I promessi sposi, capitolo 4, 5 e 6: riassunto

Riassunto dei capitoli 4, 5 e 6 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (7 pagine formato docx)

Appunto di annapan97

I PROMESSI SPOSI CAPITOLO 4: RIASSUNTO

I promessi sposi di Manzoni.

Capitolo 4. Il capitolo si apre con una descrizione: padre Cristoforo è appena uscito dal suo convento di Pescarenico per salire alla casetta di Lucia. Pescarenico si trova sulla riva sinistra dell’Adda, poco distante dal ponte ed è prevalentemente abitata da pescatori; il convento si trovava al di fuori. Il cielo era sereno, il sole si stava alzando dall’orizzonte (era mattino presto), era autunno e alcune foglie cadevano dagli alberi, mentre altre brillavano rosseggianti sugli alberi e la terra dei campi era lavorata di fresco.
In questa terra bruna spiccavano stoppie biancastre. La scena era lieta, ma le persone rattristavano lo sguardo e il pensiero: mendicanti che lo erano stati tutta la vita o che lo erano appena diventati che passavano vicino al padre Cristoforo (frati francescani: voto di povertà) e gli facevano un inchino di ringraziamento. I contadini seminano a malincuore perché sono già 2 anni che il raccolto scarseggia e temono che il prossimo raccolto sarà ancora più magro, temono che quei pochi semi che stanno seminando possano marcire. Essi, inoltre, faticano a vangare perché per poter vangare le stoppie servono persone robuste e loro non mangiavano abbastanza per essere robusti. Una ragazza al pascolo stava facendo brucare la vacca e si chinava a rubare un po’ di erbette alimentari per la famiglia. Questa è una descrizione che ha funzione organizzatrice, cioè ha funzione di presentare un tema, quello della carestia, della mancanza di cibo.

CAPITOLO 4 PROMESSI SPOSI SEQUENZE

Nella seconda sequenza, troviamo un lungo flashback sulla vita di Lodovico. Padre Cristoforo non è un personaggio storico anche se c’è una persona (Cristoforo Picenardi da Cremona) che si nasconde dietro a questa figura. Egli è un personaggio verosimile perché nel romanzo non rispetta alla lettera il vero storico della persona in vita. Egli è un uomo con un trascorso burrascoso e che ha deciso, in seguito, di fare il voto di umiltà. Padre Cristoforo da Cremona è un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant’ anni, ha il capo che girava con moti alterni e inquieti, una lunga barba bianca che faceva risaltare la parte superiore del volto e la sua espressione ascetica (il digiuno gli aveva infossato gli occhi e le guance). Occhi che “come 2 cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontan subito con una buona tirata di morso. Cioè occhi che hanno dentro di sé delle passioni, ma egli ha fatto un voto di umiltà. Questa descrizione segue un ordine, ma è fatta per particolari significativi ed è una descrizione organizzatrice, cioè anticipa la sua vicenda personale.
Il nome di battesimo di padre Cristoforo era Lodovico ed egli era figlio di un mercante che, essendo molto ricco e avendo un unico figlio, aveva rinunciato a fare il mercante per vivere da signore. Avendo molto denaro, si vergognava di essere stato un mercante, cioè un uomo mediocre, e “studiava tutte le maniere di far dimenticare che era stato un mercante”.

Riassunto breve del capitolo 4 de I promessi sposi di Manzoni

Ma il magazzino, i pacchi di merci, il libro mastro e il braccio, lo strumento di misura, gli comparivano sempre nella memoria, come l’ombra di Banco a Macbeth (Shakespeare). Poi, viene riassunto un episodio: un giorno, l’uomo invita alcuni commensali a mangiare e uno di questi dice:<<eh! Io fo l’orecchio del mercante>> (non voler ascoltare quello che una persona ti dice). Questo piccolo scandalo fa rannuvolare la faccia del padrone e tutti cercano di dissimulare la cosa, ma la gioia se n’era andata e lo sfortunato non fu più invitato. Così il padre di Lodovico passa gli ultimi suoi anni tra angustie continue pensando che gli altri potessero schernirlo. Fece educare il figlio nobilmente dandogli maestri di lettere e d’esercizi cavallereschi e quando il padre muore, lui è molto ricco, ma quando si vuole mischiare con gli altri, “trovò un fare ben diverso da quello a cui era accostumato”. I nobili del tempo gli rinfacciavano di essere di un’altra classe sociale e per quanto egli cercasse di fare, si trovava sempre un po’ più sotto rispetto agli altri ed era costretto a mandare giù i rospi, ma bolliva. Perciò, si allontana con moto d’orgoglio, ma quando stava lontano, desiderava ritornare insieme a loro perché in fondo erano suoi simili, li avrebbe voluti solo un po’ più trattabili. Una volta allontanato, si era messo a sfoggiare, attirando l’invidia e la inimicizia di questi e sembrava un po’ ridicolo. Le gare, poi, si son fatte più serie e pericolose: andava a difendere dai soprusi, compiuti dai potenti, mettendosi contro di loro e diventando una specie di vendicatore dei soprusi. In questo modo, si crea molti nemici e contrasti interni: per far giustizia, doveva egli stesso ricorrere alla violenza e ai raggiri e ciò lo macera. Per sicurezza, doveva tenersi anche dei bravi e qua è presente un ossimoro: figura retorica del contrasto. Lodovico, per far giustizia, deve avere al proprio fianco anche i bravi più violenti e uccidere. Più volte, infatti, gli era saltata la fantasia di farsi frate, ma non per uscire dagli impicci, ma per lasciare che la scelta fra la giustizia e il far vendetta diventasse scelta di Dio. Poi, viene presentato il duello, l’evento cruciale della seconda sequenza. Un giorno, per strada, Lodovico litiga con un nobilotto per una questione di puntiglio, cioè su chi doveva stare sulla destra. I due, perciò, duellano anche con i rispettivi bravi. Uno dei bravi, un tal Cristoforo, si mette davanti al padrone, lo para e muore. Lodovico, vedendo l’ucciso Cristoforo, il bravo a lui più fedele, uccide il nobilotto, i quali bravi scappano. Troviamo adesso un discorso diretto libero, con parole della folla che era accorsa. La folla lo trascina nella chiesa (un territorio straniero perché fa capo al Vaticano). Lodovico non aveva mai ammazzato nessuno e pure l’impressione ch’egli ricevette dal vedere l’uomo morto per lui e l’uomo morto da lui, fu nuova e indicibile.
Quando ritorna in sé, Lodovico si trova nel convento, in un letto d’infermeria, affidato al frate chirurgo che medicava le ferite ricevute nello scontro. Egli si converte, si vuole far frate non per sfuggire alla giustizia, ma per cambiare radicalmente i valori di vita. Un padre cappuccino ritorna e dice che i morti sono morti bene e ciò fece rinvenire Lodovico. Vedere quel trapasso dalla vita alla morte gli fa perdere l’orientamento, ma il “perdono” lo riporta in vita. La conversione è dovuta alla chiamata: egli prima era arrogante, ricco e voleva farsi valere per poi decidere di cambiare strada. Non sarà più arrogante, ma sarà caritatevole, presterà servizio ai poveri, sarà umile. Perciò, Lodovico decide di cambiare stile di vita e inizia chiamando un notaio e donando tutti i suoi beni, il suo patrimonio, alla famiglia del bravo Cristoforo. I frati cappuccini vogliono proteggerlo perché lui, in fondo, è un debole, anche se ha ucciso, ma sono preoccupati per la reazione della famiglia del bravo che era stato ucciso. Il fatto che egli si voglia far prete elimina ogni problema ed era anche una bella penitenza, “una punizione competente, anche all’offeso il più borioso”,254. Il padre guardiano comunica al fratello del morto il pentimento di Lodovico, ma la famiglia, pur soddisfatta, pretende un gesto plateale: vederlo strisciare per chiedergli perdono. Ciò avrebbe fatto contenti tutti. Lodovico pensa a un mezzo di espiazione e così, a 30 anni, “si ravvolse nel sacco” e si fa prete e prende il nome di Cristoforo per ricordare ogni giorno della sua vita che se non si agisce basandosi su certi valori, si può morire.
Mentre Lodovico si veste con l’abito di un ordine religioso, dice al guardiano di voler chiedere perdono alla famiglia dell’ucciso. Egli riferisce la cosa e la famiglia decide di vederlo domani. Il fratello fa arrivare nella sua grandissima casa tanti nobilotti con le loro “rabescate zamarre” perché sarebbe stata “una bella pagina nella storia della famiglia”. Quando il frate dal capo rasato arriva è consapevole di quel che lo attende, ma è seriamente addolorato per quel che ha fatto e sul suo volto troviamo il sentimento di contrizione, sul volto riusciamo a percepire la gravità e che si è pentito. Attraversata la folla, giunge davanti al padrone di casa e si mette in ginocchio dichiarandosi colpevole dell’omicidio e chiede scusa, perdono. Quell’uomo, che voleva umiliarlo, è chiamato, invece, a perdonarlo. Il perdono è una vocazione ed è Dio che ci dà la forza di perdonare. L’anima di quest’uomo si apre a Cristoforo e al perdono. Gli dice di alzarsi dandogli del lei, che ha un suono più familiare del voi, perché matura la chiamata. Troviamo la scena del perdono e il simbolo di questo perdono è il pane (il pane nella teologia cristiana è il corpo di Dio). Egli non mangia a riguardo della sua situazione di penitenza e non prende nulla oltre a questo pane. Il fratello e tutto il parentado erano ripieni della gioia serena del perdono e della benevolenza. Il padre Cristoforo cammina, tira fuori il pane del perdono e ne mangia un pezzo, lasciando l’altra metà nella biseccina, tenendola per sempre.
Oltre ad adempiere “gli ufizi che gli venivano ordinariamente assegnati”, cioè predicare, vivere nella povertà e assistere i malati, si fissa due impegni supplementari, 2 ufizi: accomodar le differenze, proteggere i deboli e gli oppressi. Egli, infatti, era diventato frate, ma aveva mantenuto gli stessi occhi e lo stesso carattere umano, “l’impeto antico” che si animava “quando si trattasse di giustizia o di verità combattuta”.
Al verso 406, Manzoni si cala nella storia. Padre Cristoforo accorre sollecitamente verso la casa di Lucia non solo per pregare per lei, ma perché è preoccupato, teme che il suo consiglio abbia prodotto qualche triste effetto e perché lui conosce i pericoli del mondo (don Rodrigo). Arrivato alla porta, le donne lo accolgono esclamando ad una voce: <>.

RIASSUNTO CAPITOLO 5 PROMESSI SPOSI

CAPITOLO 5. La decisione di padre Cristoforo. Fortemente turbato per il racconto che gli fa Agnese, fra Cristoforo non si perde di coraggio. Il suo primo richiamo è alla fede:<