I nazionalismi europei dell'800
I nazionalismi europei e la Rivoluzione democratica: La rivoluzione del luglio 1814 in Francia; I moti del 1831, Mazzini e il nazionalismo democratico; Il nazionalismo liberale; Il 1848 in Francia; Pio IX, Carlo Alberto e la Prima guerra d’indipendenza; Costituzionalismi liberali e repubbliche democratiche (8 pagine formato doc)
La
rivoluzione di luglio in Francia.
La Francia, che durante e dopo la Rivoluzione francese era stata il teatro principale delle esperienze politiche e culturali, viveva una situazione di sostanziale arretratezza sul piano della crescita industriale ed economica rispetto ai paesi anglosassoni.
Luigi XVIII, salito al trono nel 1814, era un moderato. Egli cercò di mantenere una posizione di equilibrio nella anomala situazione istituzionale in cui la Camera, dominata dalla destra reazionaria, cercava di costringere il governo a varare misure illiberali e antidemocratiche. I ministri, più liberali della maggioranza parlamentare, tentavano di difendere le libertà fondamentali, ma al contempo negavano ai deputati una prerogativa essenziale: quella di controllare l'esecutivo.
Il confronto politico si esacerbò, nel 1820, con l'assassinio del capo dei legittimisti ed erede al trono: il duca di Berry (1778-1820). Nel 1824, la morte del vecchio re e l'avvento al trono di suo fratello Carlo X (1824-1830), ultimo dei fratelli di Luigi XVI e padre del duca di Berry, fornivano un coronamento dinastico alla svolta reazionaria. Trionfava così la Francia legittimista e bigotta. Il nuovo re limitò la libertà di stampa, rafforzò il monopolio della Chiesa sull'insegnamento e attuò una riforma elettorale volta a favorire i più ricchi, che videro così esteso il loro potere politico.
La svolta si ebbe con la vittoria dei liberali alle elezioni del 1830. In risposta a questo successo elettorale, il governo emanò il 25 luglio alcune direttive per abolire la libertà di stampa, sciogliere la Camera e indire nuove elezioni con un sistema elettorale ulteriormente modificato, che garantiva il predominio della grande aristocrazia legittimista. Mobilitato dalla sinistra liberale, il popolo di Parigi diede il via all'insurrezione delle "Tre gloriose giornate" (27-29 luglio). Gli scontri fra gli insorti e l'esercito furono durissimi, con un migliaio di morti e circa cinquemila feriti, ma alla fine la rivolta ebbe successo.
La Francia, che durante e dopo la Rivoluzione francese era stata il teatro principale delle esperienze politiche e culturali, viveva una situazione di sostanziale arretratezza sul piano della crescita industriale ed economica rispetto ai paesi anglosassoni.
Luigi XVIII, salito al trono nel 1814, era un moderato. Egli cercò di mantenere una posizione di equilibrio nella anomala situazione istituzionale in cui la Camera, dominata dalla destra reazionaria, cercava di costringere il governo a varare misure illiberali e antidemocratiche. I ministri, più liberali della maggioranza parlamentare, tentavano di difendere le libertà fondamentali, ma al contempo negavano ai deputati una prerogativa essenziale: quella di controllare l'esecutivo.
Il confronto politico si esacerbò, nel 1820, con l'assassinio del capo dei legittimisti ed erede al trono: il duca di Berry (1778-1820). Nel 1824, la morte del vecchio re e l'avvento al trono di suo fratello Carlo X (1824-1830), ultimo dei fratelli di Luigi XVI e padre del duca di Berry, fornivano un coronamento dinastico alla svolta reazionaria. Trionfava così la Francia legittimista e bigotta. Il nuovo re limitò la libertà di stampa, rafforzò il monopolio della Chiesa sull'insegnamento e attuò una riforma elettorale volta a favorire i più ricchi, che videro così esteso il loro potere politico.
La svolta si ebbe con la vittoria dei liberali alle elezioni del 1830. In risposta a questo successo elettorale, il governo emanò il 25 luglio alcune direttive per abolire la libertà di stampa, sciogliere la Camera e indire nuove elezioni con un sistema elettorale ulteriormente modificato, che garantiva il predominio della grande aristocrazia legittimista. Mobilitato dalla sinistra liberale, il popolo di Parigi diede il via all'insurrezione delle "Tre gloriose giornate" (27-29 luglio). Gli scontri fra gli insorti e l'esercito furono durissimi, con un migliaio di morti e circa cinquemila feriti, ma alla fine la rivolta ebbe successo.