La questione palestinese: riassunto breve

Com'è nata la guerra tra Israele e Palestina e quali sono le ragioni del conflitto? La questione palestinese: riassunto della guerra israelo-palestinese

La questione palestinese: riassunto breve
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LA QUESTIONE PALESTINESE: RIASSUNTO BREVE

La questione palestinese: riassunto breve
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La Palestina era un territorio ottomano che con la fine della prima guerra mondiale divenne protettorato britannico, il quale avrebbe dovuto favorire l’autonomia del territorio. La Palestina era un territorio a metà tra una colonia e un territorio indipendente.

Sino allo scoppio della seconda guerra mondiale vi era un movimento immigratorio contenuto di ebrei verso questa terra, sostenuto dalla teoria sionista della fine dell’Ottocento.

Teoria sionista: voleva uno stato indipendente per gli ebrei, ed individuava nella Palestina il luogo dove sarebbe dovuto sorgere, senza contare la popolazione che era già insediata lì.

Balfour politico inglese si dichiara favorevole all’istituzione di uno stato ebraico in Palestina. L’Occidente si sente corresponsabile di questo conflitto proprio per il consenso dato.

Durante la seconda guerra mondiale il flusso migratorio divenne più intenso. Alla fine della guerra alcuni ebrei non volevano tornare indietro, e rimangono in quella terra.

La Gran Bretagna assiste a violenze tra ebrei estremisti e palestinesi e subisce attacchi terroristici, e così chiede all’ONU aiuto, affinché venga risolta questa situazione, e si disimpegnò.

LA SPARTIZIONE DEL TERRITORIO

1947: l’ONU propone la spartizione del territorio in due aree:

  • uno stato israeliano: a cui sarebbe spettato il 55% del territorio, con una popolazione di circa 600.000 abitanti,
  • uno stato palestinese: a cui sarebbe spettato il 45% del territorio, con una popolazione di circa un milione di abitanti; questo stato non avrebbe goduto di continuità territoriale (Gaza e la Cisgiordania).

Lo Stato palestinese è contrario alla spartizione dell’ONU per due motivi:

  • la poca terra che gli è stata assegnata rispetto ai propri abitanti,
  • l’esistenza dello stato di Israele.

1948: David Ben Gurion proclama unilateralmente (cioè senza un accordo con la controparte) lo stato di Israele, e fu riconosciuto dalle più gradi potenze del mondo; si scatena la guerra contro gli arabi.

L’opinione pubblica probabilmente fu influenzata dalla pubblicazione delle foto della Shoah. Gli USA avevano degli interessi a riconoscere lo stato: avrebbero avuto un alleato filoccidentale.

La nascita dello Stato di Israele provoca due tipi di conflitti:

  • guerra contro gli arabi: cominciata nel 1948 per la proclamazione dello stato ebraico. La guerra riguarda i confini, e viene persa dai palestinesi. Gli israeliani delineano i loro confini includendo terre non previste dall’ONU, ed occupa Gerusalemme, che per l’organizzazione internazionale sarebbe dovuta essere divisa in due parti.
  • tensioni con gli arabi in terra di Israele: a seguito della guerra i palestinesi si ritrovarono improvvisamente in terra di Israele, e per questo cominciarono a insediarsi lungo il confine, e subiscono episodi di violenza da parte degli stessi arabi (perché sono diventati profughi, e per questo sono andati anche in altre terre).

GUERRE ISRAELO-PALESTINESI

Si ebbero altre guerre israelo-palestinesi:

  • nel 1956: quando Israele affianca francesi e inglesi per il controllo del canale di Suez;
  • nel 1967: una guerra durata sei giorni, a seguito della quale Israele occupa molti territori: Cisgiordania, Gaza, Golan e il Sinai. Compreso del Sinai, lo stato ebraico raggiunse la sua massima espansione. Mentre Golan e Sinai vennero restituiti, la Cisgiordania e Gaza no, e sono considerate dall’ONU terre occupate. Quando venne restituito il Sinai all’Egitto venne stipulato un patto, con il quale gli egiziani riconoscono la legittimità dello stato di Israele (i primi in Africa). Il politico egiziano che firmò il patto fu ucciso da un arabo, il quale considerava vergognoso l’accordo.

Il terrorismo divenne, ed è tuttora, una piaga:

  • 1972: vengono sequestrati e poi uccisi atleti israeliani da parte degli arabi;
  • 1973: guerra del Kippur, in cui i palestinesi attaccano gli ebrei, per rivendicare i territori; questa guerra viene vinta dagli israeliani.

I territori rimangono per lo più invariati.

Crescono le tensioni tra i palestinesi ed ebrei in terra di Israele, la quale sfrutta l’odio nei confronti degli arabi per poter fare degli adepti (seguaci di un’ideologia).

Si verifica l’intifada, “guerra di pietre”, cioè una sollevazione dei palestinesi contro gli israeliani (e di conseguenza contro i loro militari).

Solo recentemente è stata confermata la legittimità dello stato palestinese, il quale dovrebbe possedere la Cisgiordania e Gaza.

OLP: movimento per la liberazione della Palestina, il cui leader è Arafat, il quale è a capo di un’organizzazione segreta. Ha stetti legami con i terroristi, ma l’ONU ha bisogno di un interlocutore arabo ufficiale, e così, per poterlo diventare, Arafat si allontana, almeno pubblicamente, dalle posizioni terroriste.

ACCORDI DI OSLO

L’apice, per quanto riguarda gli accordi, viene raggiunto negli anni ’90, con gli accordi di Oslo-Washington, secondo cui i palestinesi devono riconoscere la legittimità dello stato e devono porre fine alla lotta armata, mentre gli ebrei devono considerare legittimo lo stato palestinese, e cedere loro la Cisgiordania e Gaza.

Il rappresentante israeliano pagò con la vita l’accordo (viene ucciso da membri della sua stessa fazione poiché indignati per il concordato).

Viene riconosciuta un’autorità palestinese per un governo, senza avere però uno stato.

LA QUESTIONE PALESTINESE OGGI

Questo conflitto non ha ancora trovato una situazione di stabilità anche per i diversi governi che si susseguono e che, seguendo politiche differenti, portano a risultati che fanno progredire la situazione, o che la fanno arretrare.

L’ONU vuole accogliere nell’assemblea un rappresentante palestinese, ma Israele si rivela particolarmente contraria a questo. Non si sa se in questo stato, l’opinione pubblica coincida con le decisioni prese dal governo, o quanto l’opposizione sia consistente.

Talvolta le scelte dello stato sono state criticate per la violenza, ma talvolta considerate troppo indulgenti, e in questo caso l’opinione pubblica ha posizioni più radicali del governo.

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