Federico II di Svevia e la Scuola Siciliana: riassunto

Il tempo, i luoghi e le figure sociali della Scuola Siciliana e il valore letterario dell'imperatore Federico II di Svevia (8 pagine formato doc)

FEDERICO II DI SVEVIA E LA SCUOLA SICILIANA: RIASSUNTO

Federico secondo di Svevia e la Scuola Siciliana.


La Scuola siciliana: il tempo, i luoghi e le figure sociali.
Alla fine del Duecento, in Toscana, il genere lirico si istituzionalizza in un canone fisso caratterizzato non solo da determinati temi e metri, ma da una lingua unitaria. Tale canone risulta fondato su una tradizione che risale alla poesia dei trovatori e alla cui base, in Italia, sta l’esperienza della Scuola siciliana. Furono i Siciliani, infatti, a impiegare per la prima volta un volgare italiano nella lirica d’amore, ispirandosi a quella provenzale.

Federico II di Svevia: biografia

LA SCUOLA SICILIANA RIASSUNTO

    La poesia lirica nasce alla corte di Federico II di Svevia, nominato imperatore nel 1220 e morto nel 1250. La sua corte, per quanto itinerante (Federico, per controllare meglio i vasti territori del suo dominio, non risiedeva in un luogo fisso), era per lo più stabilita in Sicilia, che così era divenuta il centro non solo politico, ma anche culturale dell’ Impero.
    Federico concepiva il potere in modo moderno, e cioè accentrato e unitario.

Ciò escludeva il funzionamento del sistema feudale ed esigeva invece un massimo di omogeneità politica, giuridica e amministrativa. La “Magna Curia” (la grande corte imperiale) era il fulcro da cui doveva diramarsi a raggiera la vasta articolazione di uno Stato amministrativo in modo unitario da una nutrita schiera di funzionari borghesi, laici e provvisti di una cultura specifica di tipo giuridico e comunque indipendente da quella ecclesiastica.

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SCUOLA SICILIANA TEMI

    Cercando di realizzare un’egemonia ghibellina in Italia, Federico si contrapponeva alla Chiesa non solo sul terreno della politica ma anche su quello della cultura, incoraggiandone la laicità e le tendenze scientifiche. Favorì la ripresa dello studio del latino, lingua degli affari internazionali codificata del suo segretario, il notaio Pier delle Vigne; e dette impulso ad una serie di istituzioni culturali, come la scuola di Capua, che riprese e continuò la tradizione di Montecassino nell’ars dictandi (arte del comporre), l’università di Napoli, di regia istituzione, e la scuola di medicina di Salerno. In Sicilia, Palermo e Messina divennero notevoli centri di cultura.

    Federico aveva poi una predisposizione ad amalgamare culture diverse, anche a causa della sua stessa formazione. Il padre tedesco era stato un Minnesänger  (cantore d’amore in Germania sotto l’influenza provenzale), la madre era normanna; la sua educazione era dunque avvenuta in tedesco e in francese. Quando ritornò in Italia nel 1220 era circondato da poeti provenzali. Stabilitosi prevalentemente in Sicilia, Federico, che già conosceva oltre al francese, al tedesco e al provenzale, anche il latino, imparò l’arabo, il greco e, naturalmente, il volgare siciliano.
    Per quanto riguarda la poesia, favorì lo sviluppo di forme liriche in volgare ispirate alla tradizione dei trovatori provenzali sull’esempio di quanto era già accaduto in Germania con i Minnesänger. Egli stesso, come i figli Enzo e Manfredi, fu poeta in volgare. In latino scrisse invece un trattato di falconeria di cui parlerò in seguito.