La pittura greca

"Conosciamo la scultura greca da pochi originali e da molte copie: della pittura, che gli antichi scrittori celebrano come altrettanto e forse più grande della scultura, non abbiamo che le notizie delle fonti letterarie e i pallidi riflessi iconografici d (0 pagine formato doc)

LE NECROPOLI GRECHE Pittura Greca Conosciamo la scultura greca da pochi originali e da molte copie: della pittura, che gli antichi scrittori celebrano come altrettanto e forse più grande della scultura, non abbiamo che le notizie delle fonti letterarie e i pallidi riflessi iconografici delle figurazioni dipinte sui vasi.
La funzione sociale del pittore non era, in epoca classica, meno importante di quella dello scultore: grandi quadri con figurazioni mitologiche ornavano l'interno dei pubblici edifici o venivano riuniti ed esposti in speciali pinacoteche. LA PITTURA IN GENERALE Il più antico dei grandi pittori menzionati è Polignoto di Taso, attivo alla metà del V secolo: di lui si dice che fu un eccellente ethographos (abile nell'esprimere gli stati d'animo) e che, nelle sue figure, s'indovinavano, sotto le vesti, le forme del corpo.
Si è riconosciuta una debole impronta della sua pittura in alcuni vasi a figure rosse, le cui figurazioni dipendono sicuramente da melografie (dipinti di grandi dimensioni) e, in modo particolare, in un cratere su cui è rappresentata la “strage dei Niobidi”. Solo poche linee ondulate indicano allusivamente i diversi piani; in realtà le figure sono come sospese e isolate sulla superficie. Mancando ogni effetto di profondità e di rilievo, il suggerimento delle forme dei corpi sotto le vesti doveva essere affidato specialmente alla linea, che dunque indicava tanto le parti visibili del corpo che quelle celate. Poiché solo nell'immaginazione può darsi una siffatta simultaneità, Polignoto mirava a tradurre direttamente nella figura dipinta l'immagine mentale, evitando di materializzarla, proponendosi di lasciarle la sua impalpabile sostanza d'immagine. Si spiega allora come la sola forza della linea bastasse ad esprimere uno stato d'animo o un sentimento: con sobrietà di segno che forse accostava la pittura di Polignoto alla scultura del Maestro di Olimpia. Molto diversa doveva essere la pittura di Parrasio, attivo nello stesso periodo, lodato da Plinio il Vecchio (che però ripeteva fonti greche) per avere raggiunto la perfezione nei contorni dei corpi e dato alla pittura le norme della simmetria. Infatti, aggiunge, ogni forma “prometteva altre forme al di là di sé rendendo evidenti le parti celate”: in altri termini, le linee di contorno, sempre più stringenti, definivano sul piano la plasticità dei corpi. Non è dunque improbabile che la pittura di Parrasio si muovesse nella stessa direzione della scultura di Fidia, con cui fu certamente in rapporto. L'analogia e la relazione sono tanto più verosimili in quanto vi è tutto un gruppo di vasi (detti del “pittore di Achille” e “del pittore della Pentesilea”) che riflettono la grandiosità compositiva e la severità ritmica della scultura fidiaca. Zeusi, forse lucano, lavorò alla fine del V secolo. Quintiliano lo celebra per il modo con cui seppe rendere gli effetti di luce ed ombra, Luciano per la genialità inventiva e la novit