Dispotismo illuminato in europa
Breve riassunto delle pagine del libro di testo e degli appunti (1 pagine formato doc)
L’intera Europa visse per la maggior parte del ‘700 un periodo di riforme nel corso del quale i sovrani coadiuvati dai ministri e da uomini di cultura, tentarono di mutare gli assetti politici, economici e sociali dei propri stati.
Le ragioni per cui i sovrani si aprivano alle riforme erano vasti e andarono dal bisogno di garantire allo stato maggiori introiti fiscali per sopperire alle esigenze delle continue e costose guerre e ai nuovi compiti che si erano assunti specie nel campo dell’assistenza e dell’istruzione, alla necessità di far fronte ad un mercato dilatatosi ormai su scala mondiale ma impacciato dall’esistenza di leggi e di regolamenti che tutelavano i mercati regionali e locali, allo sviluppo dell’economia che produceva accentuati fenomeni di mobilità sociale.
Perché questo potesse concretizzarsi era necessario rendere i sudditi uguali dal punto di vista fiscale eliminando o riducendo i privilegi di cui godevano la nobiltà e la chiesa, promuovere lo sviluppo economico, sopprimere ostacoli e regolamenti corporativi che impacciavano la produzione e il commercio di beni agricoli e industriali, favorire la libertà e l’imprenditorietà, cessare e razionalizzare la congerie di leggi farraginose e di difficile attuazione che il particolarismo giuridico dei secoli precedenti aveva prodotto.
Opera di legislazione, concretizzatosi in molti casi nell’introduzione di nuovi codici, si accompagnò quella di catastazione che fissava la rendita che ciascun fondo produceva e l’entità della tassazione alla quale era sottoposto il conduttore o il proprietario.
Furono riformate le amministrazioni locali, fu rinnovato il sistema educativo, furono limitate le immunità di cui godevano i chierici, le proprietà ecclesiastiche e fu affermato il monopolio dello stato nelle così dette “QUESTIONI MISTE”.
Nei confronti della nobiltà si dispone una politica riformatrice:
furono definiti nuovi parametri per modulare le gerarchie e fu consentito ai nobili di esercitare il commercio e la manifattura senza che questa derogasse al loro status.
L’importante azione riformatrice dei sovrani incontrò, tuttavia, limiti e ostacoli, che ne sminuirono la portata e, in alcuni casi, li indussero a recedere dai loro propositi.
Alla nobiltà si guardava sempre come un pilastro della monarchia e non si riuscì a costruire alleanze con i gruppi sociali più dinamici.
L’assolutismo illuminato che fu praticato dai monarchi era il frutto di una visione astratta e intellettualistica delle esigenze dei sudditi e dello stato..
Le ragioni per cui i sovrani si aprivano alle riforme erano vasti e andarono dal bisogno di garantire allo stato maggiori introiti fiscali per sopperire alle esigenze delle continue e costose guerre e ai nuovi compiti che si erano assunti specie nel campo dell’assistenza e dell’istruzione, alla necessità di far fronte ad un mercato dilatatosi ormai su scala mondiale ma impacciato dall’esistenza di leggi e di regolamenti che tutelavano i mercati regionali e locali, allo sviluppo dell’economia che produceva accentuati fenomeni di mobilità sociale.
Perché questo potesse concretizzarsi era necessario rendere i sudditi uguali dal punto di vista fiscale eliminando o riducendo i privilegi di cui godevano la nobiltà e la chiesa, promuovere lo sviluppo economico, sopprimere ostacoli e regolamenti corporativi che impacciavano la produzione e il commercio di beni agricoli e industriali, favorire la libertà e l’imprenditorietà, cessare e razionalizzare la congerie di leggi farraginose e di difficile attuazione che il particolarismo giuridico dei secoli precedenti aveva prodotto.
Opera di legislazione, concretizzatosi in molti casi nell’introduzione di nuovi codici, si accompagnò quella di catastazione che fissava la rendita che ciascun fondo produceva e l’entità della tassazione alla quale era sottoposto il conduttore o il proprietario.
Furono riformate le amministrazioni locali, fu rinnovato il sistema educativo, furono limitate le immunità di cui godevano i chierici, le proprietà ecclesiastiche e fu affermato il monopolio dello stato nelle così dette “QUESTIONI MISTE”.
Nei confronti della nobiltà si dispone una politica riformatrice:
furono definiti nuovi parametri per modulare le gerarchie e fu consentito ai nobili di esercitare il commercio e la manifattura senza che questa derogasse al loro status.
L’importante azione riformatrice dei sovrani incontrò, tuttavia, limiti e ostacoli, che ne sminuirono la portata e, in alcuni casi, li indussero a recedere dai loro propositi.
Alla nobiltà si guardava sempre come un pilastro della monarchia e non si riuscì a costruire alleanze con i gruppi sociali più dinamici.
L’assolutismo illuminato che fu praticato dai monarchi era il frutto di una visione astratta e intellettualistica delle esigenze dei sudditi e dello stato..