La visione di Firenze nella Divina Commedia

Analisi del tema di Firenze trattato da Dante nella Divina Commedia (Documento Word, 2 pag.) (0 pagine formato doc)

LA PRESENZA OSSESSIVA DI FIRENZE NEL PENSIERO DI DANTE LA PRESENZA OSSESSIVA DI FIRENZE NEL PENSIERO DI DANTE All'interno della Commedia, fra i temi politici trattati indirettamente da Dante, emerge in modo particolare la situazione della città di Firenze, che ricorre in maniera quasi ossessiva in numerosi canti di ogni cantica.
La causa di ciò si può trovare nel rapporto del poeta con la sua città natia nel periodo in cui scrive la sua opera più importante, iniziata nel 1306. Nel 1301, infatti, mentre Dante si trovava a Roma in veste di ambasciatore, un colpo di stato portò al potere i Guelfi Neri che, accusandolo di essersi opposto al papa e di essersi appropriato di denaro pubblico lo condannarono a due anni di confino. In seguito, poi, al rifiuto di presentarsi a Firenze, nel 1302 venne condannato a essere bruciato vivo e questo fece sì che egli si trovasse esiliato dalla città che più amava e a cui aveva dedicato tutto il suo impegno intellettuale e politico.
Da tutto questo possiamo intuire come i riferimenti negativi alla città, presenti nella Commedia, siano in realtà, per Dante, un mezzo per vendicarsi e per esprimere il suo dispiacere e la sua rabbia per essere stato "tradito" dai suoi concittadini. La prima riflessione politica che il Dante pellegrino si trova a fare nel corso del suo viaggio nel regno dei morti è proprio dedicata a Firenze, e questa è un'ovvia dimostrazione di quanto questo argomento fosse importante per l'autore. Nel sesto canto dell'Inferno, ambientato nel cerchio dei golosi, in cui le anime dannate sono costrette a subire una pioggia incessante, viene narrato l'incontro e il dialogo tra il viaggiatore e Ciacco, un fiorentino. Dante gli chiede di parlargli di come si risolverà la guerra tra le diverse fazioni, di quali sono i motivi di contrasti così violenti e gli domanda anche se esiste qualche uomo giusto nella città. Il dannato risponde brevemente a tutte le domande: "-Dopo lunga tencione / verranno al sangue, e la parte selvaggia (la fazione dei Bianchi) / caccerà l'altra con molta offensione. / Poi appresso convien che questa caggia / infra tre soli (dopo tre anni), e che l'altra (i Neri) sormonti / con la forza di tal che testè piaggia. / Alte terrà lungo tempo le fronti, tenendo l'altra sotto gravi pesi, / come che di ciò pianga o che n'aonti. / Giusti son due e non vi sono intesi (ve ne sono pochi ma non sono ascoltati); / superbia, invidia e avarizia sono / le tre faville c'hanno i cuori accesi- [...]" (vv. 64-75). Quella fatta da Ciacco è, per il pellegrino, una profezia riguardante un futuro imminente; infatti, il viaggio si svolge agli inizi del 1300 e gli avvenimenti a cui si fa riferimento nel dialogo risalgono proprio alla Primavera di quell'anno. Di questi sappiamo che, proprio il 1° Maggio del 1300, vi fu un sanguinoso scontro tra Bianchi e Neri presso Santa Trinità, da cui uscirono vittoriosi i Bianchi. Come già detto in precedenza però, furono i Neri a prendere il potere, dopo tre soli anni, gra