Pensiero e poetica di D'Annunzio

Riassunto su d'Annunzio: poetica e pensiero dello scrittore, poeta e patriota, rappresentante del decadentismo italiano

Pensiero e poetica di D'Annunzio
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D'ANNUNZIO: PENSIERO

D'Annunzio: pensiero e poetica
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Gabriele d’Annunzio, uomo di indole curiosa e attenta alle più diverse suggestioni, assimilò durante la sua intensa vita esperienze culturali e artistiche spesso antitetiche e divergenti, amalgamandole comunque in un sistema a suo modo coerente. Appassionato e sensuale, portato a fondersi nell’evento più che a comprenderlo, fin da giovane sentì l’incapacità della scienza di dare agli uomini la felicità e di fornire un’interpretazione della realtà che forse in qualche modo appagante. Da questo atteggiamento ideologico, razionalistico e antipositivistico, nasce l’estetismo di D’Annunzio, cioè il suo atteggiamento esistenziale volto a esaltare i valori estetici a discapito di tutti gli altri, anche di quelli morali. D’annunzio, infatti, è convinto non solo che i sensi siano l’unico mezzo per accostarsi alla realtà, ma anche che solo l’arte può dare forma a un mondo di raffinata bellezza, lontano dalla vita banale di tutti i giorni, un mondo ideale contrapposto alla volgarità della vita materiale. Dal punto di vista culturale, D’Annunzio assimila le contemporanee esperienze d’oltralpe – Simbolismo – che risultano più in linea con le sue aspirazioni e così facendo contribuisce a sprovincializzare la letteratura italiana, inserendola nell’alveo di una più generale e ricca cultura.

Quindi, forte di queste esperienze, muove alla ricerca di un sistema ideologico e filosofico in cui inserire la propria personale concezione esistenziale e il proprio innato sensualismo. Attraverso le deformazioni dell’esaltazione wagneriana, lo scrittore si accosta così al mito nietzschiano del superuomo, ma come sempre trasceglie, non senza fra intendimenti e deformazioni, solo alcun aspetti del pensiero di Nietzsche, ossia quelli che meglio si adattano alla sua personalità e alle esigenze della sua arte. Del complesso sistema del filosofo tedesco, infatti, D’Annunzio finì col privilegiare gli aspetti che gli permettevano di giustificare teoricamente l’alto concetto che aveva di sé in quanto artista e dell’artista in genere, come l’esaltazione del vitalismo e del sensualismo più esasperati. Per gli stessi motivi, del pensiero di Nietzsche egli fece suo anche il principio della completa libertà d’azione dell’uomo superiore, il quale è sempre, in ogni suo atto, al di là di ogni possibile giudizio e professò sempre con entusiasmo la fede nel culto della bellezza nonché il mito della potenza creatrice dell’arte. Successivamente, a questa assimilazione personale ed “estetica” del pensiero nietzschiano, D’Annunzio fece seguire un’interpretazione di esso più propriamente legata a motivi politici e sociali: scoprì e fece proprie la polemica antidemocratica e antiparlamentare, la celebrazione della virtù della razza e l’esaltazione della violenza e della guerra. Con ciò, aderendo a suo modo all’ideologia nietzschiana e suo modo interpretandola, D’Annunzio andava ancora una volta incontro alle aspettative del pubblico al quale indirizzava le sue opere.

Con la sua scelta superomistica abbandonava la primitiva veste di cronista mondano e di cantore delle debolezze, delle perversioni e delle crisi dell’uomo borghese e passava a esaltare quello stesso uomo borghese nei panni dell’eroe e del dominatore.

Così facendo, dimostrava appunto, una volta di più, la tempestività con cui si presentava appuntamenti con la storia e la disponibilità con cui rispondeva alle sollecitazioni del mercato, cioè alle aspirazioni dei suoi lettori. La borghesia italiana cominciava proprio allora a reagire violentemente ai primi moti sociali negando i diritti delle classi emergenti, opponendosi a qualsiasi forma di riformismo sociale e auspicando una politica di forza; D’Annunzio, prontamente e accortamente, si offriva, armato del nietzschianesimo, come il titolato interprete delle istanze di questa borghesia, proponendole la risoluzione dei suoi gravi problemi nei miti della forza, della potenza, della nazione e della razza.

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D'ANNUNZIO: POETICA

Lo stesso mito del superuomo, sfrondato dei suoi aspetti più appariscenti ed esaltanti, sarà però anche lo sfondo ideologico della migliore produzione lirica dannunziana, come testimoniano le liriche della raccolta Alcyone. Infatti, dalla fusione tra elementi estetizzanti, sensualità e vitalismo scaturisce un particolare atteggiamento del poeta nei confronti della natura, chiamato “panismo” o “naturalismo panico”, che è alla base di molti componimenti dannunziani. Nelle liriche migliori di D’Annunzio, in effetti, l’impulso superumano si afferma positivamente come piena disponibilità ad adorare la bellezza sensibile, come anelito a cogliere in sé ogni sensazione come ansia di immedesimarsi e fondersi con il “tutto” (in greco pan) e anche, pur senza frustrazioni e rinunce, come disposizione infinita o indefinita ad abbandonarsi all’incerto, al mistero, alla malinconia, alla magia rievocativa e restitutiva della memoria.

Da questa ideologia, certamente non sistematica ma sicuramente complessa e articolata, deriva una produzione letteraria caratterizzata da un’estrema varietà di opere. D’annunzio si cimentò in quasi tutti i generi letterari, passando di continuo dalla poesia alla prosa e dedicandosi ora alla lirica, ora al novella, ora al giornalismo, ora al romanzo, ora al poema, ora al dramma, ora alla memoria autobiografica, ora alla prosa oratoria. Tanta varietà di opere, cui naturalmente e sottesa un’altrettanta varietà di atteggiamenti, può dare, e di fatto ha dato, l’impressione di una fondamentale dispersività creativa. In realtà le cose stanno ben diversamente. D’annunzio non tradì mai, anche quando parve cedere a interessi occasionali o addirittura utilitaristici, una precisa, per quanto non organica, linea di sviluppo, la cui direttrice, che ammette alcune battute d’arresto e involuzioni, è da cercare appunto in una febbrile ansia di ricerca e in una inesauribile volontà di rinnovamento. Si potrà discutere se tale volontà e tale ansia siano dettate, in tutto o in parte, dal desiderio del poeta di essere sempre alla moda nell’arte, come lo era nella vita, o piuttosto da un effettivo impulso artistico.

Tuttavia, è certo che esse non andarono mai disgiunte da un’intesa e proficua opera d’informazione e da un’eccezionale capacità di assimilazione, le quali, sostenute o garantite come erano da una non meno eccezionale originalità creativa e da una formidabile padronanza dei mezzi espressivi, gli permisero di conseguire risultati cospicui, aprendo la via a molte esperienze artistiche successive.

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