Giovanni Giolitti

Appunto riguardante le interpretazioni critiche sulla personalità politica di Giolitti (2 pagine formato docx)

Appunto di percoca22l
Fu Salvemini, storico meridionale e socialista, a coniare per Giolitti la celebre definizione di “ministro della malavita” in un articolo su “La Voce” del 1910.
Salvemini accusò Giolitti di aver manipolato, attraverso brogli e intimidazioni, le elezioni del 1909 a Gioia del Colle, per favorire la vittoria del deputato De Bellis, a lui fedele.
Solo un esempio di quella “dittatura della maggioranza” che Giolitti esercitava attraverso il controllo dei suoi deputati soprattutto meridionali.
Di aver creato una vera e propria dittatura, sia pure liberale attraverso lo spregiudicato controllo dei deputati, fu accusa ricorrente.


Accompagnata dall’altra, quella di trasformismo, perché la sua manipolazione del parlamento si sarebbe fondata oltre che sulla corruzione, clientelismo e concessione di favori, su una spregiudicata capacità di modificare linea politica e maggioranza parlamentare a secondo delle situazioni e delle convenienze.
I liberali gli attribuivano la mancata reazione di un grande partito liberale, capace di elaborare una definitiva  linea politica: scriveva Albertini, direttore del Corriere della Sera, che ogni distinzione politica “spariva in quella mastodontica maggioranza, che tutti accoglie e abbraccia: i destri e sinistri, liberali autentici e reazionali convinti”.


Ma furono soprattutto i nazionalisti a scagliarsi con violenza contro Giolitti per la sua incapacità di indicare al paese le alte mete di cui era degno.
E allora “ignobile, losco, vomitativo” definiva Giolitti il futurista Soffici, mentre D’Annunzio non esitava a sostenere che “per il mestatore di Dronero, la lapidazione e l’arsione, subito deliberate e   attuate, sarebbero assai lieve castigo”.
Più meditate, se pur di segno opposto, appaiono le valutazioni di Croce e Gramsci.
Croce, in evidente polemica col fascismo, nella sua opera “Storia d’Italia dal 1871 al 1915” vedeva in Giolitti “uomo di molta accortezza e di grande sapienza parlamentare, di seria devozione alla patria, di vigoroso sentimento dello Stato”.


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