Fascismo: cause e presupposti alla nascita
Appunti dettagliati della dittatura Fascista: cause ed effetti (7 pagine formato doc)
IL FASCISMO IL FASCISMO L'Italia prima dell'avvento fascista La “vittoria mutilata” La Conferenza di Parigi aveva lasciato insoddisfatte le rivendicazioni dell'Italia, circa il possesso dell'Istria e della Dalmazia nel rispetto del Patto di Londra.
Con un gesto. di protesta il presidente dei Consiglio Orlando decise di abbandonate i lavori, ma non ottenne per questo maggior ascolto. Al contrario, permanendo nell'opinione pubblica italiana il malcontento per quella che poi fu detta la vittoria mutilata, fu costretto alle dimissioni. Il successivo governo, presieduto da Nitti, tentò di dirimere la questione attraverso trattative con lo Stato jugoslavo, ma la risoluzione delle grandi potenze di escludere le truppe italiane da presidio della città istriana di Fiume fece precipitare la situazione. Un contingente di volontari, capeggiati dal poeta Gabriele d'Annunzio, occupò infatti Fiume (impresa di Fiume), dando vita alla Reggenza di Quarnaro (1919). Il trattato di Rapallo (1920) avrebbe poi risolto la questione, stabilendo l'indipendenza di Fiume, città libera, e l'annessione di Zara all'Italia in cambio dell'abbandono di ogni pretesa sui territori dalmati. La situazione politica e sociale I problemi del dopoguerra, la crisi economica e soprattutto il difficile cammino di sviluppo dello Stato liberale avevano creato in Italia un'atmosfera di forte tensione politica e sociale di cui fu sintomo l'ondata di scioperi tra il 1919 e il 1920. All'interno del parlamento gli unici due schieramenti di carattere popolare erano quello di ispirazione cattolica (il Partito Popolare di Don Luigi Sturzo) e quelle socialista, diviso però tra la corrente riformista di Turati e quella massimalista che cioè sosteneva il 'programma massimo' rivoluzionario di Serrati. Nel 1920 tornò per l'ultima volta al governo Giolitti. Caduto infatti il governo Nitti, l'eminente politico liberale venne chiamato, in virtù delle sue indubbie capacità di mediazione tra le diverse forze politiche a formare un nuovo esecutivo che ci si augurava fosse in grado di avviare un nuovo corso di riforme. Giolitti ottenne il suo maggiore successo in politica estera, risolvendo la questione dì Fiume con il trattato di Rapallo. Nel 1920 l'occupazione di un gran numero di fabbriche, da parte delle organizzazioni sindacali segnò uno dei punti più alti della crisi dello Stato liberale. Nonostante alcuni settori del mondo operaio lo sperassero, non si trattò di un moto rivoluzionario e Giolitti riuscì a ricondurre la trattativa su un piano economico salariale. La sua politica moderatamente riformista era però destinata a fallire, soprattutto a causa dell'errata convinzione di riuscire a imbrigliare il nascente fenomeno dei fascismo. Intanto la crisi del '20 aveva segnato la scissione dal partito socialista dell'ala più radicale che, sotto la guida di Gramscì, fondo nel '21 il Partito Comunista Italiano. Le elezioni di quello stesso anno avrebbero infine segnato la crisi dello Stato liber