Il concetto di popolo.

Dal concetto di popolo nazione a quello di popolo razza.(3 pg - formato word) (0 pagine formato doc)

Appunto di greta
Economisti e storici dell'economia sono concordi nel suddividere la storia del cosiddetto “homo oeconomicus”, cioè dell'uomo in quanto soggetto del pensiero economico, in tre grandi periodi: lo stadio pre - industriale, lo stadio industriale e lo stadio Il concetto di “popolo-nazione” nasce, insieme al concetto di “classe”, durante l'Ottocento, per interpretare il senso della storia e della società.
In contrapposizione alle tendenze cosmopolite ed universalizzanti tipiche dell'Illuminismo, nacque infatti, in pieno Romanticismo, il concetto di “nazione” intesa come senso della singolarità di ogni popolo e, quindi, come insieme di genti legate da una comunanza di tradizioni storiche, lingua, costumi, religione. In Italia i romantici sentirono che amare la patria, in quel momento, significava riconoscerne obiettivamente la decadenza ed individuarne le cause, per tentare di superarla, e che fine della letteratura era ridestare l'anima del popolo e reinserirlo nella vita e nella storia.
Gli intellettuali romantici furono, dunque, i propugnatori del Risorgimento nazionale e vollero essere guida di una nazione rinnovata da una cultura nuova, liberale, patriottica, democratica. La letteratura romantica, oltre ad essere moderna e nazionale, doveva essere “popolare” e, quindi, adeguata alle esigenze di un pubblico nuovo e più vasto. “Classe” e “nazione” davano luogo a immagini diverse della realtà storica, vedendosi in essa come dominante, nel primo caso, lo scontro tra gli interessi antagonistici delle forze sociali, ossia la lotta tra classi, tra sfruttati e sfruttatori, e, nel secondo, lo scontro ­tra popoli ciascuno dei quali ha una propria fisionomia etnica e vuole affermare ­la propria autonomia politica. In entrambi i casi si trattava di una visione dinamica, collegata con esigenze di emancipazione o del proletariato o delle na­zionalità oppresse; per esempio, secondo l'impostazione di Augustin Thierry, di cui sentì l'influenza anche Manzoni, l'originaria distinzione etnica serve a spiegare ­anche la disuguaglianza sociale: dai conquistatori discendono i gruppi sociali di maggior potenza e prestigio, ma l'interesse dello storico deve piuttosto rivolgersi ­a esplorare la vita oscura e in gran parte ignota delle masse conquistate. È vero però che la storia dei popoli finiva per configurarsi come una vicenda di invasioni e conquiste, di oppressori e oppressi, di gruppi etnici forti o deboli, che ci porta vicini all'immagine di una lotta tra razze. Esisteva, infatti, da molto tempo un terzo modello interpretativo, operante in profondo nella cultura occi­dentale: il modello razzistico, secondo il quale gli umani sono distinti e classificati con un criterio che si presume biologico e la storia è vista come necessario dominio delle razze superiori, le quali tuttavia non cessano di essere esposte alla minaccia di processi degenerativi per la presenza e la pressione delle ra