Inquinamento: tesina per scuola media

L'inquinamento: tesina di scienze per la scuola media. Cos'è l'inquinamento e le cause dell'inquinamento del suolo, atmosferico, acustico e idrico

Inquinamento: tesina per scuola media
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Inquinamento: tesina scuola media

Inquinamento: tesina per scuola media
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Definizione di inquinamento. L’inquinamento è la contaminazione dell'aria, dell'acqua e del suolo con sostanze e materiali dannosi per la salute dell'uomo e dell'ambiente e capaci di interferire con i naturali meccanismi di funzionamento degli ecosistemi o di compromettere la qualità della vita. Ci sono vari tipi di inquinamento, i primi tre che si ricordano sono: l’effetto serra, il buco dell’ozono e le piogge acide.

Effetto serra

L’effetto serra è un fenomeno climatico che consiste nel riscaldamento degli strati inferiori dell’atmosfera per effetto della schermatura offerta da alcuni gas in essa contenuti. Questi ultimi, detti comunemente gas-serra, risultano trasparenti alle radiazioni di lunghezza d'onda relativamente piccola e opachi a lunghezze d’onda maggiori; il loro comportamento fa sì che le radiazioni a breve lunghezza d’onda provenienti dal Sole attraversino con facilità l’atmosfera e riescano a raggiungere la superficie terrestre, che in parte le riflette, in parte le assorbe. La frazione di radiazione assorbita dalla Terra viene restituita sotto forma di raggi infrarossi a lunghezza d’onda maggiore, che non si disperdono, ma rimangono intrappolati negli strati inferiori dell’atmosfera, in quanto assorbiti dai gas-serra. L’assorbimento dei raggi infrarossi provoca un naturale innalzamento della temperatura dell’aria e della superficie terrestre: mentre in assenza di atmosfera la temperatura media del pianeta sarebbe di circa -18 °C, grazie all’effetto serra naturale è di circa 15 °C. I principali gas-serra naturalmente presenti in atmosfera sono l’anidride carbonica (che da sola contribuisce al 50% dell’effetto serra), il metano, gli ossidi di azoto, gli idrocarburi alogenati e l’ozono.

Buco dell'ozono

Il buco dell’ozono è il progressivo danneggiamento dell'ozonosfera, lo strato di atmosfera contenente una concentrazione di ozono relativamente alta, che protegge la Terra dai nocivi raggi ultravioletti del Sole; questo è stato rilevato a partire dagli anni Settanta e Ottanta. È stato dimostrato che l’origine di questi danni all’ozonosfera va ricercata nelle proprietà di alcune sostanze chimiche industriali (i clorofluorocarburi o CFC, composti del cloro e del fluoro) utilizzate su vasta scala come refrigeranti per frigoriferi e condizionatori d'aria, propellenti per bombolette spray e altri prodotti industriali. Sotto l'azione dei raggi ultravioletti, i CFC liberano atomi di cloro che attaccano l'ozono e, sottraendo uno dei tre atomi di ossigeno di cui è composta la molecola di questo gas, danno luogo alla formazione di monossido di cloro. Le molecole di monossido di cloro tornano, quindi, a reagire formando molecole di ossigeno e liberando atomi di cloro che vanno a degradare altre molecole di ozono. Inizialmente si era pensato che lo strato di ozono si stesse assottigliando in eguale misura in ogni parte del globo. Nel 1985, invece, le ricerche rivelarono che il fenomeno era particolarmente grave in corrispondenza del continente Antartico: più del 50% dell'ozono andava regolarmente distrutto in un ciclo annuale che aveva inizio nel mese di ottobre. A causa del deterioramento dell'ozonosfera, gli organismi viventi rischiano di essere esposti a dosi sempre maggiori di raggi ultravioletti.

Nell'uomo ciò potrebbe provocare un sensibile aumento di casi di cancro della pelle nonché una riduzione della risposta immunitaria. Inoltre, queste radiazioni rischiano di influire negativamente sul processo fotosintetico delle piante e sulla crescita del fitoplancton negli oceani. Tale minaccia ha indotto molte nazioni a optare per la progressiva eliminazione della produzione e dell'uso dei CFC. Rimane il fatto che queste sostanze possono restare attive nell'atmosfera per oltre 100 anni, e che quindi la distruzione dell'ozonosfera continuerà a minacciare il pianeta ancora per molti decenni.

Piogge acide

Le piogge acide è un fenomeno dovuto all’inquinamento dell'aria, che consiste nella contaminazione dell’acqua piovana da parte delle sostanze tossiche presenti in atmosfera. Le piogge acide si formano quando ossidi di zolfo e di azoto, combinandosi con il vapore acqueo presente nell'aria, generano molecole rispettivamente di acido solforico e nitrico, che precipitano a terra insieme alla pioggia; prima di disciogliersi in acqua, queste molecole possono essere trasportate dai venti anche molto lontano dal sito in cui si sono formate; inoltre, possono essere trascinate a terra dalla neve o dalla nebbia o, ancora, precipitare al suolo sotto forma di deposizioni secche. Per questo motivo, per indicare il fenomeno è più corretta la locuzione "deposizioni acide", che comprende anche le deposizioni secche, altrettanto nocive per l'ambiente di quelle umide. Il problema delle piogge acide affonda le sue origini nel periodo della rivoluzione industriale. Sebbene la sua gravità a livello locale sia riconosciuta da tempo, soprattutto nelle regioni densamente industrializzate che spesso vengono ricoperte da cappe di smog acido, solo di recente è stata raggiunta la piena consapevolezza della portata di questa forma d'inquinamento. In tutto il Nord Europa, dove il fenomeno è stato ampiamente studiato, le piogge acide hanno corroso edifici e monumenti, danneggiato boschi e coltivazioni e messo in serio pericolo, se non addirittura distrutto, intere popolazioni di pesci lacustri. Nel 1984 alcuni studi ambientali rilevarono, ad esempio, che all'epoca quasi la metà degli alberi della Foresta Nera aveva subito danni provocati dalle piogge acide.

I fumi prodotti dagli impianti industriali sono da sempre considerati i principali responsabili del fenomeno delle piogge acide. Tuttavia, poiché la natura delle complesse reazioni chimiche coinvolte non è stata ancora del tutto chiarita, molti gruppi industriali hanno cercato di sminuire la propria responsabilità, sottolineando la necessità di ulteriori studi, e le autorità governative, dati gli alti costi dei provvedimenti contro l'inquinamento, hanno spesso implicitamente avallato l'atteggiamento degli industriali. Un'altra importante fonte di ossidi di zolfo e di azoto è costituita dagli scarichi dei veicoli a motore, ossia dai prodotti della combustione dei derivati del petrolio. Nel 1988, in conformità a quanto stabilito durante la Conferenza delle Nazioni Unite sulla prevenzione e il controllo dell'inquinamento atmosferico transfrontaliero tenutasi a Ginevra nel 1979, 25 nazioni (tra cui tutte le nazioni aderenti all'Unione Europea) hanno ratificato un protocollo per congelare il livello delle emissioni di ossidi di azoto intorno ai valori registrati nel 1987. Negli Stati Uniti sono state introdotte nuove norme che hanno imposto alle centrali termoelettriche di ridurre le emissioni di anidride solforosa a 10 milioni di tonnellate per anno entro il 2000 (nel 1990 il volume di tali emissioni era pari a 20 milioni di tonnellate per anno).

Inquinamento acustico

L’inquinamento acustico comprende tutti quei rumori che superano i 55-60 decibel, infatti, se si supera questo limite (tra l’altro massimo visto che si voleva fissarlo a 50 dB) rischia di provocare a lui, e a quelli che gli stanno intorno, gravi malattie all’udito. Superando i 100 decibel invece è molto probabile rimanere talmente storditi da diventare totalmente sordi. L'inquinamento acustico è prodotto principalmente dai mezzi di trasporto (aeroplani, traffico automobilistico, transito ferroviario), dagli impianti industriali e commerciali, dai cantieri e dalle infrastrutture legate ad alcune attività ricreative (discoteche, stadi ecc.). Il grado di inquinamento acustico dipende anche dal livello di insonorizzazione degli edifici e quindi dalle tecniche di costruzione e di isolamento acustico utilizzate.

Ci sono varie fonti di inquinamento acustico, tra le quali sono presenti:

  • il traffico automobilistico: sorgente di rumore più diffusa nei paesi industrializzati. Per difendere i cittadini dai rumori del traffico stradale sono stati fissati e imposti limiti di emissione dei rumori per tutti i nuovi autoveicoli messi in commercio. Di anno in anno questi limiti di tollerabilità vengono abbassati, tanto che i rumori emessi dalle auto costruite intorno alla metà degli anni Novanta risultano essere di 8-10 dB più bassi rispetto a quelli emessi dalle auto prodotte negli anni Settanta.
  • Linee ferroviarie: tra tutti i tradizionali mezzi di trasporto, il treno è spesso considerato come il più ecologico in assoluto. Da qualche tempo, tuttavia, molti paesi hanno preso atto che ciò non è sempre vero e che anche il traffico ferroviario può avere un alto impatto ambientale. Anche se l'ultima generazione di treni e motrici è stata progettata in modo tale da non risultare più rumorosa dei convogli tradizionali, per rispettare gli standard ambientali imposti per legge, le linee ferroviarie devono tuttora seguire percorsi lontani dai centri abitati ed essere attrezzate con adeguati sistemi di abbattimento dei rumori.
  • I velivoli a motore: l’inquinamento acustico provocato da questi velivoli è cresciuto considerevolmente dopo la seconda guerra mondiale e intorno alla metà degli anni Sessanta ha raggiunto un livello tale da indurre le autorità e i produttori del settore ad ammettere la necessità di sviluppare sistemi di abbattimento dei rumori. Sia negli aerei con propulsione a elica, sia in quelli a reazione la principale sorgente di rumore è il motore. Le reiterate proteste da parte degli ambientalisti e di vari gruppi di pressione hanno spinto le autorità competenti a emettere normative per il controllo e la limitazione del rumore prodotto dai velivoli. Dai tempi dei primi aviogetti il livello del rumore prodotto dai motori è stato ridotto di circa 20 dB, e questo nonostante i nuovi velivoli siano decisamente più grandi e capienti rispetto ai loro predecessori.
  • Industrie: gran parte dei macchinari utilizzati nei vari settori dell'industria produce rumore. In molti casi i rumori rimangono confinati all'interno di fabbriche e officine, in altri casi, invece, raggiungono le aree abitative circostanti. In passato il problema riguardava solo le zone vicine ai grandi impianti metallurgici o manifatturieri; oggi, tuttavia, le imprese di piccole dimensioni sorgono spesso in mezzo ai centri abitati e disturbano direttamente un gran numero di residenti. Particolarmente rumorose risultano essere, ad esempio, le ventole degli impianti di riscaldamento e condizionamento dell'aria che, installate in posizioni poco idonee, possono generare un notevole inquinamento acustico.
  • Cantieri: all'interno dei cantieri viene prodotta ogni sorta di rumori molesti, da quelli continui e ininterrotti dei compressori, delle centrifughe o delle ventole, a quelli intermittenti dei martelli pneumatici o delle seghe elettriche. Considerata la natura provvisoria dei cantieri, il livello di tolleranza ammesso per i rumori prodotti in tali circostanze è in genere superiore a quello normalmente consentito per altri tipi di attività e di rumori.
  • Vita domestica: anche la vita domestica produce rumori molesti. L'inquinamento acustico può essere infatti causato da elettrodomestici quali l'impianto stereo e il televisore, così come da alcune attività di bricolage (si consideri, in particolare, l'uso di trapani e tosaerba). Spesso il grado di inquinamento acustico è dovuto al cattivo isolamento delle abitazioni nei complessi plurifamiliari. Più che di natura tecnica, tuttavia, il problema è comportamentale e la soluzione, più che a leggi e decreti, dovrebbe essere lasciata all'educazione dei singoli cittadini. Inoltre, negli ultimi decenni, soprattutto nei paesi industrializzati, sono state ideate e realizzate infrastrutture per attività ricreative assai rumorose: poligoni di tiro, discoteche, aree per concerti, piste per motocross o corse automobilistiche, spazi destinati a gare nautiche costituiscono una fonte certa di inquinamento acustico.
  • Rumori di bassa frequenza: una piccola percentuale della popolazione è particolarmente sensibile a certi rumori di bassa frequenza, che in realtà vengono percepiti e non propriamente uditi. A volte la sorgente di questi suoni è completamente ignota e non può essere in nessun modo individuata, mentre in altri casi è posta a distanze notevoli dal "punto di impatto". Una volta identificata la sorgente, è spesso possibile ridurre il rumore molesto abbastanza agevolmente. Tra le fonti più note di questo tipo di suoni si annoverano le caldaie, i bruciatori e le ventole, che possono dare origine a fenomeni di risonanza a bassa frequenza all'interno degli edifici.

Inquinamento delle acque

L’inquinamento idrico riguarda la contaminazione dell'acqua causata dall'immissione di sostanze quali prodotti chimici e scarichi industriali e urbani, che ne alterano la qualità compromettendone gli abituali usi.

Alcuni dei principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico contenenti materiali organici che per decomporsi assorbono grandi quantità di ossigeno; parassiti e batteri; i fertilizzanti e tutte le sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche; i pesticidi e svariate sostanze chimiche organiche (residui industriali, tensioattivi contenuti nei detersivi, sottoprodotti della decomposizione dei composti organici); il petrolio e i suoi derivati; metalli, sali minerali e composti chimici inorganici; sabbie e detriti dilavati dai terreni agricoli, dai suoli spogli di vegetazione, da cave, sedi stradali e cantieri; sostanze o scorie radioattive provenienti dalle miniere di uranio e torio e dagli impianti di trasformazione di questi metalli, dalle centrali nucleari, dalle industrie e dai laboratori medici e di ricerca che fanno uso di materiali radioattivi. Anche il calore liberato nei fiumi dagli impianti industriali e dalle centrali elettriche attraverso le acque di raffreddamento può essere considerato un inquinante, in quanto provoca alterazioni della temperatura che possono compromettere l’equilibrio ecologico degli ecosistemi acquatici e causare la morte degli organismi meno resistenti, accrescere la sensibilità di tutti gli organismi alle sostanze tossiche, ridurre la capacità di autodepurazione delle acque, aumentare la solubilità delle sostanze tossiche e favorire lo sviluppo di parassiti.

Le sostanze contaminanti contenute nell'acqua inquinata possono provocare innumerevoli danni alla salute dell'uomo e all'equilibrio degli ecosistemi. La presenza di nitrati (sali dell'acido nitrico) nell'acqua potabile, ad esempio, provoca una particolare condizione patologica nei bambini che in alcuni casi può condurre alla morte. Il cadmio presente in certi fanghi usati come fertilizzanti può essere assorbito dalle colture e giungere all'uomo attraverso le reti alimentari; se assunto in dosi elevate, può provocare forti diarree e danneggiare fegato e reni. Tra gli inquinanti più nocivi per l'uomo vi sono alcuni metalli pesanti, come il mercurio, l'arsenico, il piombo e il cromo. Gli ecosistemi lacustri sono particolarmente sensibili all'inquinamento. L'eccessivo apporto di fertilizzanti dilavati dai terreni agricoli può avviare un processo di eutrofizzazione, cioè di crescita smodata della flora acquatica. La grande quantità di alghe e di piante acquatiche che si viene a formare deturpa il paesaggio, ma soprattutto, quando si decompone, consuma l'ossigeno disciolto nell'acqua, rende asfittici gli strati più profondi del lago e produce odori sgradevoli. Sul fondo del bacino si accumulano sedimenti di varia natura e nelle acque avvengono reazioni chimiche che mutano l'equilibrio e la composizione dell'ecosistema (quando le acque sono molto calcaree si ha, ad esempio, la precipitazione di carbonato di calcio). Un'altra fonte di inquinamento idrico è costituita dalle cosiddette piogge acide, che hanno già provocato la scomparsa di ogni forma di vita da molti laghi dell'Europa settentrionale e orientale e del Nord America. Gli scarichi industriali contengono una grande varietà di inquinanti e la loro composizione varia a seconda del tipo di processo produttivo. Il loro impatto sull'ambiente è complesso: spesso le sostanze tossiche contenute in questi scarichi rinforzano reciprocamente i propri effetti dannosi e quindi il danno complessivo risulta maggiore della somma dei singoli effetti.

La concentrazione di inquinanti può essere ridotta limitandone la produzione all'origine, sottoponendo il materiale a trattamento preventivo prima di scaricarlo nella rete fognaria o depurando completamente gli scarichi presso lo stesso impianto industriale, recuperando, eventualmente, le sostanze che possono essere reintrodotte nei processi produttivi. I fertilizzanti chimici usati in agricoltura e i liquami prodotti dagli allevamenti sono ricchi di sostanze organiche (contenenti soprattutto azoto e fosforo) che, dilavate dalla pioggia, vanno a riversarsi nelle falde acquifere o nei corpi idrici superficiali. A queste sostanze si aggiungono spesso detriti più o meno grossolani che si depositano sul fondo dei bacini. Pur contenendo spesso organismi patogeni, i liquami di origine animale vengono scaricati a volte direttamente sul terreno e da qui sono trasportati dall'acqua piovana nei fiumi, nei laghi e nelle falde sotterranee. In questo caso, per limitare l'impatto degli inquinanti si possono adottare semplici soluzioni, come l'uso di bacini di decantazione o di vasche per la depurazione dei liquami.

Oltre a quello lacustre, c’è anche l’inquinamento marino, dovuto alle immissioni accidentali o intenzionali di petrolio e oli combustibili, all'apporto di sostanze inquinanti trasportate dai corsi d'acqua e agli scarichi degli insediamenti costieri. Questi ultimi, in particolare, contengono ogni sorta di contaminanti (metalli pesanti, sostanze chimiche tossiche, materiale radioattivo, agenti patogeni) e spesso sono all'origine di epidemie di tifo, colera, salmonellosi e altre malattie infettive. Gli inquinanti vengono trasportati dalle correnti marine lungo le coste e in alto mare, a media e lunga distanza. Ovviamente, la contaminazione dei mari varca le frontiere delle acque territoriali dei singoli stati ed è oggetto di trattati internazionali che mirano a limitarne l'entità. Il petrolio e gli oli combustibili riversati in mare formano sulla superficie dell'acqua pellicole oleose che, impedendo l'assorbimento dell'ossigeno atmosferico, provocano morie di organismi marini. Nel petrolio, inoltre, sono presenti anche idrocarburi aromatici che possono costituire un grave pericolo per la salute dell'uomo, al quale giungono attraverso la catena alimentare marina. La fonte dell'inquinamento, in questo caso, è data dai riversamenti di grandi quantità di greggio dalle petroliere coinvolte in incidenti, dal deliberato rilascio di piccole quantità di derivati del petrolio da navi di vario tipo e dalle perdite di petrolio che si verificano nel corso delle operazioni di trivellazione presso le piattaforme petrolifere marine. Si calcola che per ogni milione di tonnellate di petrolio trasportate via mare, una tonnellata vada dispersa a causa di riversamenti di varia natura. Il pericolo maggiore è rappresentato dagli incidenti che non di rado interessano le superpetroliere. Nel 1978 la petroliera Amoco Cadiz riversò in mare, al largo delle coste francesi, 1,6 milioni di barili di greggio; nel 1979 dal pozzo petrolifero Ixtoc I, nel golfo del Messico, fuoriuscirono 3,3 milioni di barili. I 240.000 barili di greggio riversati dalla Exxon Valdez nella baia di Prince William, nel marzo del 1989, si estesero in tutta l'insenatura formando una macchia oleosa di ben 6770 km2 che compromise l'esistenza di molte specie marine e danneggiò gravemente non solo gli ecosistemi locali, ma anche l'attività di pesca nella zona.

Viceversa, i 680.000 barili di greggio riversati dalla Braer lungo le coste delle isole Shetland nel gennaio del 1993 furono subito dispersi dal moto ondoso, poiché al momento dell'incidente il mare era in burrasca.

Inquinamento atmosferico

Per inquinamento atmosferico si intende la contaminazione dell'aria per immissione di sostanze gassose, liquide o solide che ne alterano la naturale composizione. Queste sostanze risultano spesso nocive per la salute e il benessere degli esseri viventi, corrodono i materiali da costruzione, riducono la visibilità e in alcuni casi sono sgradevoli all'olfatto. Tra gli inquinanti atmosferici emessi da fonti naturali solo uno, il radon, è stato riconosciuto come altamente dannoso per l'uomo. Il radon è un gas radioattivo che deriva dal decadimento dell'uranio presente in certi tipi di roccia e che si infiltra nelle abitazioni passando attraverso le fondamenta degli edifici; respirato a lungo, può dare origine a tumori dell'apparato respiratorio.

Ogni anno, nei paesi industrializzati, vengono rilasciati nell'aria miliardi di tonnellate di sostanze inquinanti. Molte sostanze inquinanti provengono da fonti direttamente identificabili: l'anidride solforosa, ad esempio, è emessa dalle centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili, come carbone o gasolio. Altre sostanze si formano per azione della luce solare su sostanze reattive dette precursori. Ad esempio l'ozono, un pericoloso componente dello smog, viene prodotto dall'interazione di idrocarburi e ossidi di azoto sotto l'influenza della luce solare. La presenza di questo gas negli strati più bassi dell'atmosfera è fortemente nociva per l'uomo e può causare gravi danni alle colture; negli strati alti dell'atmosfera, invece, lo stesso gas forma un sottile schermo che filtra i raggi ultravioletti del Sole. Negli anni Ottanta si è scoperto che alcuni gas rilasciati nell'atmosfera, soprattutto i CFC (clorofluorocarburi) dovevano essere ritenuti responsabili del progressivo assottigliamento della fascia di ozono; per questo motivo nei paesi industrializzati si sono adottate misure per ridurre gradualmente la produzione di questi gas.

I fattori inquinanti possono essere già presenti nei materiali utilizzati in un determinato processo di trasformazione chimica o di combustione (il piombo, ad esempio, è già presente nella benzina) o venire prodotti nel corso del processo stesso. Il monossido di carbonio è, ad esempio, un tipico sottoprodotto della combustione della benzina nei motori a combustione interna. Per questo motivo l'emissione di sostanze inquinanti nell'atmosfera può essere ridotta evitando di immettere nei processi di trasformazione materiali contenenti sostanze nocive, rimuovendo le sostanze inquinanti dopo che si sono formate, alterando i processi in modo da evitare che tali sostanze si formino o facendo in modo che vengano prodotte solo in misura limitata. Il livello degli inquinanti contenuti nei gas di scarico delle automobili può essere ridotto facendo in modo che i carburanti vengano bruciati completamente e dotando i veicoli di marmitte capaci di trasformare i gas di scarico in miscele di sostanze meno inquinanti. La funzione delle ciminiere installate presso i grandi impianti industriali non è quella di rimuovere gli inquinanti contenuti nei fumi, bensì, semplicemente, quella di portare tali sostanze a una certa distanza dal suolo, in modo tale da consentirne una maggiore dispersione nell'aria e ridurne quindi la concentrazione locale.

Gli inquinanti così rilasciati possono, tuttavia, essere trasportati dai venti anche a grandi distanze e produrre effetti nocivi in aree molto lontane dalla fonte di emissione. Gli ossidi di zolfo e di azoto rilasciati in Gran Bretagna sono, ad esempio, responsabili della formazione delle piogge acide che ricadono sulla Norvegia e sulla Svezia, dove hanno alterato il pH, o acidità relativa, di molti laghi al punto da sterminare intere popolazioni di pesci. Anche la corrosione di molti monumenti e delle facciate degli edifici è provocata dalle piogge acide, o meglio dall'acido solforico in esse contenuto, che trasforma il calcare della pietra da costruzione in gesso. Di pari passo con il crescente uso di combustibili fossili, a partire dalla fine degli anni Quaranta, è aumentata nell'atmosfera anche la concentrazione dell'anidride carbonica. Come il vetro che costituisce le pareti di una serra, l'anidride carbonica consente all'energia solare di attraversare l'atmosfera, ma trattiene le radiazioni infrarosse riflesse dalla Terra. Di conseguenza anche il fenomeno noto come effetto serra si è intensificato e in un futuro non lontano potrebbe portare a un riscaldamento globale, tale da provocare il parziale scioglimento delle calotte glaciali dei poli, con effetti incalcolabili sull'equilibrio ecologico del pianeta. In molti paesi si è già provveduto a valutare a quali concentrazioni determinate sostanze possano provocare danni alla salute e a fissare, quindi, valori soglia che non devono essere superati. Per quanto riguarda le emissioni di inquinanti, sono state varate, inoltre, normative che ne fissano i limiti massimi ammissibili. Dato che l'inquinamento atmosferico, evidentemente, non rispetta i confini tra uno Stato e l'altro, esso può essere affrontato solo adottando piani d'azione internazionali. Consapevoli di ciò, nel 1987 ben 35 paesi hanno sottoscritto a Montreal un trattato (Protocollo di Montreal) sulla protezione dell'ozonosfera, con il quale si sono impegnati a ridurre gradualmente la produzione e l'uso dei principali clorofluorocarburi (ponendosi come obiettivo una riduzione del 50% entro il 1998). Il protocollo è stato rinegoziato a Londra nel 1989 ed è in vigore nei paesi dell'Unione Europea dal gennaio 1989. Oltre a questo, altri trattati internazionali sono stati sottoscritti al fine di limitare il problema delle piogge acide.

Ascolta il podcast sul Distastro di Chernobyl: 26 aprile 1986

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