Critica della Ragion Pratica
Presentazione dei concetti basilari della Critica della ragion pratica di Kant, capitolo per capitolo, dal libro di testo (4 pagine formato doc)
ANALITICA (il dovere):
RAGION (PURA) PRATICA: La ragione dirige anche l'azione e non solo la conoscenza. Esistono sia la "ragion pura pratica", che cioè opera indipendentemente dall'esperienza, che la "ragion empirica pratica", che opera sulla base dell'esperienza e della sensibilità. Il filosofo deve distinguere quando si tratta dell'una o dell'altra. La Ragion Pratica non ha bisogno di essere criticata nella sua parte Pura, perché in questa essa si comporta in modo perfettamente legittimo, obbedendo a una legge universale. Nella sua parte non pura, la ragion pratica può darsi delle massime. Le Massime sono delle forme di azione dipendenti dall'esperienza e perciò non legittime dal punto di vista morale.
Il fatto che la ragion Pura Pratica non debba essere criticata non significa che sia priva di limiti, poiché essa è limitata dalla finitudine dell'uomo.
LEGGE MORALE A PRIORI: Kant è convinto che esista una legge morale a priori, valida per tutti e sempre. Non ha dubbi perché o la morale è una chimera, oppure, se esiste, risulta per forza incondizionata, in grado di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili e guidare la condotta in modo stabile. La morale è la capacità di autodeterminarsi al di là delle sollecitazioni istintuali, così che la Libertà sia il primo presupposto della vita etica. La morale è perciò ab-soluta, perché è in grado di non essere condizionata dai cosi istintuali.
Moralità=incondizionatezza=libertà=universalità e necessità. È l'equazione che rappresenta il fulcro dell'analisi etica di Kant.
La morale si gioca all'interno di una tensione tra ragione e sensibilità, che fa si che la morale assuma la forma severa del "dovere" e si concreti in una lotta tra gli impulsi egoistici e la ragione. Da ciò la natura finita, ossia limitata ed imperfetta, dell'uomo, che può agire secondo la legge ma anche contro di essa.
RAGION (PURA) PRATICA: La ragione dirige anche l'azione e non solo la conoscenza. Esistono sia la "ragion pura pratica", che cioè opera indipendentemente dall'esperienza, che la "ragion empirica pratica", che opera sulla base dell'esperienza e della sensibilità. Il filosofo deve distinguere quando si tratta dell'una o dell'altra. La Ragion Pratica non ha bisogno di essere criticata nella sua parte Pura, perché in questa essa si comporta in modo perfettamente legittimo, obbedendo a una legge universale. Nella sua parte non pura, la ragion pratica può darsi delle massime. Le Massime sono delle forme di azione dipendenti dall'esperienza e perciò non legittime dal punto di vista morale.
Il fatto che la ragion Pura Pratica non debba essere criticata non significa che sia priva di limiti, poiché essa è limitata dalla finitudine dell'uomo.
LEGGE MORALE A PRIORI: Kant è convinto che esista una legge morale a priori, valida per tutti e sempre. Non ha dubbi perché o la morale è una chimera, oppure, se esiste, risulta per forza incondizionata, in grado di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili e guidare la condotta in modo stabile. La morale è la capacità di autodeterminarsi al di là delle sollecitazioni istintuali, così che la Libertà sia il primo presupposto della vita etica. La morale è perciò ab-soluta, perché è in grado di non essere condizionata dai cosi istintuali.
Moralità=incondizionatezza=libertà=universalità e necessità. È l'equazione che rappresenta il fulcro dell'analisi etica di Kant.
La morale si gioca all'interno di una tensione tra ragione e sensibilità, che fa si che la morale assuma la forma severa del "dovere" e si concreti in una lotta tra gli impulsi egoistici e la ragione. Da ciò la natura finita, ossia limitata ed imperfetta, dell'uomo, che può agire secondo la legge ma anche contro di essa.