L'Autoritratto di Ugo Foscolo: testo, parafrasi e significato

Testo, parafrasi e significato del sonetto realizzato a imitazione di quello dell'Alfieri. In questi sonetti si enfatizza il culto romantico per l'uomo eccezionale, tipico di questa fase.
L'Autoritratto di Ugo Foscolo: testo, parafrasi e significato
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1Foscolo e l’autoritratto romantico

Ritratto di Ugo Foscolo
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Questo sonetto foscoliano fa parte del gruppo dei primi otto scritti dal poeta all’inizio dell’Ottocento, e riprende una sorta di canone diffuso in quegli anni dell’autoritratto poetico di sapore romantico, che consisteva in una descrizione di sé stessi che, partendo dalle caratteristiche fisiche, per arrivava a quelle morali accomunandole. Il primo componimento di questo tipo è il sonetto Sublime specchio di veraci detti che l’Alfieri scrive nel giugno del 1786, e che sarà in seguito usato come modello sia dal Foscolo che dal Manzoni.   

Il sonetto dell’astigiano si apre con una singolare esortazione allo specchio perché gli restituisca un'immagine quanto più possibile veritiera, poi parte con la descrizione della propria fisicità e conclude con un autoritratto emotivo e caratteriale che si ricollega a quello corporeo: il suo essere riflessivo, brusco, nervoso, ansioso sono tratti talmente profondi che emergono dalla sua stessa fisicità; la descrizione si chiude con una riflessione sulla morte, unico evento che sia davvero in grado di definirlo.   

Nel 1801 Alessandro Manzoni scrive un sonetto che riprende il modello alfieriano, cominciando con una descrizione fisica per approdare al ritratto emotivo di un uomo corrucciato, combattuto, preda di dubbi che non è in grado di risolvere, ma rispetto al modello originario presenta alcune modifiche: nell'incipit è assente l'invocazione allo specchio, mentre è la conclusione a presentare le variazioni più significative e, laddove Alfieri si concentra sulla morte come esito decisivo, per Manzoni sono invece «Gli uomini e gli anni» ad avere il compito di poter finalmente risolvere l'enigma della sua personalità.

Il sonetto foscoliano viene scritto in un momento imprecisato, probabilmente nello stesso periodo di quello manzoniano, e pubblicato per la prima volta a Pisa nel 1802, è oggetto di rifacimenti a volte sostanziali, alcuni già presenti nella riedizione del 1803.   

Fa sicuramente parte del nucleo degli otto sonetti scritti tra il 1798 e il 1802, ed infatti costituisce, insieme ai sonetti intitolati Di se stesso (dall'incipit: Non so chi fui; perì di noi gran parte) e A se stesso (dall'incipit: Che stai? Già il secol l'orma ultima lascia) il nucleo dei sonetti autodescrittivi, ma a differenza degli altri due nell'Autoritratto Foscolo abbandona i riferimenti classici usati negli altri sonetti, rispettivamente Massimiano e Petrarca, per imitare il modello alfieriano che gli è contemporaneo.   

In effetti, nell'Autoritratto il modello dell'astigiano agisce in modo più evidente rispetto al sonetto manzoniano, Foscolo si concentra sulla caratterizzazione individuale, accentua il contrasto tra la razionalità e i sentimenti e descrive questi ultimi con toni accesi, quasi violenti, che colorano quest'autoritratto letterario con i toni tipici del titanismo romantico e inseriscono questo sonetto nella polemica, già presente nell'Ortis, contro il razionalismo di stampo illuministico.  

1.1L’autoritratto del giovane Foscolo

In una lettera a Gaetano Fornasini (maggio 1795) il giovane Foscolo aveva già tentato un autoritratto in termini diversi, con una maggiore attenzione all’aspetto fisico: “Per altro se volete conoscermi in parte, eccomi. Di volto non bello, ma stravagante e d’un’aria libera; di crini non biondi, ma rossi; di naso aquilino, ma non picciolo e non grande; d’occhi mediocri, ma vivi; di fronte ampia, di ciglia bionde e grosse, e di mento ritondo. La mia statura non è alta, ma mi si dice che deggio crescere; tutte le mie membra sono ben formate dalla natura, e tutte hanno del ritondo e del grosso. Il portamento non scuopre nobiltà né letteratura, ma è agitato trascuratamente . Eccovi il mio ritratto”. In questa lettera, come nel sonetto, è evidente la predilezione foscoliana per un linguaggio antitetico. Infatti ricorre in entrambi i testi l’uso di una costruzione avversativa. Altro elemento riscontrabile è il periodare franto di evidente richiamo alfieriano.

2L'Autoritratto

Monumento a Ugo Foscolo. Statua realizzata da Antonio Berti, Firenze, 1938
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Dal punto di vista metrico il sonetto si compone di due quartine e due terzine e il verso è l'endecasillabo. Sul piano generale va notata la presenza di un solo enjambement (vv. 12-13) e, perciò, come nel sonetto ci sia la sostanziale identità tra la misura ritmica e la misura sintattica dei versi, una soluzione che insieme ai nessi per asindeto dà a tutta la lirica un ritmo secco, sentenzioso, lapidario

Come già detto il sonetto ha conosciuto diverse redazioni, dopo quella iniziale del 1802 subisce una profonda riscrittura nel 1803, mentre quella definitiva avviene solo nel periodo 1822-1824. Qui si è deciso di analizzare la seconda stesura, quella del 1803, di cui verranno evidenziate le divergenze più significative rispetto alle altre due versioni. 

La prima quartina è completamente dedicata alla descrizione fisica del poeta. Rispetto al sonetto alfieriano è assente l'iniziale invocazione allo specchio, e la caratterizzazione fisica procede in maniera ordinata partendo dalla fronte e gli occhi (v. 1) per poi scendere giù alle labbra (v. 3) fino al collo e al petto (v. 4), mentre l'autoritratto di Alfieri procedeva in modo disordinato, quasi impressionistico; al v. 4 il riferimento al «capo chino», fattezza fisica che allude all'attitudine meditativa, riprende una simile immagine alfieriana. Gli ultimi due versi subiscono una profonda riscrittura nell'ultima redazione, dove la descrizione dei denti viene sostituita da un'annotazione di natura caratteriale che indica come il poeta si abbandoni poco al riso, mentre al v. 8, il largo petto diventa irsuto.  

La seconda quartina diluisce la descrizione puramente fisica passando alle caratteristiche di tipo più caratteriale: già dal primo verso alla raffigurazione di un corpo proporzionato si affianca la notazione sul modo di vestire; nella redazione del 1802, la prima dell'Autoritratto, il modo di vestire era indicato come «mondo o negletto», che può essere inteso sia come ricercato che come trascurato; la versione definitiva ha delle differenze non sostanziali rispetto a quella del 1803. 

Al v. 6 Foscolo passa alla descrizione dei suoi atteggiamenti, che introduce quella delle sue inclinazioni caratteriali presenti al verso successivo: entrambi i versi elencano le qualità del poeta con un ritmo veloce, serrato, accentuato dall'uso di nessi asindetici e dall'allitterazione delle consonanti p e t. I vv. 7-8, segnano ancora una volta la forte presenza del modello alfieriano: le peculiarità caratteriali del poeta non costituiscono un insieme armonico, anzi ne esaltano la personalità contraddittoria, evidenziata dalla coppia contrapposta sobrio / prodigo, cui si accompagna la giustapposizione del v. 8 che connota, definitivamente, l'individuo Foscolo come eccezionale, solitario in un mondo cui è «avverso» e in cui resiste nonostante gli eventi contrati e sfortunati.  

La prima terzina continua nel ritratto caratteriale inasprendo la misura delle contraddizioni, i primi due versi allentano la velocità ritmica della precedente quartina e descrivono un Foscolo coraggioso nel parlare ma più spesso nell'agire e di umore sovente malinconico e pensieroso, l'ultimo verso, reso veloce dal ritorno della paratassi, elenca gli aspetti meno piacevoli del carattere del poeta. Questa terza strofa risente dell'influenza dell'autoritratto manzoniano, piuttosto che di quella dell'Alfieri, ricalcando la descrizione che il poeta milanese fa del suo stesso carattere. 

L'ultima terzina è quella più densa dell'intero componimento e, difatti, è quella che ha subito le modifiche più significative nelle tre redazioni più importanti. In quella presa in esame si può vedere come i primi due versi continuino il gioco delle contrapposizioni dando le ultime pennellate al ritratto dell'eroe romantico in una chiusura che la terzina precedente aveva preannunciato: ricco sia di vizi che di virtù e combattuto tra la razionalità e il sentimento ma sempre pronto, alla fine, a dar ragione a quest'ultimo, riprendendo così il tema del conflitto tra ragione e sentimento, anch'esso eredità dell'Alfieri. 

Questo discorso viene reso in modo simile sia nella versione del 1802 che in quella del 1824, ma con sfumature diverse: nell'ultima, ad esempio, la polarizzazione tra la ragione e il sentimento viene ulteriormente accentuata per rafforzare la descrizione romantica e antirazionalistica.   

L'ultimo verso riprende in parte alcune considerazioni dell'Alfieri, ma concentrandosi maggiormente sull'aspetto della morte come evento conclusivo e risolutivo, ma con un tono quasi impersonale; diversamente nella versione del 1824 si accentuano le connotazioni romantiche, con il verso che recita «Morte, tu mi darai fama e riposo», presentando un'apostrofe diretta alla Morte, che viene addirittura personificata, che rende l'intera frase decisamente più concitata.   

3Autoritratto di Foscolo: testo e parafrasi

Si riporta qui il testo originale del sonetto come pubblicato nel 1803 e la relativa parafrasi.

Testo

Solcata ho fronte, occhi incavati intenti,
crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto,
labbro tumido acceso, e tersi denti,
capo chino, bel collo, e largo petto;

giuste membra; vestir semplice eletto;
ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti;
sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;
avverso al mondo, avversi a me gli eventi:

talor di lingua, e spesso di man prode;
mesto i più giorni e solo, ognor pensoso
pronto, iracondo, inquieto, tenace:

di vizi ricco e di virtù, do lode
alla ragion, ma corro ove al cor piace:
morte sol mi darà fama e riposo.

Parafrasi

Ho la fronte corrugata, occhi incavati e intensi,
capelli rossi, viso smunto, aspetto coraggioso,
labbra carnose e rosse, e denti bianchi,
testa china, un bel collo, e il petto largo;

fisico proporzionato, vesti semplici ed eleganti;
rapidi i passi, i pensieri, i gesti, le parole;
sono morigerato, umano, leale, generoso, genuino;
combatto contro il mondo, e la sorte mi è nemica:

coraggioso a volte con le parole, più spesso con gli atti;
triste e solitario il più delle volte, sempre meditabondo
scattante, incline all’ira, turbato, tenace:

sono ricco di vizi e di virtù, faccio lodi
alla ragione, ma obbedisco ai sentimenti:
soltanto la morte mi darà la pace e la fama.

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