Guido delle Colonne
Lo stile e la figura di Guido delle Colonne. (file.doc, 2 pag) (0 pagine formato doc)
GUIDO DELLE COLONNE Guido, dottore o, come allora dicevasi, giudice, fu uomo dottissimo.
Scrisse cronache e storie in latino, e voltò di greco in latino la Storia della caduta di Troja di Darete, una versione che fu poi recata parecchie volte in volgare. Un uomo par suo sdegna di scrivere nel comune volgare, e tende ad alzarsi, ad accostarsi alla maestà e gravità del latino; sì che meritò che Dante le sue canzoni chiamasse tragiche, cioè del genere nobile e illustre. Ma la natura non lo aveva fatto poeta, e la sua dottrina e il lungo uso di scrivere non valse che a fargli conseguire una perfezione tecnica, della quale non era esempio avanti. Hai un periodo ben formato, molta arte di nessi e di passaggi, uno studio di armonia e di gravità: artificio puramente letterario e a freddo. Manca il sentimento, supplisce l'acutezza e la dottrina, studiandosi di fare effetto con la peregrinità d'immagini e concetti esagerati e raffinati, che parrebbero ridicoli, se non fossero incastonati in una forma di grave e artificiosa apparenza. Ecco un esempio: Ancor che l'aigua (25) per lo foco lasse La sua grande freddura, Non cangerea natura, Se alcun vasello in mezzo non vi stasse; Anzi avverrea senza alcuna dimura Che lo foco stutasse, O che l'aigua seccasse; Ma per lo mezzo l'uno e l'altro dura. Così, gentil criatura, In me ha mostrato Amore L'ardente suo valore, Che senz'amore - era aigua fredda e ghiaccia. Ma el m'ha si allumato Di foco, che m'abbraccia, Ch'eo fora consumato, Se voi, donna sovrana, Non foste voi mezzana Infra l'amore e meve Che fa lo foco nascere di neve. E non si ferma qui, e continua con l'acqua e il foco e la neve, e poi dice che il suo spirito è ito via, e lo spirito ch'io aggio, credo lo vostro sia che nel mio petto stia, e conchiude ch'ella lo tira a sé, ed ella sola può, come di tutte le pietre la sola calamita ha balìa di trarre: paragone i cui spende tutta la strofa, spiegando come la calamita abbia questa virtù. Questi son concetti e freddure, dissimulate nell'artificio della forma perché, se guardi alla condotta del periodo, all'arte de' passaggi, alla stretta concatenazione delle idee, alla felicità della espressione in dir cose così sottili e difficili, hai poco a desiderare. In JACOPO DA LENTINO questa maniera è condotta sino alla stravaganza, massime ne' sonetti. Non mancano movimenti d'immaginazione ed una certa energia d'espressione, come: Ben vorria che avvenisse Che lo meo core uscisse Come incarnato tutto, E non dicesse mutto - a voi sdegnosa: Ché Amore a tal m'addusse, Che se vipera fusse, Naturia perderea: Ella mi vederea: - fôra pietosa. Ma son affogati fra paragoni, sottigliezze e freddure che nella rozza e trascurata forma spiccano più, e sono reminiscenze, sfoggio di sapere. Non sente amore, ma sottilizza d'amore, come: Fino amor di fin cor vien di valenza E scende in alto core somigliante, E fa di due voleri una voglienza, La qual è forte più che lo diamante, Legandoli con amorosa lenza Che non si rompe né scioglie