La sirena

Riassunto e breve commento del racconto di Tomasi di Lampedusa. Utile perché non esiste materiale su di esso. (2 pag - formato word) (0 pagine formato doc)

Appunto di beegirl
LA SIRENA LA SIRENA Siamo a Torino, in periodo fascista.
Un giovane giornalista siciliano, discendente dai Corbera di Salina, fa conoscenza, in un caffè di Via Po - un ambiente vecchiotto frequentato quasi esclusivamente da magistrati, professori, ufficiali di carriera in pensione - con un personaggio importante, il senatore Rosario La Ciura, grecista famoso in tutto il mondo. Superato un periodo di brusca scontrosità, il professore gratifica il giovane della sua amicizia e confidenza, e gli racconta ciò che molto tempo addietro, nella sua giovinezza, gli accadde con una sirena, Lighea. Ritiratosi ad Augusta nella casetta di un amico, vicina al mare, per più tranquillamente prepararsi ad un concorso universitario, il professore, che non ha mai avuto avventure con donne ed è vissuto in castità assoluta, mentre alle sei del mattino sulla barca sta declamando versi greci all'ombra di un roccione, riceve la visita della sirena.
Ne nasce un amore che dura una ventina di giorni. Poi Lighea scompare, ma prima di andarsene dice al professore: “Non dimenticherai”. Per tutta la vita questa promessa e il ricordo della sirena occupano il La Ciura. Ed ecco che, durante un viaggio in mare per raggiungere Lisbona, fra Genova e Napoli, il richiamo si fa sentire. È chiaro ciò che la storia mitologica simboleggia: l'amore unico, sovrumano, arduo, a fronte della banalità e sciattezza dell'esistenza. Il racconto è come diviso in due parti. La prima è in un certo senso il prologo; è l'ambientazione dei personaggi, con il vecchio caffè, la casa del professore, la governante, l'atmosfera di Torino, le due ragazze che piantano il giornalista dopo aver appreso che egli se la fa con entrambe; è il recupero della Sicilia, attraverso l'immagine che ne serba il professore, una Sicilia verace e divina dietro quella fastidiosa e volgare della vita quotidiana. La seconda è la favola. Da un tono naturalistico, con accenni di ironia e con le solite poco benevole allusioni ai difetti dell'isola, si passa ad un tono allusivo, di evidente derivazione simbolista. Il racconto, condotto su questi due registri, non riesce a trovare unità. Le “cattiverie” nei confronti dell'isola male convivono con la favola e con certi slanci lirici, con descrizioni e esaltate, tenute su una nota troppo alta. Una bella terra, dice il professore della Sicilia, “benché popolata da somari”: nei salotti siciliani “non si sputa perché non ci si vuole nauseare mai di niente”. Secondo il professore, il giovane giornalista è riuscito, come capita ad alcuni siciliani della specie migliore, “a compiere la sintesi di sensi e ragione”. E, a proposito delle grandi famiglie isolane: “Io ho molta considerazione per le vecchie famiglie. Esse posseggono una memoria, minuscola è vero, ma ad ogni modo maggiore delle altre. Sono quanto di meglio, voialtri, possiate raggiungere in fatto di immortalità fisica”. Insomma, la solita polemica antisiciliana,