L'America di Roosevelt: dagli anni Venti alla Seconda guerra mondiale

Storia e pensiero politico di F.D. Roosevelt, quattro volte presidente U.S.A. e abile politico che seppe guidare il Paese anche nei momenti più difficili
L'America di Roosevelt: dagli anni Venti alla Seconda guerra mondiale
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1Franklin Delano Roosevelt, introduzione al quattro volte presidente degli Stati Uniti

Franklin Delano Roosevelt
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Nella storia degli Stati Uniti, accanto a figure leggendarie come George Washington e Abraham Lincoln, un posto d’eccezione è riservato, tanto dagli studiosi quanto dall’opinione pubblica, a Franklin Delano Roosevelt: la fama del quattro volte presidente degli Stati Uniti - record tutt’ora ineguagliato - si deve in primo luogo alla sua grande capacità politica, che risultò decisiva nel guidare il paese durante i difficili momenti della sua presidenza, ma anche al modo con cui seppe parlare, nei momenti più duri, al cuore dei propri connazionali. 

In carica per dodici anni, dal 1932 al 1944, Roosevelt si impose attraverso la politica delNew Deal”, che risollevò gli USA dalla drammatica situazione economica successiva alla crisi del 1929, per poi guidare il paese durante i difficili anni del secondo conflitto mondiale.   

Le origini della sua ascesa politica e del suo successo, sono in realtà da rintracciare proprio nella situazione americana durante gli anni ‘20, e nel preludio alla Grande Crisi del 1929, l’evento destinato a cambiare le sorti della politica americana e di quella mondiale.   

2Gli Stati Uniti negli anni ‘20 e la Grande Depressione

Churchill, Roosevelt e Stalin alla conferenza di Yalta, febbraio 1945
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Al termine della Prima guerra mondiale gli Stati Uniti uscivano vittoriosi dal conflitto imponendosi come la prima potenza planetaria sul piano economico e militare. L’intenzione del presidente Woodrow Wilson, eletto per due mandati consecutivi tra il 1913 e il 1921, era quella di portare gli USA a giocare un ruolo di primo piano sullo scacchiere internazionale, impostando la diplomazia del dopoguerra sui principi di nazionalità e autodeterminazione dei popoli, ben espressi nel famoso discorso dei14 punti” pronunciato da Wilson nel 1918. 

Tuttavia la politica interventista di Wilson era destinata a terminare con la morte del suo principale artefice: nel 1921 veniva eletto presidente il repubblicano Warren Harding, che sconfessando la linea del suo predecessore riportò gli Stati Uniti ad una politica di rigido isolazionismo, complice anche il voto negativo espresso dal Senato USA in merito alla partecipazione statunitense alla neonata Società delle Nazioni. Con questa scelta gli USA tornavano a occuparsi degli affari interni, disinteressandosi del loro ruolo sul piano internazionale. 

Franklin Roosevelt con Ruthie Bie (la figlia del guardiano di Hyde Park)
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Superati i traumi del conflitto, per gli USA si aprì una fase di enorme crescita economica destinata a durare per un intero decennio: forte di una moneta, il dollaro, divenuto il principale mezzo di scambio mondiale e delle scelte protezionistiche dovute all’isolazionismo, l’economia statunitense decollò registrando ritmi di crescita impressionanti. A trainare l’industria statunitense fu un nuovo modello di organizzazione della fabbrica, dovuta ad Henry Ford, che rese l’automobile un oggetto ampiamente diffuso, così come l’arrivo sul mercato dei primi elettrodomestici, tra cui radio e frigoriferi, destinati a cambiare i consumi del paese. 

La forte crescita economica non si accompagnava tuttavia ad innovazioni di carattere sociale e democratico: negli anni ‘20 la società statunitense rimaneva una società chiusa, fortemente attraversata da disuguaglianze sia sul piano della distribuzione dei redditi, che si accumulavano nelle mani di pochi ricchi emarginando una ampia parte della popolazione, che su quello razziale, con la aperta discriminazione della popolazione di colore del paese. A completare il quadro di conservatorismo sociale era la rigida politica sull’immigrazione e la scelta del proibizionismo, che alimentava i circuiti clandestini e le organizzazioni malavitose. 

Nonostante questi squilibri per tutti gli anni ‘20, sotto la guida del Partito Repubblicano, gli Stati Uniti rimasero una nazione fiduciosa riguardo il futuro, soprattutto nei confronti di una crescita economica che sembrava infinita e inarrestabile. Il “tempio” dell’ottimismo in questo senso era rappresentato dalla borsa di Wall Street, divenuta la sede di una vera e propria euforia speculativa e di spregiudicati giochi finanziari motivati dalla possibilità di realizzare facili guadagni. Il meccanismo di crescita continua e ininterrotta del valore delle azioni nascondeva tra le sue pieghe una enorme bolla speculativa, che alla fine degli anni ‘20 era ormai sul punto di esplodere.

Nel giro di cinque giorni, tra il 24 e il 29 ottobre 1929, il “sogno” economico statunitense si trasformò in un terribile incubo quando, proprio a Wall Street, si verificò un duplice crollo, tanto drammatico quanto inatteso, del mercato azionario. Le conseguenze dell’avvenimento furono catastrofiche: l’economia statunitense risentì pesantemente dell’evento, con la chiusura di interi settori produttivi, la conseguente crescita della disoccupazione e la forte contrazione dei consumi. La gigantesca crisi, che da lì a poco sarebbe divenuta mondiale, divenne poi nota con il nome di “Grande depressione” proprio per l’ampiezza e la profondità del suo impatto.

3L’ascesa di Franklin Delano Roosevelt e il “New Deal”

F.D. Roosevelt, 32° Presidente degli Stati Uniti, a Topeka sulla scia della campagna del 1932. Roosevelt si rivolge agli agricoltori americani dicendogli che il New Deal avrebbe funzionato anche per loro
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All’inizio degli anni ‘30 gli Stati Uniti erano dunque una nazione profondamente in difficoltà, con al suo interno oltre 14 milioni di disoccupati, pervasa da un senso di angoscia e insicurezza per le mancate risposte date a livello politico alla crisi economica. Tuttavia nel 1932, in occasione delle nuove elezioni presidenziali, per interrompere il dominio politico dei repubblicani i democratici si affidarono al governatore dello stato di New York, Franklin Delano Roosevelt: una scelta che si rivelò determinante, grazie alla personalità dell’uomo e alla sua azione politica, per far uscire gli USA dal periodo più cupo della Grande depressione. 

F.D. Roosevelt era nato a Hyde Park, non lontano da New York, nel 1888, da una ricca famiglia borghese di origini olandesi: prima di intraprendere la carriera di avvocato, il giovane Franklin aveva viaggiato per l’Europa, per poi laurearsi prima ad Harvard e successivamente alla Columbia University. La sua carriera politica era iniziata con l’elezione a governatore di New York nel 1910, poi replicata nel 1928, intervallata dalla candidatura come vicepresidente alle presidenziali, poi perse, del 1920. Di carattere forte e risoluto, aveva però manifestato fin dal 1921 una grave forma di malattia che lo aveva invalidato, costringendolo alla quasi totale paralisi degli arti inferiori. 

Accettando la candidatura alle presidenziali del 1932, Roosevelt era in realtà inizialmente privo di un vero e proprio programma politico. Tuttavia la sua popolarità crebbe grazie alle doti di comunicatore e alla sua capacità di instaurare con gli elettori un rapporto diretto: Roosevelt divenne celebre grazie ai “Discorsi del caminetto” una periodica trasmissione radiofonica nella quale, con tono suadente e familiare, illustrava la propria azione politica riuscendo a infondere coraggio e ottimismo ad una nazione spaventata e insicura. La strategia comunicativa si rivelò la chiave del successo politico, e l’8 novembre 1932 venne eletto presidente ottenendo una schiacciante maggioranza sul repubblicano Herbert Hoover.

Già nel suo discorso d’investitura, nel luglio 1932, Roosevelt aveva annunciato la volontà di intraprendere un “nuovo corso” politico, contraddistinto soprattutto da un nuovo e più incisivo ruolo dello Stato nei processi economici, motivato dalla necessità di interrompere la spirale recessiva della crisi. Una volta eletto, il “New deal” prese corpo già nei primi cento giorni della nuova amministrazione, con una serie di provvedimenti pensati come una “terapia d’urto” per l’economia americana. Gli aiuti dello Stato federale furono destinati in primo luogo a rimettere in sesto il sistema dei prestiti, garantendo liquidità alle famiglie e alle imprese, e ad arginare la disoccupazione, attraverso la concessione di ampi sussidi ai più bisognosi.

F.D. Roosevelt a Lafayette Square (Washington), aprile 1936
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Nel corso del suo mandato, Roosevelt ampliò ulteriormente la sua politica di intervento statale, varando una serie di atti utili a risollevare i settori economici più colpiti dalla crisi: con l’Agricoltural Adjustement Act, limitò la sovrapproduzione del settore agricolo, evitando il ripetersi di una bolla speculativa simile a quella del 1929; in seguito, con il National Industrial Recovery Act , imponeva ai settori industriali dei nuovi codici di comportamento e una maggiore tutela dei lavoratori salariati. Successivamente la politica di Roosevelt si indirizzò verso una riforma del sistema fiscale, per sostenere l’intervento dello Stato in economia, e verso una nuova legislazione del lavoro

I risultati del “New deal” non furono certo immediati, e non mancarono di suscitare l’opposizione di quanti avversavano l’intervento dello Stato in economia. Tuttavia le scelte politiche di Roosevelt si dimostrarono determinanti nel terminare la fase più difficile della crisi economica americana, e gli valsero infine l’elezione per un secondo mandato presidenziale nel 1936, quando sconfisse, ancora una volta con un’ampia maggioranza, il repubblicano Landon nella corsa alla Casa Bianca. L’economia americana non vide però la fine del tunnel fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale

4Gli Stati Uniti di Roosevelt nella Seconda guerra mondiale

Nel frattempo la crisi del 1929 aveva varcato i confini degli Stati Uniti, diventando un fatto globale: la recessione della maggiore potenza planetaria, che con i prestiti aveva garantito la ripresa in Europa, aveva finito per gettare in profonde difficoltà le economie europee, in particolar modo quella tedesca. L’effetto politico della crisi fu una generale sfiducia verso i sistemi democratici, ritenuti dall’opinione pubblica inadatti a fronteggiare la drammatica situazione economica; opinione pubblica che ora guardava con crescente favore sistemi alternativi e radicali rispetto alla democrazia come il comunismo di stampo sovietico o il fascismo, per la prima volta giunto al potere in Italia nel 1922.

Il primo mandato di Roosevelt si era aperto poche settimane prima dell’insediamento di Adolf Hitler a cancelliere in Germania nel gennaio del 1933: la gravissima condizione dell’economia tedesca aveva in effetti giocato un ruolo fondamentale nell’avvento al potere del nazismo, producendo masse di disoccupati sedotti dalla violenta retorica nazionalista del Fuhrer. La crisi aveva inoltre favorito l’affermazione, in Europa e nel mondo, di circuiti economici chiusi, improntati all’autosufficienza nazionale e all’aggressività verso l’esterno, testimoniati soprattutto dall’aggressiva politica estera delle potenze fasciste.

Preoccupato dalla crescente tensione internazionale, nell’ottobre del 1937 Roosevelt pronunciò un celebre discorso, detto “della Quarantena”, in cui affermò che le nazioni responsabili di atti aggressivi - con chiaro riferimento all’Italia, alla Germania e al Giappone - avrebbero dovute essere isolate, come organismi contagiosi, per evitare il diffondersi della malattia della violenza e della sopraffazione. Pur non parlando apertamente di intervento USA, il presidente americano evocava un forte ruolo internazionale statunitense, mettendo in guardia i suoi connazionali, ancora in gran parte convinti dell’isolazionismo, dai pericoli imminenti.

Le previsioni di Roosevelt si rivelarono esatte quando, il 7 dicembre 1941, gli USA entrarono nel secondo conflitto mondiale a seguito dell’improvviso attacco giapponese a Pearl Harbour, che spinse gli USA ad un’immediata dichiarazione di guerra. Poco prima di questo fondamentale evento, Roosevelt era riuscito ad ottenere l’elezione ad un terzo mandato presidenziale ottenuto ancora una volta con una grande maggioranza. La terza elezione confermò il presidente alla guida degli Stati Uniti per gran parte della durata del duro conflitto che oppose gli USA alle potenze fasciste e al Giappone.

Rossevelt dichiara lo stato di emergenza negli Stati Uniti di fronte alla Seconda guerra mondiale
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Durante i lunghi e difficili anni del conflitto Roosevelt continuò nella sua strategia di comunicazione diretta con l’opinione pubblica americana, proseguendo le sue conversazioni radiofoniche con la popolazione con l’obiettivo di infondere sicurezza e sostenere il morale delle famiglie. Sul piano politico il suo ruolo di mediazione fu decisivo nella formazione dell’alleanza antifascista dei “Tre grandi” soprattutto nei riguardi dell’URSS di Stalin, ideologicamente agli antipodi del sistema statunitense, ma il cui ruolo era ritenuto fondamentale per la sconfitta del nazifascismo.

Con gli USA avviati alla vittoria del conflitto, nel novembre del 1944 Roosevelt si ripresentò per la quarta volta come candidato alla presidenza: il grande prestigio che aveva ormai maturato gli valse un’ennesima conferma. Tuttavia la malattia che lo aveva logorato fin dal 1921, più le tensioni accumulate nei momenti più difficili del suo incarico, avevano minato la salute del politico statunitense: nell’aprile del 1945, mentre era in vacanza, un’emorragia cerebrale lo colse improvvisamente portandolo alla morte. Senza riuscire a vedere la fine del grande conflitto che lo aveva visto in prima linea, terminava così la vita di uno tra i maggiori protagonisti del ‘900.

    Domande & Risposte
  • In che cosa consiste il New Deal?

    New Deal significa, letteralmente, “nuovo patto” o “nuovo corso” ed è un piano di riforme economiche e sociali messo in atto da Roosevelt per risollevare gli Stati Uniti dalla Grande depressione che aveva travolto il paese a partire dal 1929.

  • Che malattia aveva Roosevelt?

    Una grave forma di poliomielite che gli causò la quasi totale paralisi degli arti inferiori. Ma, studi più recenti hanno ipotizzato che Roosevelt era affetto da una rara sindrome in grado di danneggiare il sistema nervoso e immunitario.

  • Quante volte è stato eletto Roosevelt?

    Quattro. Roosevelt è stato in carica per dodici anni: dal 1932 al 1944.

  • Come è morto Roosevelt?

    Nel 1945, mentre era in vacanza, un’emorragia cerebrale lo colse improvvisamente portandolo alla morte.