La chimera di Sebastiano Vassalli: riassunto, personaggi, temi e analisi

Trama e analisi de La chimera, romanzo storico di Sebastiano Vassalli ambientato nel Piemonte del '600 in cui si racconta la storia di Antonia e del suo processo - e condanna - per stregoneria. Temi e analisi dei personaggi.

La chimera di Sebastiano Vassalli: riassunto, personaggi, temi e analisi
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La chimera: riassunto

In una notte del 1590, in un piccolo paesino vicino Novara, viene ritrovata davanti alla Casa della Carità una bambina dai tratti tipicamente spagnoli: scura d’occhi, di pelle e di capelli. Le viene dato il nome di Antonia e sarà allevata come un’ esposta, ovvero una bambina abbandonata, educata dalle suore alla carità e al timore di Dio. Quando è ancora piccola conosce il nuovo vescovo, Carlo Bascapè che aveva deciso di far visita alla diocesi di S. Michele. Antonia è talmente emozionata che sviene al suo cospetto e da quel momento la sua vita e quella di Bascapè si intrecciano. Quando ancora non ha dieci anni viene adottata da una coppia della bassa, un paesino chiamato Zardino, che non aveva avuto figli.

La bambina è molto amata dai suoi genitori adottivi ma, fin dal suo arrivo, Antonia non viene vista di buon occhio dal resto degli abitanti del paese in quanto esposta perché a quei tempi si riteneva che un’ esposta fosse portatrice di sventure, una poco di buono, perché nata da una relazione carnale e non riconosciuta. Quando finalmente la ragazza inizia ad ambientarsi, a stringere legami d’amicizia e ad entrare a tutti gli effetti a far parte della comunità, qualcosa cambia: un nuovo parroco molto rigido e osservante delle leggi di Dio arriva a rivendicare il suo posto come guida spirituale della chiesa di Zardino e Antonia inizia a comportarsi in modo strano a causa di un presunto moroso. Intanto il vescovo Bascapè si reca a Roma per la santificazione di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, dove si rende conto di quale sia il vero volto della Chiesa di Roma e ne rimane tdeluso. Dopo la morte del governatore dello Stato, Bascapè decide di fuggire disinteressandosi del processo a cui avrebbe dovuto presenziare, proprio il processo che avrebbe giudicato, condannato e ucciso Antonia come strega.

La chimera: periodo storico e analisi narratologica

Strega al rogo in America nel 1695
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La storia che ci racconta Vassalli ha inizio nel 1590 fino al 1610, anno in cui Antonia viene bruciata sul rogo con l’accusa di essere una strega. Sono gli anni a cavallo tra ‘500 e ‘600 in cui la Chiesa e la dominazione spagnola la fanno da protagonisti. La Chiesa imponeva credenze, verità da seguire e indirizzava le vite dei propri fedeli facendo credere, ad esempio, che qualsiasi peccatore potesse ottenere uno sconto della pena per i propri peccati pagando le indulgenze, ovvero facendo un’offerta o lasciando i propri beni ad essa.

Negli ultimi anni in cui è ambientato il racconto, governatore dello Stato era Don Pedro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes, nominato nel 1600 da Filippo III di Spagna Governatore e Capitano Generale di Milano. Qui suscitò le diffidenze della nobiltà italiana con le sue politiche e l’eccessivo uso che faceva dell'esercito. Durante il dominio di Acevedo, ma non solo, in Italia i sudditi erano costretti a convivere con leggi complesse e inapplicabili che spesso non venivano applicate e chi aveva il potere si divertiva a cogliere in fallo i poveri trasgressori quando voleva - ad esempio- riscuotere un contributo straordinario, al di fuori delle normali tasse, per arricchirsi.

Potere politico e religioso a parte, si era convinti di poter giudicare e giustiziare a proprio piacimento i diversi, coloro che non si allineavano o che per qualche motivo si differenziavano dalla massa, coloro che facevano paura perché con credenze o comportamenti differenti dai loro, convinti di esser sempre e comunque dalla parte giusta.

I luoghi de La chimera

La chimera si svolge:

  • Nella Casa di carità di S. Michele dove Antonia viene accolta ed allevata insieme ad altri esposti.
  • A Zardino: paese in cui Antonia adolescente vive insieme ai suoi genitori adottivi. E’ un paese molto piccolo dove gli abitanti vivono della coltivazione del riso e dove regnano rigide regole morali; qui ognuno si fida solo di se stesso, ma spettegolare degli affari altrui, dei fatti privati, piccanti e non, unisce l’intera comunità soprattutto nei mesi invernali.
  • Novara: città in cui risiede e svolge le sue funzioni il vescovo Bascapè. E' qui che si trova la Torre dei Paratici, torre del palazzo del Comune di Novara dove Antonia viene rinchiusa durante il processo. Questa torre aveva due stanze adibite a prigione, una per gli uomini e una per le donne, decorate ciascuna con dipinti che dovevano redimere i detenuti. E’ qui che la ragazza viene condotta dai genitori per affrontare il processo.

La chimera: analisi dei personaggi

  • Antonia: trovata il 17 gennaio 1590 di fronte alla porta della Casa di Carità di S. Michele, era una bambina scura d’occhi, di pelle e di capelli a cui si diede il nome Antonia perché il 17 gennaio era S. Antonio, Renata perché quel giorno era rinata a nuova vita, Giuditta in onore della balia che l’aveva trovata e Spagnolini perché i suoi lineamenti ricordavano quelli spagnoli. Era quieta e taciturna, portata alla riflessione più che al chiasso, amava starsene per conto suo più che con le altre esposte. Molto piccola fa la conoscenza del vescovo Bascapè e in seguito viene adottata da una famiglia della bassa di Novara, i signori Nidasio. Impiega parecchio tempo ad ambientarsi e ad abituarsi alla sua nuova vita, stringe amicizia con Biagio, ragazzino del villaggio, e le due figlie minori di Barbero, Anna Chiara e Teresina, che la “ tradirà “ durante il processo, ma a causa del suo comportamento giudicato più volte sconveniente, non viene ben vista dal nuovo parroco, Don Teresio. All’età di diciannove anni, si innamora di un uomo più grande di lei, un camminante, Gasparo Tosetto e, secondo le testimonianze degli abitanti del paese e delle amiche, inizia a comportarsi in modo “strano”: scappa di casa durante la notte, viene vista aggirarsi al di fuori del paese… viene giudicata dal Tribunale dell’Inquisizione di Novara come strega perché :
    - troppo bella e quindi maligna, con la sua arte magica seduceva gli uomini e quando questi erano completamente impazziti per amore li abbandonava;
    - aveva avuto l’ardire di farsi ritrarre da un pittore di Madonne e di Santi nei panni della Madonna del Divino Soccorso peccando quindi di superbia.
    - Aveva osato ridere del vescovo Bascapè durante una sua visita a Zardino;
    - Aveva ballato in piazza con i lanzi;
    - Era stata sorpresa di notte sul dosso dell’albera dove le streghe tenevano il loro sabba. Nel 1610 viene giudicata e condannata a morire sul rogo proprio su quel dosso dove aveva partecipato ai sabba delle streghe.
  • Vescovo Bascapé : pupillo di Carlo Borromeo, era stato consigliere di due Papi e in corsa lui stesso per diventarlo, ma essendo sconfitto, fu mandato, anche se non fu cosa facile, a fare il vescovo nella sede lontana di Novara. Era nobile per nascita, raffinato per educazione e cultura, conoscitore del latino e dello spagnolo, brillante scrittore, esperto di diritto ecclesiastico e civile e dotato di un talento di organizzatore. La sua vita si intreccia con quella di Antonia a partire dal giorno in cui si reca a S. Michele per far visita alla diocesi e la incontra nuovamente dopo qualche anno a Zardino, dove si era recato per lo stesso motivo. Bascapé viene descritto con un viso grigio profondamente incavato, una barba rada, così magro e sciupato dagli anni da sembrare un fascio d’ossa, un fantasma… si recò sette mesi a Roma per la santificazione di Borromeo e lì, ormai vecchio, aveva finalmente aperto gli occhi sulla Chiesa di Roma: se Borromeo l’aveva fondata sulla fede, le opere di carità, si era nel giro di decenni come bloccata, era rimasta agli anni della Babilonia delle scritture e una fitta rete di intrighi, imbrogli, traffici e favoritismi regolava l’intera struttura. Da quel momento Bascapé decide di abbandonare Roma, tornare a Novara e abbandonare il suo lavoro.
  • Suor Livia: era la conversa anziana, non originaria di Novara, veniva da Napoli anche se nessuno conosceva il motivo del suo spostamento. Buona e sempre disponibile con tutti, era l’addetta alle pulizie e doveva svolgere le mansioni più umili e faticose come svuotare  le latrine delle camere degli esposti, andare a prendere l’acqua, pulire. Un giorno scompare misteriosamente dalla Casa di Carità, inizialmente si pensa ad una fuga, solo più tardi al suicidio. Viene ritrovata da Adelmo, il giardiniere e sacrista, impiccata al campanile ma nessuno si interessa davvero a quanto è avvenuto perché sono tutti troppo indaffarati a nascondere la verità.
  • Rosalina: è l’ esposta più grande e da lei le ragazze più giovani dovevano, per ordine delle suore, tenersi alla larga perché considerata “ sporca”. La prima volta che Antonia la incontra ha 17 anni, era alta, ben fatta, con gli occhi azzurri e i capelli colore della stoppa. Un panettiere l’aveva tolta dalla Casa di Carità con la promessa di sposarla ma, rimasta incinta, viene abbandonata a se stessa. Costretta a vagare per Novara, viene accolta da una donna che le offre un lavoro come prostituta, ma, una volta chiusa la casa della donna per volere del vescovo, viene riportata a S. Michele. Antonia vede Rosalina per l’ultima volta 10 anni dopo nella Torre dei Paratici dove era stata rinchiusa con l’accusa di praticare la prostituzione senza il permesso dell’autorità. Era molto cambiata dal loro primo incontro: aveva capelli corti, il naso schiacciato - forse a causa di un pugno - piccole cicatrici che le deturpavano il corpo ed il viso facendola apparire brutta e sciupata.

  • Fratelli cristiani: sono i membri della confraternita di S. Rocco che di notte giravano per il paese e nei dintorni per proteggerlo e difenderlo dagli spiriti malvagi e dai ladri di animali e, nella stagione della raccolta del riso, riportavano i risaroli fuggiti ai proprietari terrieri che li avevano assoldati. La confraternita prende ispirazione da un affresco di S. Rocco che benedice un gruppo di uomini vestiti con una tunica bianca a con in testa un cappuccio bucato all’altezza degli occhi e una croce rossa sulla fronte. Difendendosi l’uno con l’altro, dovevano vigilare sulla popolazione di Zardino.
  • I risaroli: sono i raccoglitori di riso che arrivavano a maggio e se ne andavano a settembre. Venivano reclutati per lavorare nelle risaie sotto le dipendenze di un contadino. Non parlavano con nessuno, la loro unica forma di comunicazione era il canto. Non cantavano per gioia ma per sentirsi vivi, per sentire il suono della propria voce, per distrarsi e cercare di alleviare il dolore perché essi lavoravano tutto il giorno con l’acqua alle ginocchia.

  • Pietro Maffiolo: il camparo di Zardino, era molto alto e magro ed i suoi capelli erano ormai grigi. Era stato soldato del re di Spagna per 30 anni, si aggirava per il paese con un bastone uncinato e ben presto attirò la simpatia di Antonia che iniziò a considerarlo come un nonno. Lui le parlava delle terre al di là delle montagne perché essendo un soldato aveva viaggiato, conosceva molte lingue e la Spagna, di cui era profondamente innamorato.

  • Il Caccetta: Giovan Battista Caccia, feudatario novarese, inizialmente viene considerato come uomo di tutto riguardo, avendo avuto come maestro un prete ma col passare del tempo viene scoperto per quello che realmente è: un uomo che abusava di bambine, ragazze, sposate e non, donne e anziane, uccideva per il gusto di afarlo, compiva razzie e furti, bruciava case, paesi… viene condannato a morte nel 1600 per aver ammazzato con un colpo di archibugio un gentiluomo milanese nel cui palazzo aveva trovato rifugio la donna da lui amata e che era stata causa della sua pazzia.

  • I lanzi: erano soldati tedeschi che si erano trovati a passare per caso da Zardino. Il loro comandante era grande e grosso, con enormi basette e baffi e tutti avevano l’ inclinazione al bere, al mangiare e al fare confusione. Erano più di trenta, portavano corte spade, archibugi, farsetti di cuoio, braghe a righe bianche e rosse, coltelli e pistole. Amano creare disturbo. Uno di loro invitò a ballare Antonia che, anche per questo, viene accusata di tenere un comportamento sconveniente.
  • Pier Luigi Caroelli: nipote del Caroelli che possedeva mezza Zardino, era alto, ossuto, con pizzo e baffi portati secondo la moda dell’epoca. Aveva trentacinque anni, vestiva con abiti eleganti e aveva la erre moscia. Molto leale nei confronti delle donne, non le toccava nemmeno di nascosto. Era molto educato perfino coi mariti, i contadini, ai quali dava del “voi“, infatti aveva l’animo del poeta e scrisse un libro di Rime. Chiede in sposa Antonia ma lei lo rifiuta.

  • Gasparo Tosetto: è l’uomo di cui Antonia si innamora e per il quale scappa di notte, di nascosto, per incontrarlo. Antonia lo riteneva un brav’uomo ma in realtà era un poco di buono con una storia travagliata alle spalle: sua madre, inserviente in un’osteria, lo aveva affidato al padre, un vagabondo, e per questo motivo fin da piccolo aveva vissuto per strada, in mezzo a gente disonesta, nelle osterie, giocando d’azzardo, scommettendo, molestando tutte le donne che incontrava. Era un camminante, basso, biondiccio, con un viso rotondo e occhi grigi. Portava abiti stravaganti e, appeso alla cintura, aveva un coltellaccio mentre in testa un cappello piumato. Riuscì a formare un gruppo consistente di risaroli e si recò a lavorare nel villaggio di Antonia. E’ qui che la conosce e la illude fino a pochi giorni prima del processo. Le dice definitivamente addio perché essere il moroso di una strega non era per niente conveniente e Gasparo non voleva correre rischi.
  • I camminanti: erano una presenza specifica della pianura novarese, tentavano di difendere la loro vita dall’avanzata del progresso, delle leggi e dell’istruzione obbligatoria. Quelli veri non erano banditi, molti infatti si spacciavano per camminanti ma in realtà erano solamente comuni ladri o malviventi, odiavano ogni tipo di servitù, al contrario amavano cantare, ballare, viaggiare… non avevano posti fissi in cui dormire, né abitudini, né amici. La cosa per la quale erano maggiormente ammirati era il loro coraggio nell’affrontare la vita e l’autorità: essi infatti erano gli unici che osavano sfidare la forza pubblica.

  • Pinin Panchet: uomo molto basso che ricorda un folletto, aveva una fronte prominente, due occhi grandi, pochi capelli rossi, una gran bocca con pochi denti. Aveva un tic che gli faceva muvere la parte destra del viso creando una smorfia. Il suo nome, Panchet, gli viene dato perché sia di notte che giorno cammina con un seggiolino legato in vita. Svolgeva diverse attività: mungitore, sagrestano, suonava le campane e raccoglieva le elemosine. Dato che non dormiva mai, disse a Don Teresio di aver assistito ad un sabba delle streghe a cui partecipava anche Antonia. La sua testimonianza viene utilizzata per denunciarla come strega.

  • Bernardo Sasso: è il boia venuto da Milano apposta per frustare in piazza i carcerati e bruciare la strega. Di mezza età, con testa e guance rasate, ha due occhi azzurri vivissimi e non aveva mai fatto nulla di straordinario: mai ubriaco, sempre saggio, equilibrato, educato e gentile nei confronti delle donne. E’ uno dei personaggi più umani del racconto perché riteneva che i roghi fossero barbarie del passato, la morte più orrenda, e quindi decide di alleviare la sofferenza della condannata dandole da bere un’intruglio che avrebbe allentato la sua capacità di intendere e di sentire il dolore del rogo.
  • Inquisitore Manini: alto e magro, di aspetto gradevole nonostante il pallore, elegante nei gesti e nel vestire, aveva mani curate con dita affusolate. Era uomo attento nel parlare e nello scegliere vocaboli ricercati. Aveva scoperto la sua vocazione di predicatore a diciotto anni e quindi studiò teologia e arti oratorie e a quaranta anni era stato nominato inquisitore a Novara. Ossessionato dalla castità, a cui attribuiva poteri soprannaturali, molto diffidente, dubitava di tutto ciò che gli appariva troppo chiaro ed evidente in quanto facile tranello del Diavolo. Riteneva le streghe mogli carnali del Diavolo e che le loro anime partecipassero ai sabba non necessariamente insieme al corpo che poteva trovarsi altrove per non destar sospetti. Processò e torturò Antonia con gran sadismo e fece tutto ciò che era in suo potere per condannarla a morte.

  • Taddeo e Bernardo: erano padre e figlio e svolgevano la funzione di inservienti del Tribunale e delle carceri. Erano due laici finiti a vivere coi frati per servire Dio e il suo Santo Tribunale quasi per caso: entrarono in chiesa la prima volta per scappare dai poliziotti, perché al servizio del Caccetta ma i frati si affezionano a loro e li tengono per svolgere alcune mansioni. Istintivi e capaci di adattarsi alla nuova vita, avevano affascinato Manini che aveva finito anche lui per affezionarsi alla strana coppia. Torturarono duramente Antonia e, prima di consegnarla al boia, approfittarono più volte di lei.

Ambienti in cui si svolge La chimera

  • CITTA’: offre condizioni di vita migliori, la vita in città è regolata dal potere politico e religioso, c’è maggiore controllo sulle persone che temono multe e pene. In città ci sono maggiori possibilità di svago e divertimento.

  • CAMPAGNA: qui le condizioni di vita sono peggiori, c’è un rischio maggiore di contrarre malattie o di finire in miseria a causa di un cattivo raccolto in quanto l’agricoltura è l’occupazione principale. In campagna la vita è incentrata sul pettegolezzo.
I luoghi de La chimera
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