L'industrializzazione forzata dell'URSS
Appunti sull'industrializzione forzata dell'URSS di Stalin negli anno '20 e '30 del Novecento (22 pagine formato doc)
INDUSTRIALIZZAZIONE FORZATA DELL'URSS
Da Lenin a Stalin: l'URSS e l'industrializzazione forzata.
Negli anni del fascismo lavoratori e intellettuali antifascisti di tutto il mondo guardavano con interesse all’URSS, il paese che voleva costruire una nuova società basata sui principi del socialismo, l’unico paese che grazie al suo isolamento non aveva sentito degli effetti della crisi e che si stava avviando a un grande progetto di industrializzazione.Stalin prese presto la decisione di porre fine all’esperienza della Nep (iniziativa presa tra il ‘27 e il ‘28). L’idea era quella che l’industrializzazione fosse il presupposto della società socialista e la convinzione era che solo un deciso impulso all’industria pesante avrebbe potuto fare dell’URSS una grande potenza militare.
KULAKI
Il primo grande ostacolo per la costituzione di un’economia collettivizzata erano i kulaki (i contadini agiati),accusati di arricchirsi alle spalle del popolo e non consegnare allo stato la quota di prodotto dovuta.
Stalin promosse,cos’, misure restrittive e requisizioni contro i kulaki, che però non funzionano. Di qui la sempre più crescente volontà di eliminare i kulaki come classe.Contro questa linea prese posizione Bucharin, il quale sosteneva la necessità di non spezzare l’alleanza fra operai e contadini. Per via di questa posizione discordante, Bucharin e i suoi amici furono condannati come deviazionisti di destra.
Poco dopo il gruppo dirigente comunista passò alla collettivizzazione forzata: non solo i contadini ricchi, ma anche tutti coloro che si opponevano alle requisizioni e resistevano al trasferimento nelle fattorie collettive venivano considerati NEMICI DEL POPOLO e quindi fucilati, arrestati, deportati in campi di lavoro forzato.
Da Lenin a Stalin: riassunto
STALIN AL POTERE RIASSUNTO
Questi furono gli anni della grande carestia, che fu determinata soprattutto dall’inefficienza di una macchina organizzativa troppo grande e troppo centralizzata, dalla resistenza dei contadini che molto spesso preferivano macellare subito il bestiame piuttosto che darlo alle fattorie collettive e, infine, dalla determinazione delle autorità centrali che non aiutarono la popolazione affamata e pensarono solo alle requisizioni.
I risultati furono terribili nei costi umani (i kulaki non scomparirono solo come classe ma anche fisicamente).
A causa delle deportazioni, della morte per fame e dalla continua fuga nelle città la popolazione nelle campagne diminuì drasticamente.
PIANI QUINQUENNALI
Lo scopo di tutto questo era, per Stalin, favorire l’industrializzazione del paese mediante lo spostamento di risorse economiche e di energie umane.
Fu varato un primo piano quinquennale per l’industria nel 1928, grazie al quale la produzione industriale aumentò del 50%. Un secondo piano quinquennale fu varato poi nel 1933, con cui la produzione aumentò del 120%.
Questi risultati furono consentiti anche dal clima di entusiasmo ideologico che Stalin seppe suscitare nella classe operaia e che permise ai lavoratori dell’industria di sopportare sacrifici pesanti, soprattutto in termini di ritmi lavorativi. Ma essi erano stimolati con incentivi materiali, che premiavano i lavoratori più produttivi.