Riassunto del Saul di Alfieri
Saul di Alfieri: riassunto della tragedia che ha come argomento le vicende bibliche e analisi dell’Atto 2, scena 1, sui “conflitti interiori di Saul”
Indice
Saul di Alfieri: riassunto
Questa opera può essere considerata il capolavoro di Vittorio Alfieri. Alfieri scrive questa tragedia nel 1782, ed è l’unica ad avere come argomento le vicende bibliche, la cui materia è tratta dall’Antico Testamento, in particolare dal libro di Samuele. Alla storia del Re d’Israele Saul e del suo successore Davide, Alfieri apporta alcune modifiche, per ragioni letterarie. Il poeta italiano condensa la vicenda in sole 24 ore, secondo le regole aristoteliche.
L’azione della vicenda si svolge nel campo degli ebrei, guidati dal re Saul contro i filistei, un guerriero valoroso di umili origini, diventato re per volere divino. Ormai diventato anziano, Saul è abbandonato da Dio ed è tormentato dalla vecchiaia e dalla sua ansia di potere, di dominio assoluto, sospetta addirittura che Davide, marito della figlia Micol, aspiri a prendere il suo posto da re.
Davide era il nuovo prescelto da Dio, però non aveva alcuna intenzione di prendere il potere di Saul, anche se quest’ultimo pensava ciò. In preda al delirio, Saul manda in esilio il genero con accuse ingiuste, poi dopo si riappacifica con lui, ma nonostante tutto rinasce questa angoscia che lo spinge ad ordinarne l’omicidio. Davide è costretto quindi a partire. Saul, accecato dalla rabbia, uccide il sacerdote Achimelech che egli ritiene simpatizzi per Davide, chiede la distruzione di tutto ed in preda alla follia si rende conto dell’uomo che è diventato e nella battaglia contro i filistei cerca di trovare la morte. Quando i filistei attaccano il campo degli ebrei, l’esercito di Saul era ormai stanco e molti membri vennero uccisi. Saul ordina al ministro Abner di portare in salvo la figlia Micol ed infine si uccide trafiggendosi con la propria spada.
Saul: analisi
Saul è il vero, assoluto protagonista della vicenda. Alfieri stesso nella Vita afferma di questo personaggio quello come a lui più caro, in quanto uomo che vive da un lato impeti eroici e desideri di vendetta, mentre dall’altro prova un profondo desiderio di pace e quiete: “bramo in pace far guerra, in guerra pace”.
Il pessimismo alfieriano nasce dalla constatazione dei limiti dell’uomo, sottoposto a forze lui superiori.
Saul è l’uomo che ha a che fare con Dio, ma non è il Dio dei cristiani, ma Dio in quanto simbolo di una potenza che, comunque sia, schiaccia l’uomo. Il re che per sua definizione è oppressore e tiranno, a sua volta è egli stesso oppresso e vittima di questa forza sovrumana (dio).
La morte solitaria di Saul, uomo vinto ma non piegato, testimonia il conflitto tra la grandezza dell’uomo e questa forza misteriosa, qui chiamata Dio, ma chiamata anche in altre maniere, e manifesta l’inesorabile tirannide che si oppone agli sforzi titanici dell’uomo. Questi temi già affrontati da Alieri, verranno poi ripresi ed esplicitati in Foscolo, Leopardi e Manzoni.
Saul rappresenta una figura di eroe del tutto nuova, originalissima nell’ambito della tradizione tragica antica e moderna: non è il classico eroe nella sua forza e nella sua fermezza, ma un eroe intimamente lacerato e perplesso.
Nell’alfieriano Saul si proietta l’inquietudine preromantica di questa stagione culturale, l’inquietudine ribelle del poeta, in opposizione all’atmosfera stagnante e soffocante dell’Europa dell’assolutismo, di un ancien régime ormai in decomposizione, ed in antitesi al secolo dei Lumi.
Si noti come il vero conflitto di Saul non è quindi uno scontro con la potenza trascendente di Dio, ma è tutto dentro di lui; quello che Saul chiama Dio non è che una funzione del suo animo, una parte di lui, il terribile senso di colpa, scaturito dalla sua smisurata volontà di potenza, che lo porta a travolgere e a calpestare senza pietà ogni ostacolo che gli si para innanzi, a far soffrire i figli e ad allontanarli da sé, a scacciare David ed a seminare morte e distruzione. La forza dominatrice ed orgogliosa si trasforma in un senso angoscioso e smarrito di insufficienza, di impotenza, di precarietà, di sfiducia. Il Saul segna la fine dell’individualismo eroico e titanico, la scoperta dei limiti della condizione umana.
Il conflitto interiore del Saul
Per questo il conflitto tragico, che tradizionalmente opponeva l’eroe a forze esterne, qui si interiorizza: la tragedia si svolge tutta entro la psiche dell’eroe. È questa una nozione del tragico profondamente nuova, moderna: il conflitto che nasce dallo scontro di forze che si agitano nel profondo, in cui si urtano forze contrastanti, smania di affermazione titanica e senso di colpa, tensione eroica e senso angoscioso della propria miseria, volontà di potenza e spinte autodistruttive, amore e odio, barbarica ferocia e tenera pietà, impulsi omicidi e ansia di purezza e di pace. Il Saul è l’interpretazione di una crisi di identità, di una scissione dell’Io.
Questo fondo oscuro affiora alla coscienza soprattutto nella mirabile prima scena del secondo atto, in cui il vecchio re, appena comparso in scena, in un momento di abbandono confida ad Abner la sua vita orribile, il suo male di esistere, il continuo oscillare tra stati d’animo opposti, l’impazienza e l’inquietudine senza nome che sempre lo tormentano, il senso di impotenza, le ossessioni, le manie, i sospetti continui, gli incubi.
Questa interiorizzazione del conflitto si manifesta anche nel rapporto con David. Anche qui il conflitto è tutto dentro Saul, perché il vecchio re non viene in urto col David reale, che gli è devoto e fedele, ma con un David immaginario, un fantasma creato dalle sue ossessioni, che lo assilla angosciosamente. C’è quindi nella tragedia un David in sé, l’eroe esemplare, e c’è il David costruito dalla follia di Saul.
Saul ha un atteggiamento ambivalente verso David, fatto di amore e di odio: lo ama in quanto vede nel giovane guerriero se stesso, ma lo odia perché rappresenta ciò che non è più né mai potrà essere. La rivalità con David non è dunque il consueto conflitto tra “tiranno” ed “eroe di libertà”, tra due individualità possenti e di statura egualmente gigantesca: nello scontro si proietta solo la frattura interiore del vecchio re.
La tragedia si presenta, quindi, nelle sue linee essenziali, come un grande monologo. Saul non parla mai veramente con gli altri, parla solo con se stesso: quando è in scena, i personaggi con cui entra in relazione non sono che proiezioni delle sue ossessioni.
Analisi atto 2, scena 1
Saul chiama il ministro Abner per comunicargli le preoccupazioni per la battaglia ed i sentimenti contrastanti nei confronti del genero. Il re vede dappertutto nemici e congiure. Abner è un essere ambiguo, viscido, che cerca di fomentare ancora di più l’odio di Saul verso David, per ricavare un tornaconto. Questa scena ci permette di scendere nella contorta psicologia del protagonista, sempre inquieto e mai in pace né con se stesso né con Dio. Il profeta Samuele unge il capo di Davide e lo consacra successore di trono di Israele. In seguito si ha il racconto del sogno di Saul ad Abner.
I temi principali sono: i fantasmi della coscienza e la paura di perdere il potere.
Alfieri parte dal testo biblico e narra la storia di Saul che, in presa ad uno spirito malvagio, si traveste e va da un indovino; compare però il fantasma di Samuele, morto anni prima, il quale indirizza a Saul delle parole molto duri dando spessore psicologico al personaggio. L’autore insinua ad un conflitto tra dispotismo monarchico (Saul) ed il potere della casta sacerdotale (sacerdote).
L’atteggiamento ragionevole del protagonista va via via manifestando i segni della follia, che lo colpirà quando la ragione lo avrà abbandonato: Saul all’inizio è un uomo ragionevole, però pian piano a causa della follia questa razionalità scompare.
Saul è l’uomo che ricorda gli anni giovanili essendo solo, dal momento che il potere lo ha cambiato, trasformando la sua vita in un incubo. Pur essendo un uomo solo, il protagonista conserva quel minimo di lucidità che gli fa scoprire la tragicità di questa situazione.
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