Roma e l'Italia nel V secolo a.C.

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Roma e l'Italia nel V secolo a.C.
Il periodo più antico della storia di Roma, la sua fondazione e la sua prima organizzazione non sono facili da ricostruire, perché tra la fondazione della città e il momento in cui vennero composte le prime opere storiografiche sull'argomento intercorsero cinque secoli e più, durante i quali le notizie vennero tramandate per via orale e furono soggette alla frequente interpolazione con elementi leggendari. Non vi è dubbio che gli abitanti di Roma in età arcaica fossero di stirpe latina (anche se la prima epigrafe, sul vaso di Duenos, non è anteriore al 525 a.C; è altresì reale, però, che con il nucleo latino originario si fuse ben presto un gruppo di Sabini (come adombrato nel racconto leggendario del ratto delle Sabine, dei rapporti fra Romolo e Tito Tazio e dell'alternanza fra re romani e sabini nei primi tempi). Altrettanto reali paiono l'esistenza di una contesa fra Roma e Alba Longa per l'egemonia sulla regione, che il racconto tradizionale fa risalire ai tempi di Tullo Ostilio; l'espansione verso il mare per il controllo delle saline, cui si riferisce il racconto della fondazione di Ostia da parte di Anco Marzio; la codificazione delle più antiche consuetudini e la fissazione dei primi culti, attribuite a Numa Pompilio.
Quando i dati leggendari lasciano il posto a più precise testimonianze storiche, al termine del periodo monarchico (fine VI sec. a.C, Roma appare già dotata di notevole importanza. La prima organizzazione costituzionale della città prevedeva che il potere fosse detenuto dalle famiglie dei patres, che appaiono divise in tre gruppi (Ramnes, Luceres, Titienses), la cui assemblea coadiuvava il re e ne limitava il potere; questa assemblea (senatus) era formata dai principali proprietari terrieri, che vantavano probabilmente discendenze dai più antichi abitanti della città. Accanto al senato, esisteva l'assemblea delle tribù ( comitia curiata), anche questa riservata al patriziato, cui partecipavano tutti i guerrieri; quando, in un secondo momento (tradizionalmente ai tempi di Servio Tullio), anche i plebei più ricchi furono chiamati a prestare il servizio militare, il sistema delle assemblee fu riformato su basi territoriali e soprattutto censitarie: nacquero così i comitia centuriata, che, pur mantenendo il potere nelle mani dei grandi proprietari terrieri, che avevano un'ampia maggioranza nelle assemblee, consentivano anche ai meno abbienti e ai capitecenses (che non avevano alcuna proprietà) una sia pur minima partecipazione alla vita pubblica. La fine del periodo monarchico (tradizionalmente corrispondente alla cacciata di Tarquinio il Superbo, 509) avvenne in seguito a un colpo di stato guidato dalle famiglie più potenti che erano andate costituendosi, nel periodo tardo-monarchico, in una classe dotata di privilegi politici, contrapposta a una plebe di lavoratori liberi ma sottomessi giurisdizionalmente. Al posto del re furono eletti due magistrati annuali, esponenti di famiglie eminenti (da