leibniz

ottima ricerca sul pensiero filosofico di Gottfried W. Leibniz (5 pagine formato doc)

Appunto di msthink
Untitled Il pensiero di Gottfried W.
Leibniz A) Nella filosofia di Leibniz è presente l'esigenza di una riforma complessiva del sapere e, anzitutto, degli strumenti razionali che ne costituiscono la struttura portante: di qui la rilevanza degli studi di logica, in cui viene perseguito un approfondimento della logica aristotelica e stoica, alla luce, anche, dei contributi di R. Lullo (teologo catalano del Duecento). Leibniz cerca, prima di tutto, di definire i requisiti formali del criterio di verità, e le leggi che presiedono alla combinazione delle idee: molti lo considerano il vero iniziatore della logica formale (anche se già Aristotele e gli stoici pongono le basi di tale impostazione). La logica va infatti intesa, per Leibniz, come una sorta di "matematica universale" la cui validità è indipenden­te da qualsiasi riferimento empirico; e soprattutto viene così formulato il progetto rigoroso di purificare questa scienza da ogni aspetto "soggettivistico".
L'approfondimento operato in questo campo da Leibniz porta poi anche all'introduzione, accanto al criterio di necessità di cui si era essenzialmente occupato Aristotele, dei criteri di realtà e possibilità, e successivamente all'esame delle loro relazioni reciproche. Si giunge così alla distinzione fra verità di ragione e verità di fatto: le prime sono universali e necessarie, mentre le seconde riguardano una realtà che avrebbe anche potuto essere diversa da come è : per queste ultime non si può parlare di necessità assoluta (o almeno tale è la condizione in cui si trova l'intelletto umano - cfr. la "ragione problematica" della quale si tratta più avanti). Tuttavia anche per le "verità di fatto" vale sempre il Principio di ragion sufficiente, secondo cui "niente esiste senza una ragione per cui le cose stiano così e non altrimenti". Questo è tutto ciò che il pensiero umano può conoscere sulle cause del mondo contingente, ma applicando tale principio al contingente, si deve pervenire infine ad una Causa Necessaria, cioè a Dio (argomento, questo, già avanzato da S.Tommaso). D'altra parte Leibniz accetta anche la prova ontologica, come avevano fatto anche Cartesio e Spinoza: questa prova - come metterà in luce Kant - sta poi a fondamento dell'argomentazione precedente, dato che solo in base alla prova ontologica l'ente necessario a cui rimanda la contingenza del mondo, è assunto come perfezione necessariamente esistente. (A sua volta l'argomento ontologico è riconducibile alla dottrina platonica (v. l'Idea del Bene come principio non ipotetico del reale) e quindi, in definitiva, alla concezione parmenidea dell'essere.) B) Da quanto detto finora, risulta che solo la causa ultima del mondo appare necessaria, mentre i suoi effetti sono - almeno dal punto di vista umano - contingenti: tuttavia è anche chiaro che per Dio non possono esistere verità "a-posteriori" (= non originarie), in quanto egli conosce eternamente la totalità delle cose. Ma dire che di fronte a Dio anche le "verità di fatto" sono "