Fermo e Lucia e i Promessi Sposi

Confornto tra il Fermo e Lucia e i Promessi sposi.(2 pagg., formato word) (0 pagine formato doc)

Appunto di farfa
“FERMO E LUCIA” E “I PROMESSI SPOSI” “FERMO E LUCIA” E “I PROMESSI SPOSI” Manzoni iniziò la stesura del “Fermo e Lucia” nel 21 e lo portò a termine nel 23, con alcune interruzioni per comporre il Cinque Maggio, la Pentecoste e per terminare l'Adelchi.
Uno spunto per la trama del racconto gli fu suggerito dall'”Historia Patria” di Giuseppe Ripamonti e dal trattato “Economia e statistica” di Melchiorre Gioia, dal quale trasse le grida contro i bravi e quelle che il dottor Azzeccagarbugli legge a Renzo. Dopo essere stata sottoposta al giudizio del Furiel e del Visconti, il romanzo subì una profonda rielaborazione, che impegnò il Manzoni dal 25 al 27 (ventisettana), dopo la quale il romanzo assunse il titolo attuale.
Il suo intento di depurare la propria opera da ogni volgarismo e dialettismo e di renderla il più vivo e duttile possibile (“siacquare i panni in Arno”) lo portò ad un'ulteriore revisione linguistica tra il 40 e il 42 (quarantana). Il Fermo e Lucia è un'opera divisa in quattro tomi, che dispongono la materia per blocchi compatti e nettamente separati tra di loro, senza omogeneità all'interno delle vicende, così il primo tomo tratta le vicende borghigiane e la dolorosa separazione dei promessi, poi la costruzione del romanzo si biforca attorno alle vicende dei due protagonisti e nei libri 2 e parte del 3 vengono descritte le peripezie di Lucia dal convento di Monza al castello del Conte del Sagrato, infine nell'ultimo libro Manzoni affronta il tema della carestia, guerra, peste e il definitivo ritrovarsi e sposarsi dei due giovani. Il carattere fondamentale del Fermo e il conseguente tono della sua scrittura è storico saggistico: Manzoni, per differenziarsi dal romanzesco, dall'avventuroso e dal fantastico propri del gusto scottiano, accentua i connotati ambientali, i costumi, la cultura del XVII secolo. Quindi una caratteristica fondamentale è la maggiore tipicità dei personaggi rispetto alla stesura definitiva, così mentre l'Innominato è una figura destoricizzata, problematica e in dissidio tra il proprio orgoglio e il senso del limite, il Conte del Sagrato appare rozzo, violento venale, un bandito senza scrupoli e problemi di coscienza, così che la conversione del primo appare premeditata, al contrario quella del Conte del Sagrato appare repentina e immotivata. Questo realismo, che si manifesta oltre che nella caratterizzazione del Conte del Sagrato anche in quella di Don Abbondio, sempre meschino ma senza quel velo d'ironia che ne addolciva i connotati, di Fermo, più violento e istintivo, di Lucia, più loquace e meno pudica e del diabolico Don Rodrigo, avvicina il romanzo ai topoi del romanzo nero, di moda nel periodo gotico. Il linguaggio del “Fermo e Lucia” non è un linguaggio omogeneo, ma è composito, ricco di volgarismi e lombardismi. Il moralismo di Manzoni è qui molto più esplicito che nei Promessi Sposi, infatti nel Ferm