " Vero" leopardiano e la sua evoluzione nella poetica del poeta di Recanati (1 pagine formato doc)
Riassunto su il Vero di Leopardi - Il “VERO” IN LEOPARDI Il “VERO” IN LEOPARDI Già dal 1819, anno della conversione filosofica che implicava la ricerca non più del Bello, ma del Vero, la poetica leopardiana inizia a mutare con i Piccoli Idilli, ma assume un notevole cambiamento con le Operette Morali del 1828-29 e con i Canti Pisano-Recanatesi del 1828-31, per arrivare ad un' eclatante mutamento del fine della poesia nel Ciclo di Aspasia del 1832-33 sino al capolavoro napoletano: la Ginestra, composta nel 1836.
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Quest' analisi negativa dell' essere umano si evolve nei canti Pisano- Recanatesi , noti con il nome di Grandi Idilli, un cui tema fondamentale è il pessimismo cosmico: la critica non riguarda più il singolo individuo, ma l' umanità tutta. Il poeta, infatti, in questi canti spazia dalla precarietà della vita umana e dalla fine inesorabile della speranza stessa di fronte alla presa di coscienza della realtà dei fatti in “ A Silvia”, all' invocazione della morte come liberazione dal dolore in “ Ricordanze”, sino alla dichiarazione “ è funesto a chi nasce il dì natale” in “ Canto notturno di un pastore errante dell' Asia”.
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Questa nuova funzione rivelatrice del vero raggiunge il suo apice di drammaticità in “A se stesso”, poesia appartenente al Ciclo d' Aspasia, carme in cui comanda al cuore di rifiutare l' amore perché si rivela essere una tra le delusioni più grandi per l' uomo. Infine nel 1836 Leopardi scrive “ La Ginestra o fiore del deserto”, componimento considerato come la summa dei contenuti poetici leopardiani. Infatti, influenzato dalle ideologie illuministiche, Leopardi incita l' uomo ad usare la Ragione, in quanto è la sola capace di mostrare l' “arido Vero” della condizione umana. L' uomo è quindi consapevole che la Natura è“ Madre di parto e di voler Matrigna”, ma sa anche che sarà inevitabilmente soggetto alla “ crudel possanza” del Tutto.
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Nelle Operette Morali, quindi, Leopardi è consapevole della minorità dell'uomo rispetto al Tutto. Ciò lo si può evincere dal “ Dialogo della Natura e di un islandese”, in cui la Natura si dichiara espressamente disinteressata ai problemi esistenziali dell' uomo, poiché egli non si soddisfa di ciò che la Terra gli offre, diversamente da quanto fanno gli altri esseri viventi. LEGGI ANCHE Opere e contesto storico di Leopardi
Quest' analisi negativa dell' essere umano si evolve nei canti Pisano- Recanatesi , noti con il nome di Grandi Idilli, un cui tema fondamentale è il pessimismo cosmico: la critica non riguarda più il singolo individuo, ma l' umanità tutta. Il poeta, infatti, in questi canti spazia dalla precarietà della vita umana e dalla fine inesorabile della speranza stessa di fronte alla presa di coscienza della realtà dei fatti in “ A Silvia”, all' invocazione della morte come liberazione dal dolore in “ Ricordanze”, sino alla dichiarazione “ è funesto a chi nasce il dì natale” in “ Canto notturno di un pastore errante dell' Asia”.
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Questa nuova funzione rivelatrice del vero raggiunge il suo apice di drammaticità in “A se stesso”, poesia appartenente al Ciclo d' Aspasia, carme in cui comanda al cuore di rifiutare l' amore perché si rivela essere una tra le delusioni più grandi per l' uomo. Infine nel 1836 Leopardi scrive “ La Ginestra o fiore del deserto”, componimento considerato come la summa dei contenuti poetici leopardiani. Infatti, influenzato dalle ideologie illuministiche, Leopardi incita l' uomo ad usare la Ragione, in quanto è la sola capace di mostrare l' “arido Vero” della condizione umana. L' uomo è quindi consapevole che la Natura è“ Madre di parto e di voler Matrigna”, ma sa anche che sarà inevitabilmente soggetto alla “ crudel possanza” del Tutto.
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