Le terre del sacramento

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Appunto di nemo001
Le terre del Sacramento Le terre del Sacramento e la passione civile di Francesco Iovine ribellatevi e sarete umani Camus Francesco Iovine, tra le figure più rappresentative della letteratura meridionale (o solare direbbe Nigr), fu un intellettuale che - come Silone prima e Sciascia e Pasolini poi - ebbe forte in sé la passione civile.
Ogni società - secondo Iovine - rappresenta la sua letteratura e ogni letteratura rispecchia quella società per cui i confini tra arte e vita sfumano e si rendono indistinti: ambedue vissute fino in fondo non ammettono deleghe, esigono fedeltà al proprio daimon. A tale richiamo non volle o non seppe sottrarsi Francesco Iovine.
L'aspirazione alla libertà e alla dignità costituiscono il leitmotiv dominante che rinveniamo nelle Terre, dette del Sacramento perché un tempo appartenevano alla Chiesa, espropriate a torto ( e perciò ritenute maledette) a seguito degli eventi del `67, vendute all'asta e pervenute alfine - siamo ai prodromi dell'era fascista - nelle mani di un individuo abulico gaudente bizzarro e libertino: Enrico Cannavale, soprannominato la " Capra del Diavolo ". Intorno al possesso delle terre ( tutta la questione meridionale ruota su questo tema), impossibile sogno di generazioni di braccianti e oggetto di "ruberie" da parte di contadini straccioni, di furbi mezzadri e avidi borghesi, si muovono i personaggi del racconto: per il possesso della terra impazziscono, tradiscono, amano, muoiono. La passione civile si fa tutt'una con il tema della morte. La morte colpisce il protagonista: Luca Marano ( a torto lo si potrebbe ritenere una vittima predestinata! ) che nella lotta ritrova la propria dimensione esistenziale, il riscatto dall'abulia che tutto e tutti soffoca nel " pacifico ozio" di pause esasperanti, di solitudine e silenzi inenarrabili, di fame lunga e atroce. Il tempo, da secoli, ha teso le braccia e segnato con le immutabili meridiane uomini e cose. Così, per abitudine - non si costumava altrimenti - Cleia si concede alle voglie della Capra del Diavolo; il Presidente De Martiis rifiuta di accogliere in casa la nuora (tale Gigina Criscuolo, figlia di un sarto ed ex ballerina), in quanto il matrimonio contratto dal figlio è ritenuto unione sconcia e disdicevole. Abbandonata dal marito, Aurora muore, vittima delle leggi non scritte di una società che aborrisce il nuovo: come un'eroina dei rotocalchi va incontro alla morte vestita a festa del suo abito migliore che le copre il ventre di donna incinta, il ventre del peccato: bestie impietose fameliche -cagne partorite dal solfato di rame - le divorano le viscere. E la stessa ingiustificata violenza dei fascisti, la loro retorica, il grido stridulo " me ne frego!" assume l' aspetto patetico e querulo di chi nella propria miseria spirituale si esalta con il sogno di un'effimera gloria. In un mondo che non muta fili d'acciaio agitano marionette. Per necessità Laura abbandona la vita gaudente di Napoli e finisce con il ritrovarsi in una meschina città d