Verità e menzogna in Nietzsche: riassunto
Su verità e menzogna in senso extramorale di Nietzsche: il linguaggio e la demistificazione della conscenza, il linguaggio e la conoscenza: l’uomo, la “volontà di verità” e le “menzogne millenarie”, la critica del positivismo e la demistificazione della conoscenza umana nella prospettiva nietzschiana (7 pagine formato doc)
VERITA' E MENZOGNA IN NIETZSCHE: RIASSUNTO
Il linguaggio e la demistificazione della conscenza in Nietzsche.
La concezione del linguaggio di Friedrich Nietzsche rappresenta una critica esplicita al positivismo scientifico e alla validità di tutti i campi della conoscenza umana. Sulla base del testo Su verità e menzogna fuori del senso morale, è possibile valutare in quale misura l’atteggiamento di Nietzsche nei confronti della conoscenza possa avere un legame con la concezione aristotelica, e delineare la crisi del positivismo scientifico e dell’antropocentrismo moderno apertasi sul finire dell’Ottocento.VERITA' E MENZOGNA IN NIETZSCHE: SPIEGAZIONE
1 - Il linguaggio secondo Nietzsche. Rapporti con la concezione aristotelica.
Il breve ed antichissimo trattato di Aristotele, Dell’Espressione, offre diversi spunti di riflessione in riferimento alla concezione del linguaggio di Nietzsche.
Nietzsche: pensiero, vita e opere
SU VERITA' E MENZOGNA IN SENSO EXTRAMORALE
Anche per Nietzsche l’uomo ha bisogno di un “trattato di pace” che stabilisca univocamente che cosa sia la verità, inventando una designazione delle cose universalmente valida e riconosciuta. Ma “come stanno le cose con le convenzioni del linguaggio? Sono esse forse prodotti della conoscenza, del senso di verità: le cose e le designazioni delle cose coincidono? La lingua è l’espressione adeguata di tutta la realtà? ” . Una parola non dovrebbe essere altro che una raffigurazione in suono di uno stimolo nervoso ma, come osserva Nietzsche, parlando non è possibile ricondurre in ogni caso questo stimolo ad una causa esterna, bisogna ricorrere ad una designazione particolare dell’oggetto al quale ci si riferisce, facendo a meno dell’impulso che l’oggetto stesso è in grado di provocare. L’uomo utilizza le parole indipendentemente dal manifestarsi di uno stimolo esterno, come se ogni singola parola gli fosse nota altrimenti e non in relazione ad un “impulso del tutto soggettivo”. Tutto questo significa che inizialmente lo stimolo nervoso viene trasposto in immagine e successivamente tale immagine viene riformulata in suono, quindi il “plasmatore della lingua” si limita a designare “le relazioni delle cose in rapporto agli uomini e per esprimerle ricorre all’aiuto delle metafore più ardite” , senza seguire una logica precisa.