Mito e filosofia: riassunto

Mito e filosofia: il mito, spiegazione antropomorfica della realtà; il mito, la verità come rivelazione divina; il passaggio dal mito al logos alla filosofia; Naturalismo ionico e filosofie della Magna Grecia; Glie Eleati, Zenone e Melisoo; Filosofie pluraliste (6 pagine formato doc)

Appunto di ladiamante

MITO E FILOSOFIA

Mito e filosofia.

1. IL MITO: LA SPIEGAZIONE ANTROPOMORFICA DELLA REALTA’
La filosofia e la scienza non furono le prime forme di sapere presenti nell’antica Grecia. Prima del sorgere di queste ultime, tra VI e IV sec.
A.C., anche nel mondo greco come in tutto il mondo arcaico (nelle antiche civiltà mesopotamiche, egizia, indiana, cinese, ecc.) troviamo il mito. La forma del pensiero mitico fu dominante nelle società antiche dall’inizio dell’era storica (3000 a.C.) fino al primo millennio a.C. ed anche oltre. I miti (dal greco mythos = narrazione, racconto) erano storie che avevano come contenuto gli dei, gli eroi e il cosmo intero di cui si raccontavano la vita, le imprese e l’origine. I miti venivano cantati dagli aedi (poeti cantori) presso le corti dei signori e dei sovrani per intrattenere il pubblico aristocratico presente. Tuttavia, il mito non aveva solo questa finalità di intrattenimento ma si proponeva anche di spiegare (seppure in una forma molto diversa da quella scientifica) l’intera realtà.

Mito e logos in filosofia

IL RAPPORTO TRA MITO E FILOSOFIA

Che tipo di spiegazione è quella del mito? Il pensiero mitico non considera il mondo e la natura alla stregua di oggetti “esterni” all’uomo, dotati cioè di caratteristiche diverse rispetto a quelle umane. Al contrario, esso considera la natura come un altro soggetto, come un “tu”. In altri termini: anche gli animali, le piante, le pietre e gli oggetti celesti possiedono caratteristiche simili a quelle umane e si comportano in modo paragonabile all’uomo. Come gli esseri umani anche gli elementi naturali pensano, agiscono, provano sentimenti. Il pensiero mitico è dunque segnato dall’ antropomorfismo (dal greco: antropos = uomo, morfé = forma), termine che indica qualunque concezione del mondo che attribuisca a cose non umane forme e caratteristiche umane, sia fisiche (cioè, l’aspetto esteriore), sia psichiche (cioè, il modo di pensare e di comportarsi).
Per es., nella mitologia babilonese del IV millennio a.C. – una delle più antiche di cui ci è stata tramandata una versione scritta -, i due principali elementi della natura sono la Terra (Ninhursaga) e le Acque dolci (Enki). La comparsa della Vegetazione (Ninsar) viene spiegata dicendo che quest’ultima è figlia di  Ninhursaga e di Enki. Come si vede, i fenomeni naturali vengono riferiti a esseri personali e divini (Ninhursaga, Enki), dotati di caratteristiche umane (sessualità, parto) e le vicende del cosmo naturale sono interpretate come risultato di vicende simili a quelle umane (matrimonio, nascita). Si tratta, dunque, non di una semplice “descrizione” della realtà (c’è la Terra, c’è l’Acqua, c’è la Vegetazione...) ma di un tentativo di spiegazione (la Vegetazione c’è perchè Terra e Acqua si sono unite) che ricorre a una concezione antropomorfica che spiega tutti i fenomeni naturali per somiglianza ai principali fenomeni umani.

Mito e logos nella filosofia presocratica

DAL MITO ALLA FILOSOFIA

Il mito: la verità come rivelazione divina. I poeti che si trasmettevano oralmente, di generazione in generazione, tali miti e che li cantavano nelle corti presumevano di parlare in nome della divinità stessa. Attraverso di loro era il divino che si manifestava agli uomini. Era un dio a ispirarli suggerendogli il canto ed era la divinità a fungere da garante della verità del loro racconto. Non a caso, solo raramente conosciamo l’identità degli autori dei miti: per lo più la personalità umana dell’autore rimane celata poichè è la divinità stessa che si ritiene che stia parlando attraverso le parole del poeta e quest’ultimo, pertanto, non ha molta importanza. La verità del mito era ritenuta dunque, dai poeti e dai loro uditori, una rivelazione divina. Come tale essa non andava compresa e discussa razionalmente ma doveva essere accolta, accettata e creduta.

GLI ELEATI: ZENONE E MELISSO - Zenone e Melisso proseguono la ricerca del maestro, sia pur con alcune differenze. Soprattutto Zenone è importante perché, al fine di difendere la dottrina eleatica, inventa la dialettica, cioè l’arte della confutazione. In particolare, elabora una strategia argomentativa che si chiamerà: dimostrazione per assurdo.