don ferrante
La rappresentazione della "coppia d’alto affare" costituita da don Ferrante e donna Prassede è stata sempre giudicata come una delle più felici del Manzoni umorista. (3 pagine formato doc)
Untitled Don Ferrante, " l'erudito del Seicento " La rappresentazione della "coppia d'alto affare" costituita da don Ferrante e donna Prassede è stata sempre giudicata come una delle più felici del Manzoni umorista.
Ma a ben vedere il registro manzoniano è piuttosto quello di una feroce ironia che non di una indulgente comicità: don Ferrante e donna Prassede sono infatti rappresentanti emblematici rispettivamente di una cultura e di un atteggiamento religioso che lo scrittore condanna senza appello come aspetti della decadenza e dell'imbarbarimento della società secentesca. La degenerazione della cultura in una massa di inutili e obsolete certezze tenute insieme da un'ambizione enciclopedica (don Ferrante si occupa di tutto: astrologia, filosofia, scienze naturali, magia, storia, dottrine politiche, scienza cavalleresca, letteratura) è ferocemente irrisa fino all'ultimo: don Ferrante muore farneticando in termini di astrologia e la sua "famosa" libreria è liquidata in vendita "su per i muriccioli". La degenerazione della morale cattolica in un moralismo angusto e autoritario, alla tetra luce del quale le verità della religione assumono una rigidità catechistica è condannata senza riserve, con feroce anche se dissimulato sarcasmo: "Di donna Prassede, quando si dice ch'era morta, è detto tutto...". Per lei dunque neanche l'onore delle armi come al consorte. Le pagine che seguono dedicate ai due coniugi sono tratte rispettivamente dai saggi di Eugenio Donadoni La dottrina nei "Promessi sposi" (1913) e di Marcella Corra Mito e realtà del Manzoni (1945). Don Ferrante è figura vivacissima, come molte delle figure apparentemente minori dei Promessi sposi, nelle quali sono racchiusi e condensati, a così dire, tutti gli aspetti delle loro classi: di modo che la stessa circoscrizione e limitatezza conferiscono - come accade nei grandi artisti - una più intensa vitalità, e i caratteri da individuali diventano universali. Don Ferrante è certo l'erudito del Seicento: è l'uomo dei libri vissuto nel secolo delle biblioteche e delle accademie: ed ha la dottrina grossa dell'età sua. [...]Don Ferrante è così povero di spirito, che neppure avrebbe saputo fare lo scrivano o il campanaro: essendo nato, per sua fortuna, ricco, poté fare il mestiere dell'erudito, il mestiere che non implica nessuna individualità, anzi esclude ogni individualità. Lo studio è per don Ferrante il riempitivo dell'ozio, la necessità di fare o di apparire qualche cosa semplicemente. Egli non pensa, non vuole, non ragiona: solamente tiene a memoria: tantum scimus quantum memoria retinemus. Ed è sempre stato un niente: è nato così nullo e così saggio. [...] Don Ferrante personalità non ne ha avuta mai, spropositi non ne ha mai fatti: il saggio ha sposato una donna saggia fino all'oppressione. Donna Prassede è di una saggezza massiccia ed ingombrante, come il suo nome, donna Prassede verrebbe voglia di credere che fosse la mano, don Ferrante il senno: ma sarebbe un errore. Donna Prassede è anc