Teorie e tecniche del montaggio cinematografico
Approfondimento sulla teoria del cinema: il montaggio visto dai principali cineasti sovietici, l'esperienza di Ejzenstejn e Vertov, la teoria dell'asincronismo (8 pagine formato doc)
Dal montaggio sovrano al montaggio proibito
La diffusione internazionale degli scritti dei cineasti sovietici (Ejzenstejn, Pudovnik in particolare) e l'influenza esercitata sul dibattito teorico europeo a partire dalla fine degli anni Venti possono indurci a credere che, tutte le teorie elaborate nel periodo classico , o almeno le principali, siano esplicitamente o implicitamente teorie del montaggio.
Christian Metz nel 1968, pone le basi della nascente semiologia del cinema, metteva in discussione il fondamento teorico delle speculazioni classiche fondate sulla centralità di tale procedimento.
Le pretese della sovranità del montaggio nel periodo muto è, almeno sul piano teorico, una sovranità limitata. Non esistono infatti, ad eccezione dei primi interventi di Kulesciov, teorizzazioni su questo procedimento su questo procedimento prima degli anni Venti, fuori dai confini dell'Unione Sovietica.
È soltanto a partire dagli anni '30 che tale nozione di montaggio, sulla scia delle teorizzazioni sovietiche, viene ad occupare anche fuori dall'urss la posizione di rilievo enfatizzata da Metz.
I principali teorici sovietici, pur condividendo gli stessi orizzonti concettuali e una serie di postulati di base, sviluppano la loro riflessione in direzioni sensibilmente differenti, strettamente disconnesse alle loro specifiche poetiche.
Il montaggio secondo Kulesciov
Egli viene ritenuto il padre fondatore della teoria del montaggio. In uno scritto del 1922, dopo aver individuato nella brevità delle inquadrature che compongono ogni scena il punto di forza dei film muti americani, egli scrive: " Il segreto per padroneggiare il materiale cinematografico risiede nella sua composizione, nel succedersi di pezzi filmati. La cosa più importante non è ciò che appare nel singolo pezzo, bensì come i pezzi si collegano uno all'altro, il modo in cui sono strutturati".
L'essenza del cinema, il metodo con cui esso raggiunge il suo massimo effetto è il montaggio.Per Kulesciov l'esercizio teorico andò sempre di pari passo con l'esercizio della pratica.
Egli iniziò a frequentare sale cinematografiche in modo molto assiduo , per scoprire quali film producessero l'effetto più intenso sugli spettatori e indagare la cause del loro successo, accorgendosi ben presto che il pubblico prediligeva i film americani.
Il film americano comprendeva un grande numero di inquadrature girate da diverse posizioni. Ci convincemmo che la fonte principale dell'impatto del film sul pubblico non era semplicemente il contenuto di certe inquadrature , ma la combinazione fra le diverse inquadrature, ovvero la relazione che si stabiliva fra di esse. Kulesciov riconosceva inoltre nelle scelte di montaggio dei film hollywoodiani un principio essenziale di economia e di sintesi, una conclusione ottenuta attraverso l'impiego sistematico dei primi piani e dei dettagli, che isolavano di volta in volta solo ciò che era realmente importante sul piano narrativo, eliminando totalmente il superfluo.
La diffusione internazionale degli scritti dei cineasti sovietici (Ejzenstejn, Pudovnik in particolare) e l'influenza esercitata sul dibattito teorico europeo a partire dalla fine degli anni Venti possono indurci a credere che, tutte le teorie elaborate nel periodo classico , o almeno le principali, siano esplicitamente o implicitamente teorie del montaggio.
Christian Metz nel 1968, pone le basi della nascente semiologia del cinema, metteva in discussione il fondamento teorico delle speculazioni classiche fondate sulla centralità di tale procedimento.
Le pretese della sovranità del montaggio nel periodo muto è, almeno sul piano teorico, una sovranità limitata. Non esistono infatti, ad eccezione dei primi interventi di Kulesciov, teorizzazioni su questo procedimento su questo procedimento prima degli anni Venti, fuori dai confini dell'Unione Sovietica.
È soltanto a partire dagli anni '30 che tale nozione di montaggio, sulla scia delle teorizzazioni sovietiche, viene ad occupare anche fuori dall'urss la posizione di rilievo enfatizzata da Metz.
I principali teorici sovietici, pur condividendo gli stessi orizzonti concettuali e una serie di postulati di base, sviluppano la loro riflessione in direzioni sensibilmente differenti, strettamente disconnesse alle loro specifiche poetiche.
Il montaggio secondo Kulesciov
Egli viene ritenuto il padre fondatore della teoria del montaggio. In uno scritto del 1922, dopo aver individuato nella brevità delle inquadrature che compongono ogni scena il punto di forza dei film muti americani, egli scrive: " Il segreto per padroneggiare il materiale cinematografico risiede nella sua composizione, nel succedersi di pezzi filmati. La cosa più importante non è ciò che appare nel singolo pezzo, bensì come i pezzi si collegano uno all'altro, il modo in cui sono strutturati".
L'essenza del cinema, il metodo con cui esso raggiunge il suo massimo effetto è il montaggio.Per Kulesciov l'esercizio teorico andò sempre di pari passo con l'esercizio della pratica.
Egli iniziò a frequentare sale cinematografiche in modo molto assiduo , per scoprire quali film producessero l'effetto più intenso sugli spettatori e indagare la cause del loro successo, accorgendosi ben presto che il pubblico prediligeva i film americani.
Il film americano comprendeva un grande numero di inquadrature girate da diverse posizioni. Ci convincemmo che la fonte principale dell'impatto del film sul pubblico non era semplicemente il contenuto di certe inquadrature , ma la combinazione fra le diverse inquadrature, ovvero la relazione che si stabiliva fra di esse. Kulesciov riconosceva inoltre nelle scelte di montaggio dei film hollywoodiani un principio essenziale di economia e di sintesi, una conclusione ottenuta attraverso l'impiego sistematico dei primi piani e dei dettagli, che isolavano di volta in volta solo ciò che era realmente importante sul piano narrativo, eliminando totalmente il superfluo.