"Taci, anima stanca di godere", di Camillo Sbarbaro

Cenni sulla vita di Camillo Sbarbaro e sulle sue principali opere. Presentezione della poesia "Taci, anima stanca di godere" (con allegato il testo) e analisi dell'opera nelle sue componenti fondamentali. (3 pagine formato doc)

Appunto di thenina
La vita.
Camillo Sbarbaro nasce nel 1888 a Santa Margherita Ligure e trascorre la propria vita schiva e appartata interamente in Liguria. Dopo aver lasciato l'impiego nell'industria, si mantiene dando lezioni private di latino e greco e dedicandosi alla traduzione. Collaboratore della "Voce", si dedica parallelamente alla collezione e allo studio di muschi e licheni, ambito ove consegue riconoscimenti e fama internazionali. Dal 1951 si stabilisce con la sorella a Spotorno, dove morirà nel 1967.

Le sue opere principali sono la raccolta in versi Resine (1911), giovanile opera di esordio; Pianissimo (1914), la raccolta poetica più nota, comprendente 29 testi disposti secondo una scansione riflessiva, più che narrativa, che disegna una sorta di autobiografia psicologica dell'autore; Rimanenze (1955), che include le poesie successive a Pianissimo. Sbarbaro pubblica anche varie raccolte di prose liriche, tra cui Trucioli (1920, ristampato con varianti e altre opere nel 1948).

"Taci, anima stanca di godere" (da Pianissimo, I)

Pubblicata nel marzo del 1913 sulla rivista "Riviera Ligure", l'anno successivo la poesia viene collocata in apertura del volume Pianissimo, al cui titolo si lega tematicamente ponendo con evidenza, sin dall'inizio, la centralità del motivo del silenzio e dell'estraneità rispetto al mondo.
Nella lirica il poeta rivolge alla propria anima in un colloquio disincantato e dismesso, riprendendo, in questo, antecedenti illustri: dal carme VIII di Catullo (Miser Catulle desinas ineptire, <<Infelice Catullo, smettila di fare pazzie>>) alla lirica leopardiana A se stesso ( <<Or poserai per sempre, /stanco mio cor...>>, vv. 1-2), ai versi <<Che dirai questa sera, povera anima solitaria, che dirai cuore mio...>> (I fiori del male, XLII) del maestro della modernità Baudelaire, poeta molto caro a Sbarbaro.

Schema metrico: La poesia è composta per la maggior parte di endecasillabi, alternati a un quadrisillabo e ad alcuni settenari. I versi sono in tutto 26, anche se è possibile contarne 23 legando insieme quelli spezzati su due righe, che formano così un endecasillabo nel caso dei vv. 7-8 e 14-15, un settenario nel caso dei vv. 24-25.