La figura dell'Innominato dei Promessi sposi: analisi
Analisi dell'Innominato de I promessi sposi di Alessandro Manzoni (0 pagine formato doc)
INNOMINATO PROMESSI SPOSI: ANALISI
I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
L'innominato. Nel romanzo del Manzoni, l’Innominato è un terribile uomo, del quale l’autore scrive : “ ....di costui non possiamo dare né il nome, né il cognome, né un titolo, e nemmeno una congettura sopra nulla di tutto ciò....”, e più in basso “ ....ma per tutto un grande studio a scansarne il nome, quasi avesse dovuto bruciar la penna, la mano dello scrittore....”. Nel romanzo “Fermo e Lucia” dello stesso autore, il suggestivo personaggio dell’Innominato, aveva il soprannome di Conte del sagrato, datogli in seguito ad un omicidio perpetrato sul sagrato di una chiesa. Costui era un grande, potente e ricco tiranno ; certamente è personaggio storico, per dichiarazione dello stesso romanziere egli è da identificare con Francesco Bernardino Visconti, feudatario di Brignano nella Ghiara d’Adda, colpito da varie gride dei governatori di Milano. Egli aveva bravi in tutta la regione, che usava per controllare i propri e gli altrui affari, ma con il solo interesse di comandare. Chiunque doveva commettere atti illegali si rivolgeva a lui, e così era sicuro di essere ben protetto. Tutti i tiranni, prima o poi, erano costretti ad incontrare quest’uomo , e dovevano in seguito decidere se essere dalla sua parte, o schierarglisi contro. In un periodo non indicato sul testo, causa la grande quantità di atti impuri commessi e nonostante i vani sforzi di mascherare il proprio nome da parte del parentado e degli amici, l’Innominato fu costretto ad uscire dallo stato. Non si sa quanto tempo dopo, quell’uomo riuscì a rimpatriare, ma non tornò a Milano dove aveva abitato in precedenza, ma bensì in un castello nel bergamasco.DESCRIZIONE CASTELLO INNOMINATO PROMESSI SPOSI
A lui, come a esecutore di temerarie ribalderie, si rivolse don Rodrigo per il ratto di Lucia. Egli partì alla volta del castello dell’Innominato con alcuni dei suoi bravi. Durante il tragitto si fermò all’osteria della Malanotte, che precedeva l’ultima parte del sentiero, conducente al castello. Ivi trovò alcuni sgherri dell’Innominato. Posò lo schioppo, rese omaggio a quest’ultimi e con il Griso si avviò su per il sentiero. Poco dopo fu raggiunto da un’altro bravo dell’Innominato. “....il castello era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d’un poggio che sporge in fuori da un’aspra giogaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che si prolungano anche dalle due parti. Dall’alto del castellaccio, come l’aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all’intorno tutto lo spazio dove piede d’uomo potesse posarsi, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto......dalle finestre, dalle feritoie, poteva il signore contare a suo bell’agio i passi di chi veniva, e spianargli l’arme contro, cento volte....”.