Tesina di terza media sul fascismo e lo sport

Fascismo e l'importanza delle discipline sportive nel corso della dittatura fascista in Italia: tesina di terza media

Tesina di terza media sul fascismo e lo sport
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Fascismo e sport

Classe di fitness sotto il fascismo
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Con la Marcia su Roma dell'ottobre 1922 Mussolini dà inizio alla sua personale scalata al potere in Italia, e solo tre anni dopo il Fascismo è una dittatura vera e propria.

Lo sport e l'educazione fisica acquisiscono un potere enorme nella concezione politica fascista. Fino agli anni '30 viene portato avanti la realizzazione di un progetto di educazione fisica di massa. Lo sport e lo Stato sono simboli di forza e virilità, anche nell'iconografia tradizionale del suo leader.

Lo scioglimento degli scout

Mussolini ha l'obiettivo di conseguire il monopolio politico-educativo delle masse giovanili. Per farlo, non solo "fascistizza" la scuola (intervenendo su professori, programmi e libri di testo), ma costituisce appositi enti che formino i giovani secondo le ideologuie del fascismo:

  • l'Opera Nazionale Balilla (da 0 a 18 anni)
  • i GUF (dai 19 in poi).

Tutte le organizzazioni giovanili concorrenti vengono soppresse. Nel 1928 Mussolini sopprime anche gli Scout di matrice cattolica.

Accademie e sport di massa sotto il fascismo

L'Opera Nazionale Balilla (ONB), costituita nel 1926, nasce per assistere ed educare allo sport i giovani fino ai 18 anni.

L'educazione fisica è considerata dal fascismo fondamentale per formare la futura classe dirigente. Renato Ricci, capo dell'ONB, si batte per un'attività fisica piu' formativa che agonistica per i giovani, contrapponendosi assai duramente al CONI, fautore del campionismo e dell'olimpismo.

Le accademie di educazione fisica

Nel 1923 vengono soppressi i tre Istituti di educazione fisica di Torino, Napoli e Roma, che erano stati costituiti nell'Italia liberale per preparare gli insegnanti di ginnastica.

Gli insegnanti trovano nelle Accademie di educazione fisica maschile a Roma (1928) e femminile ad Orvieto (1932) una nuova formazione.

Dallo sport di massa al campionismo

Negli anni '30 le cose iniziano a cambiare, e la formazione individuale lascia spazio all'agonismo e alla competizione, che diventa funzionale alla ricerca di consenso: campioni ed eroi devono essere mostrati in pubblico, propagandati all'estero, come simbolo di una nazione vigorosa, forte e degna di rispetto.

L'Opera Balilla viene sciolta e tutto lo sport e l'educazione fisica vengono messe alle dipendenze del CONI.

Mussolini, che pure sportivo non è, comprende l'importanza del fenomeno per la grande capacità di mobilitazione di cui è capace e delega a Lando Ferretti, ex redattore capo de la Gazzetta, il compito di tracciarne le coordinate.

Ferretti, seguace delle idee di Angelo Mosso, si ispira ad una linea cultural-sportiva che, tenendo sullo sfondo i "collegia iuvenum" di Augusto, la "Giocosa" di Vittorino da Feltre e i moderni College inglesi, vede nell'attività fisica "un mezzo per migliorare l'abilità e la destrezza del corpo, temprandolo alle più ardue fatiche, in una proficua collaborazione con il mondo scientifico".

La crisi della FGI

La politica sportiva del regime si concretizza concentrando tutta l'attività agonistica nel CONI e nelle Federazioni sportive.

La parte formativa dello sport viene quindi attribuita alle organizzazioni giovanili, tra cui la FGI, che però entra in crisi a partire dal 1934.

Lo sport-spettacolo

Calcio e fascismo
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L'attività ginnico-sportiva di massa prevede l'utilizzo di strutture sportive non necessariamente costose: nel caso del calcio, può essere sufficiente un campo non attrezzato.

Diverso è il discorso dell'attività agonistica: i campioni richiedono veri e propri santuari dove il pubblico, non necessariamente di praticamente lo sport, possa accorrere per vederne le imprese.

Inizia così la costruzione di stadi a Bologna, Firenze, Roma Torino e Bari.

Proprio in questo periodo lo sport in Italia ha la sua maggiore spinta propulsiva, sia dal punto di vista dello sport agonistico, sia dal punto di vista dell'attività fisica considerata "per tutti".

Se l'azione propagandistica fascista per le attività agonistiche ha un incisività tutto sommato relativa, ciò non può dirsi per la diffusione e per l'icentivazione della pratica sportiva nella gente comune.

Lo sport durante la seconda guerra mondiale

Gli orrori della guerra non fermano l'attività sportiva in Italia. Nel 1941, ad esempio, si registra addirittura un aumento di mezzo milione di lire rispetto al 1940.

Nel 1942 il CONI accentra in sé tutte le funzioni tecniche e amministrative dello sport, mentre le federazioni, fino ad allora "facenti parte" del CONI, diventarono "suoi organi".

Calcio e fascismo

Il calcio conosce proprio sotto il fascismo la sua maggiore ascesa. Nel 1926 la Carta di Viareggio stabilisce finalmente un campionato a girone unico, cui fu dato vita a partire dal 1929.

Nel 1926 diventa presidente della Federazione Leandro Arpinati, interventista e nazionalista. Nel decennio 1926-1937 si costruisce - lo abbiamo detto - un notevole numero di stadi: quasi tutte le più grandi città italiane vengono dotate di impianti di notevole efficienza.

I successi sportivi sotto il fascismo

La cosiddetta "sportivizzazione" della nazione porta nel giro di pochi anni, a risultati davvero sorprendenti in diverse discipline:

  • le vittorie ai campionati del mondo di calcio del 1934 e del 1938
  • il secondo posto per numero di medaglie all'Olimpiade di Los Angeles
  • le vittorie ciclistiche di Bottecchia, anche se strenuo antifascista, Binda, Guerra, Bartali
  • i primati di Italo Balbo nelle trasvolate oceaniche
  • le vittorie nell'automobilismo, nel motociclismo e nella motonautica

Tutte discipline molto amate dal fascismo per il loro collegamento con la velocità e il movimento.

Il regime tenta ovviamente di sfruttare al meglio tutte queste vittorie, sia per dimostrare come l'Italia sia arrivata velocemente a certi successi, sia per aumentare nelle masse l'orgoglio nazionalista. Mussolini dice:

"Le prodezze sportive accrescono il prestigio della nazione e abituano gli uomini alla lotta in campo aperto, attraverso la quale si misura non soltanto la prestanza fisica, ma il vigore morale dei popoli".

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