Ugo Foscolo: critica ai Sepolcri
Critica al carme Dei sepolcri di Foscolo: le tipologie linguistiche usate e i contenuti (8 pagine formato txt)
DEI SEPOLCRI: CRITICA
Dalla Chioma di Berenice al carme Dei sepolcri.
Il lavoro iniziato da Foscolo nel 1803 sul testo della Chioma di Berenice (il poemetto composto dall'autore alessandrino Callimaco e poi volgarizzato in latino da Catullo) nacque come intento accademico e erudito: forse Foscolo stava cercando la possibilità di inserirsi come insegnante presso le istituzioni scolastiche milanesi, più probabilmente all'interno dei nuovi corsi universitari approntati in quegli anni dalla amministrazione napoleonica. Dunque la Chioma di Berenice aveva tutta l'intenzione di essere un libro profondamente meditato, filologicamente corretto, un testo che andasse al di là della scrittura creativa per attingere a ragioni letterarie più alte: lo studio, la riflessione linguistica, l'esercizio esegetico, l'analisi comparata delle traduzioni che del poemetto avevano fornito alcuni precedenti illustri (come Antonio Conti e Luca Antonio Pagnini). Ma quello che sorprende, nell'elaborazione del commento foscoliano, non è tanto l'analisi tecnica e linguistica della Chioma, cioè l'attendibilità e il rigore del corredo filologico, che anzi è spesso incompleto e arbitrario. Ciò che colpisce è invece la capacità di reinterpretazione del testo: Foscolo traduce e commenta badando più all'effetto poetico che al rigore lessicale, privilegiando termini largamente evocativi e sostituendo a una versione fluida un fraseggiare appassionato, quasi ricostruendo il testo, aggiornandolo e rivedendolo dal proprio punto di vista. La stessa tecnica verrà adottata anche nella versione del Sentimental journey di Sterne, che Foscolo iniziò a tradurre durante il soggiorno militare in Francia, tra il 1804 e il 1806. Gli anni che seguono la stampa delle Poesie e dell'Ortis e precedono i Sepolcri sono dunque soltanto in apparenza un periodo di silenzio intellettuale: al suo rientro in Italia, usufruendo di un lungo congedo dagli impegni militari, Foscolo tornò a Venezia, ritrovò gli amici del salotto Albrizzi, ma soprattutto ritornò alla poesia con un atteggiamento nuovo, certamente epico, se cosi potremmo definire il suo parallelo interesse per Vico e Omero. Nel novembre del 1806 i Sepolcri sono già composti, stando almeno alle lettere che il poeta scrive in quel periodo a Isabella Teotochi Albrizzi: la stesura del carme è maturata contemporaneamente all'Esperimento di traduzione dell'Iliade stampato anch'esso nel 1807, come avverrà per il carme, dall'editore Bettoni di Brescia.Dei sepolcri: riassunto e spiegazione
DEI SEPOLCRI: ANALISI
La poesia Dei sepolcri. Le discussioni intorno all'editto di Saint-Cloud, con il quale si estendevano in Italia (settembre 1806) le restrizioni in materia funeraria già in atto in Francia (collocazione dei cimiteri all'esterno delle mura cittadine, limitazione delle iscrizioni, peraltro sottoposte al vaglio di un'apposita commissione) costituiscono, nel caso dell'opera foscoliana, un'occasione-spinta, un'opportunità per ritornare con una sensibilità nuova e culturalmente più approfondita sopra una tematica, quella della morte, che Foscolo aveva già affrontato nei sonetti e nell'Ortis. La struttura formale del testo viene pensata come una sorta di lunga lettera in versi indirizzata all'amico Ippolito Pindemonte (1753-1828), il letterato veronese autore delle Prose e poesie campestri e di una versione dell'Odissea, che ebbe con Foscolo un lungo rapporto di amicizia intellettuale (anch'egli frequentatore del salotto veneziano di Isabella Teotochi Albrizzi).