Pietro Aretino: Pasquinate

Pietro Aretino: vita, opere e le violente Pasquinate satiriche contro la Curia (2 pagine formato doc)

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PIETRO ARETINO: PASQUINATE

Pietro Aretino.

Pietro Aretino (Arezzo, 1492 - Venezia, 1556). Pietro Aretino, letterato del Rinascimento italiano, nasce il 19 aprile 1492 ad Arezzo. Il suo vero cognome è forse Del Tura, ma egli stesso adotta quello con cui è rimasto famoso, per non ricordare un padre poco amato (probabilmente un calzolaio, che lasciò la moglie e il figlio).
Allevato dalla madre, Pietro non compie studi regolari e non ha alcuna formazione umanistica.
Nel 1506 si trasferisce a Perugia, dove scrive la prima raccolta di versi e si dedica all’attività di pittore, poi abbandonata, che gli affina il gusto artistico. Nel 1517 si reca a Roma; là diventa famoso per le violente “pasquinatesatiriche dirette contro alte personalità romane e in particolare contro il papa olandese Adriano VI. Per questo motivo è costretto a lasciare la città e a rifugiarsi a Mantova presso Federico Gonzaga. Può tornare a Roma solo nel 1523, con l’elezione a pontefice di Giulio de’ Medici (Clemente VII), ma subito l’indole aggressiva e la violenza satirica dei suoi opuscoli lo riportano al centro di polemiche e intrighi. Intanto ha scritto la commedia Farza (1517), alla quale seguono La cortigiana (1525) e i Sonetti lussuriosi (1526), il cui tono licenzioso suscita tanto scandalo da provocare addirittura un attentato alla sua vita.

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PIETRO ARETINO: OPERE

Costretto di nuovo ad abbandonare Roma, e stavolta per sempre, si pone al servizio del condottiero mediceo Giovanni dalle Bande Nere, che comanda le forze italiane della Lega di Cognac, e alla morte di lui si trasferisce prima a Mantova e poi a Venezia.
Il trasferimento a Venezia, dove trascorrerà il resto della vita (morirà nel 1556), determina un mutamento radicale nell’esistenza e nelle prospettive letterarie dell’Aretino. Questa città infatti non è sede di una corte: ciò permette all’autore la piena libertà di scrivere senza piegarsi ad alcun mecenate, e quindi anche di scegliere a piacimento gli argomenti e lo stile delle proprie opere, affrontando diversi generi letterari. Vero e proprio professionista della penna, l’Aretino si tiene in stretto contatto con il mondo editoriale, e con geniale intuito coglie subito l’importanza della stampa come mezzo per divulgare gli scritti presso un vasto pubblico. Nei numerosi libelli e lettere egli si serve della sua aspra e violenta vena satirica per colpire e sovente diffamare e ricattare i potenti, e per diventare in breve famoso, ricco e rispettato, oltre che temuto per la sua causticità. La sua splendida casa sul Canal Grande si apre a uomini di Stato, artisti e scrittori tra i più illustri del tempo. Fra gli amici annovera il Tiziano Vecellio, il Sansovino e Pietro Bembo; tra i generosi estimatori, Francesco I di Francia e l’imperatore Carlo V, da lui esaltato per la politica. Naturalmente non gli mancano gli avversari, tra i quali Francesco Berni, Anton Francesco Doni (1513-1594) e Niccolò Franco (1515-1570), un tempo amico, ma che a causa della sopravvenuta rivalità, sarà sfregiato e poi costretto a lasciare Venezia.

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