La condizione degli schiavi nell'antica Roma

Appunti sulla condizione degli schiavi nell'antica roma (1 pagine formato doc)

Appunto di lucadiego4ever
La massiccia presenza degli schiavi nella società romana e le condizioni nella quale erano tenuti costituivano una fonte di gravissimi mali per la repubblica.
Essi infatti erano proprietà assoluta del padrone, destinati alle fatiche dei campi o ad accudire la casa e le persone libere; potevano essere venduti e perfino uccisi, come potevano anche essere resi liberi e diventare così “liberti”. In sostanza il loro stato dipendeva in tutto dalla mitezza o dalla ferocia del padrone. Alcuni chiavi, per la verità, specie se vivevano nella casa del proprietario, erano trattati abbastanza umanamente; per la maggior parte essi, però, erano oppressi in ogni maniera, incatenati e tormentati, sfruttati dagli speculatori e chiusi in fetide baracche.
Nel 136 a.C., nella zona di Enna in Sicilia scoppiò una rivolta di servi capeggiata da Euno, schiavo di origine siriana. Ben presto agli insorti si unirono addirittura gli abitanti del posto, chiedendo l’autonomia da Roma e facendo guerra aperta ai loro oppressori.
Le autorità romane riuscirono sia pure faticosamente e in tempi non brevi a reprimere la rivolta nel sangue. Questa tuttavia fu solo la prima delle numerose “guerre servili” che da allora impegnarono Roma per oltre un secolo.
Durante il periodo repubblicano, la principale fonte di approvvigionamento degli schiavi fu la guerra: i prigionieri dopo le guerre puniche e le conquiste d’Oriente vennero per lo più schiavizzati. Si sviluppò inoltre un fiorente commercio di schiavi: nei secoli II e I a.C. furono venduti 516.000 schiavi di guerra, a cui si aggiunsero gli altri comprati e i loro figli, tanto che si toccò una cifra che oscillava tra 1.200.000 e 3.000.000 di individui presenti nella penisola italiana.