Arte e pubblicità: dal manifesto murale alla pop art

Dal murale alla pop art: riassunto sull'utilizzo delle opere d'arte in pubblicità (2 pagine formato doc)

Appunto di moijta

ARTE E PUBBLICITA'

Arte e pubblicità: dal manifesto murale alla pop art.

Rintracciare le diverse arti (pop art e murale) che si sono succedute nella pubblicità servirebbe a fare di quest'ultima un laboratorio artistico applicativo, ma non servirebbe a insistere sul suo potenziale, senza necessariamente "rilevare” di quale arte si tratti. Quando si parla di valore artistico nella pubblicità si sceglie la pratica di senso interpretativo da adottare, ma spesso si dimentica il gusto, l'immaginario personale, il sensuale come  senso e piacere estetico che una pubblicità a volte può comunicare.
L'effetto del bello da vedere, l'espressione che ci fa esclamare di meraviglia, è un prodotto semiotico, che non distingue tra ciò che è arte e ciò che non lo è, ma tra ciò che ha senso e ciò che non lo ha, per tutti, per me, per il contesto. È possibile che anche una pubblicità sul Web possa essere artistica? Un breve excursus nelle modalità di visibilità che per prime hanno fatto parlare di arte nel campo pubblicitario può far riscoprire il valore della congiunzione tra le categorie.

POP ART E PUBBLICITA'

La fine del 19º secolo è l'epoca del manifesto pubblicitario, dell’arte murale. D'arte, che si avvalse delle nuove scoperte tecniche, prima della litografia e poi della cromolitografia, pose le basi per una collaborazione tra arte grafica che, abbandonata con l'avvento della televisione, tornerà negli anni 90 del novecento, per poi avere uno sviluppo più sofisticato con la grafica digitale. La fine del 19º secolo vede un'intesa cordiale dell'arte e della pubblicità che sarà poi soppiantata all'inizio del 20º secolo dal tecnicismo e dalla chiarezza, perdendo la preziosità della decorazione. Questi movimenti, se da un lato faranno del cartellonismo artistico anche di sperimentazione, dall'altro porranno le basi per il dibattito e poi la successiva operazione all'arte leggibile e quella concettuale, tra quella che poi sarà la corporate identity, e l'immagine aziendale persuasiva, colorata istintiva che cattura l'osservatore, e l'immagine in cui la finalità descrittiva è sopraffatta dal valore espressivo, dall'idea  socioculturale, che va al di là del prodotto, interferendo con l'ambiente urbano e col contesto ricettivo.

Pop art e Andy Warhol

UTILIZZO OPERE D'ARTE IN PUBBLICITA'

Mentre in Europa ci si interrogava sulle sperimentazioni grafiche e sulle interferenze delle avanguardie artistiche della retorica visiva del manifesto pubblicitario, in America, a decidere la fine dell'arte del manifesto era stato il contesto urbano con la sostituzione del manifesto con il cartellone pubblicitario, che si presentava all'occhio dell'osservatore colto come un'escrescenza. Il dibattito teorico della prima metà del novecento fra l'arte la pubblicità in America assunse quindi le tinte di una analisi pragmatica delle immagini, ponendo l'attenzione sulla destinazione e sull'osservatore come cliente. La ricerca stilistica di Picasso volta a inserire prodotti commerciali in alcune sue opere, come bicchiere, bottiglia di Vieux Marc, sperimenta non solo la tecnica dei papiers collés, introducendo ritagli di carta stampata sulla superficie del dipinto, ma sembra inaugurare la strategia di marketing del product placement, molto praticata nella comunicazione contemporanea.

PUBBLICITA' ARTISTICHE

L'esperienza del futurismo seppe portare nell'immagine pubblicitaria in Europa una riflessione sul rapporto tra immagine e contesto sociale, la spinta innovativa, progresso e sua espressione, non solo dichiarata da Depero e Marinetti, ma espressa nel mutamento dell'idea di pubblicità come investimento sulle avanguardie da parte delle aziende e sulla curabilità dei risultati di questo connubio. Basti pensare che la bottiglietta più famosa tra gli aperitivi, quella del Campari Soda, fu progettata proprio da Depero nel 1928. Il futurismo storico sembra aver indicato che non solo l'immagine ma anche il packaging è arte. Poi arrivarono gli  anni della propaganda, della prima guerra mondiale, e l'immagine pubblicitaria divenne sintetica, essenziale ma continuò a essere luogo di sperimentazione tipografica. Gli anni a cavallo delle due guerre non sono solo gli anni della propaganda ma anche quelli della riflessione sull'anti-arte del dadaismo, non come negazione ma creazione nella decostruzione. I dadaisti nella pubblicità sostituiscono ai proclami futuri la negazione del contenuto, dell'annuncio e la rivincita della prassi enunciativa, fatta di inversioni, provocazioni e sregolatezza. Al contenuto del messaggio i dadaisti oppongono l'effetto del messaggio, derisorio contrario alla comunicazione convenzionale.