Canto 13 Inferno: parafrasi
Parafrasi del canto 13° dell'Inferno della Divina Commedia di Dante (6 pagine formato doc)
CANTO 13 INFERNO PARAFRASI
Inferno: canto XIII. Nesso non era, ancora arrivato di là (dal guado), quando noi entrammo in un bosco che non aveva alcuna traccia di sentieri.
Non c’erano foglie verdi, ma di colore scuro; non rami lisci e diritti, ma nodosi e contorti; non frutti, ma spine con veleno:
quegli animali selvaggi che (in Maremma) tra il fiume Cecina e la località di Corneto odiano i luoghi coltivati, non hanno (per loro dimora) macchie così irte e pungentì e così folte.
Il bosco è rigido, scheletrico, innaturale; l'armonioso scorrere della vita qui è fissità, desolazione, morte. Fosco il colore delle fronde; aggrovigliati e come rivolti contro se stessi ('nvolti) i rami; infine la cattiveria: spine avvelenate, strumenti di dolore. L'antitesi, ripetuta tre volte, suggerisce l'innaturalità del paesaggio. Questo a sua volta è come un'introduzione a una tragedia innaturale: il suicidio. Come ha finemente osservato il Sapegno, lo stile elaborato e aspro di questo canto si accorda, fin dalle terzine iniziali, "con un proposito di strane e orrende fantasie, in cui si rifletta e prenda consistenza poetica l'incubo dì una tragedia che trascende la norma comune dell'umano sentire".
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CANTO 13 INFERNO ANALISI
Qui fanno i loro nidi le sozze Arpie, che costrinsero alla fuga dalle isole Strofadi i Troiani con la funesta profezia di mali futuri.
Le Arpie, mostri della mitologia classica, per metà donne e per metà uccelli, cacciarono i Troiani di Enea dalle isole Strofadi con la profezia della fame che essi avrebbero dovuto sopportare nel viaggio verso le rive dei Lazio (Virgilio -Eneide III, 209 sgg). Qui appaiono come annunciatrici dì un male misterioso che si cela nel bosco.
Hanno ali larghe, colli e facce di esseri umani, piedi con artigli, e il grande ventre coperto di penne; si lamentano, in modo strano, sugli alberi.
E il valente maestro: " Prima che tu ti inoltri, sappi che sei nel secondo girone " cominciò a dirmi, " e vi starai fino a quando
tu arriverai all’orribile distesa sabbiosa: perciò guarda ripetutamente e con attenzione; così facendo vedrai cose tali che toglierebbero credito alle mie parole".
CANTO 13 INFERNO PARAFRASI E RIASSUNTO
Un momento di pausa: la ragione (Virgilio) interviene. L'uomo (Dante), guardando e esaminando (riguarda ben), prenda coscienza della realtà; si basi anche sull'esperienza maturata da altri, ma faccia le proprie esperienze dirette; la ragione indica la via, dà suggerimenti di metodo; la sperimentazione è diritto e dovere dell'individuo.
lo sentivo da ogni parte emettere lamenti acuti, e non vedevo nessuno che li facesse; per questo tutto smarrito mi fermai.
Ritengo che Virgilio pensasse che io credessi che voci così numerose uscissero, (passando) tra quegli alberi secchi, da gente che si nasc:ondesse a noi.
Alcuni critici hanno voluto attribuire l'uso di artifici retorici come quello del verso cred'io ch'ei credette ch'io credesse all'intento di parafrasare lo stile concettoso di Pier delle Vigne, il protagonista dell'episodio che sta per cominciare, ma questa spiegazione non chiarisce la funzione che simili moduli espressivi hanno sul piano della poesia. In essi dobbiamo vedere altrettanti mezzi dei quali il Poeta si serve per esprimere, attraverso la distorsione del linguaggio, l'errore intellettuale e morale che ha condotto i suicidi al loro peccato, nonché, al tempo stesso, l'allucinante atmosfera in cui il loro empio proposito è maturato.
Qui gli occhi, i sentimenti, l'atto perplesso e interrogatorio di Dante vanno da Virgilio agli alberi, da questi alla ricerca dell'origine delle voci, poi ancora a Virgilio: all'intrico dei rami si aggiunge questo intrico psicologico, dell'incertezza di Dante.
Perciò il maestro disse: " Se tu spezzi un qualsiasi ramoscello di una di queste piante, i tuoi pensieri si dimostreranno tutti erronei".