Il Canzoniere di Petrarca, i sonetti più celebri
La divisione del Canzoniere in sei parti citando i sonetti più importanti di Francesco Petrarca (2 pagine formato doc)
CANZONIERE DI PETRARCA, I SONETTI PIU' IMPORTANTI
Rapida lettura del Canzoniere: le liriche più celebri.
Oltre alla distinzione, fatta esplicitamente dall’autore, tra prima e seconda parte, nel Canzoniere è possibile individuare delle vere e proprie sezioni, in base a criteri stilistici, tematici e cronologici (ma si tratta di una cronologia ideale, che non sempre corrisponde a quella reale delle prime stesure):1. Nella prima sezione, che può essere limitata ai primi sei componimenti, vi sono testi che risalgono alla fase iniziale della scrittura poetica del Petrarca, ma non mancano testi più tardi, come il sonetto introduttivo databile tra il’47 e il ’50. Qui sono più espliciti i legami con la tradizione poetica provenzale e stilnovistica: una certa rigogliosità dello stile, una ricchezza di elementi figurativi e metaforici; citazioni dai classici antichi e richiami di tipo storico, erudito, mitologico (tra l’altro l’identificazione tra Laura e il lauro chiama spesso in causa il mito classico di Apollo e Dafne). Nel movimento sintattico permane una certa difficoltà, come se il linguaggio poetico fosse ancora alla ricerca di se stesso. Molto forte è inoltre l’attenzione alla natura e al paesaggio, che si confrontano con lo stato d’animo del poeta, i suoi turbamenti e le sue pene: tra i testi più celebri e più alti, il sonetto 35, “Solo et pensoso i più deserti campi”, e la canzone 50, “Ne la stagion che ‘l ciel rapido inchina”, intessuta di echi virgiliani.
Canzoniere di Petrarca: riassunto breve
PETRARCA CANZONIERE SONETTI, ANALISI
2. La sezione successiva (da 61 a 129) è inaugurata dal sonetto “Benedetto sia ‘l giorno, e ‘l mese et l’anno”, che celebra il primo incontro con Laura; seguono componimenti in cui, evocando l’immagine della donna e dell’amore per lei, Petrarca esalta quel momento originario di ineffabile rivelazione per farlo sopravvivere al di là di tutti i limiti del tempo e dello spazio. La parola poetica si interroga sul proprio potere di evocazione, come mostrano le tre celebri canzoni dedicate agli occhi di Laura (71, 72, 73), o uno splendido sonetto come il 90, “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, oscillante tra realtà e illusione. Interviene poi sempre più netto il ricordo struggente di alcune apparizioni di Laura, che culmina nelle grandi canzoni dedicate al prospettarsi e al sottrarsi della sua immagine nella natura e nel pensiero del poeta: la 125, “Se ‘l pensier che mi strugge”, la 126, “Chiare, fresche et dolci acque”; la 127, “In quella parte dove Amore mi sprona”; la 129, “ di pensier in pensier, di monte in monte”; tra queste si inserisce, con studiata variazione tematica, la celebre canzone 128 ai signori d’Italia, “Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno”.
CANZONIERE PETRARCA, ANALISI
3. La terza sezione (dal 130 al 247) si apre con due sonetti che danno nuovo avvio al “canto” d’amore, svolto ora attraverso la lode di Laura e la sua celebrazione più assoluta. La condizione dell’innamorato e la figura luminosa della donna si fissano come simboli perfetti al di fuori del tempo. Il poeta vive un “lungo errar in cieco laberinto”, ma tende a fare di questo “laberinto” un bene prezioso che lo sottrae a ogni confusione con il mondo esterno. Qui si incontrano alcuni dei più esemplari sonetti petrarcheschi, come il 134, “pace non trovo, et non o’ da far guerra”, il 159, “in qual parte del ciel, in quale idea”, il 185, “questa fenice de l’aurata piuma”.