Esser matita è segreta ambizione: analisi e figure retoriche

Esser matita è segreta ambizione, poesia del poeta italiano contemporanea Valerio Magrelli: analisi e figure retoriche

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Esser matita è segreta ambizione

Essere matita è segreta ambizione: analisi e figure retoriche
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Essere matita è segreta ambizione è una poesia del poeta italiano contemporaneo Valerio Magrelli. In questo componimento il poeta parla dell'invidia che prova per la matita che ha la capacità di trasformare la propria essenza materiale in scrittura e di divenire espressione del pensiero.

Testo

Essere matita è segreta ambizione.
Bruciare sulla carta lentamente
e nella carta restare
in altra nuova forma suscitato.
Diventare così da carne segno,
da strumento ossatura
esile del pensiero.
Ma questa dolce
eclissi della materia
non sempre è concessa.
C’è chi tramonta solo col suo corpo:
allora più doloroso ne è il distacco.

Analisi

Condividere l’essenza della matita. La matita è un oggetto umile, comune, di modesto valore. È sorprendente perciò il primo verso di questa poesia, in cui è espresso il desiderio segreto di Essere matita. Se pure fosse concesso di scegliere in quale forma essere al mondo, perché un uomo dovrebbe desiderare di diventare un oggetto inanimato? E tra tutte le possibilità, perché una matita?
La scelta non è casuale per un poeta, consapevole che la scrittura esprime il pensiero ed è una speranza di immortalità. Come il corpo dell’uomo, la matita si consuma, ma diversamente da esso la sua materia non si distrugge e non si cancella: si trasforma invece in qualcos’altro, diventa segno e fragile sostegno del pensiero, in una sorta di rinascita sulla carta, capace di durare. Chi invece non riesce a essere matita, cioè a essere un corpo che lascia traccia del suo spirito, è destinato a congedarsi dalla vita in modo più definitivo e doloroso.

Figure retoriche

  • Bruciare sulla carta: Il desiderio di trasformazione del poeta. Nel primo verso il poeta dichiara un sogno, un desiderio segreto. Seguono due gruppi di tre versi, aperti ciascuno da un endecasillabo introdotto da un verbo all’infinito (Bruciare, v. 2 e Diventare, v. 5). In questa parte è raffigurata una sorta di visione, come se il poeta entrasse nell’oggetto e descrivesse dall’interno una metamorfosi che promette una sorta di immortalità: diventare matita implica una rinascita (vv. 2-4), e soprattutto una trasformazione della materia in traccia dello spirito (vv. 5-7).
  • Ossatura esile del pensiero: Il termine ossatura (v. 6) allude al segno lasciato dalla matita sulla carta: leggero ed essenziale ma al contempo stabile e compatto. Come lo scheletro per il corpo, la scrittura è il sostegno del pensiero.

Le forme: la scomparsa dell’io È significativa la frequenza di verbi all’infinito, tutti in posizione di rilievo a inizio o fine verso (Essere, v. 1; Bruciare, v. 2; restare, v. 3; Diventare, v. 5): l’assenza della persona verbale è adatta a raffigurare una situazione in cui l’io scompare e diventa un oggetto, ma anche a esprimere il desiderio in forma universalecome se l’aspirazione a questa particolare immortalità appartenesse a ogni uomo.

Letti in successione, gli infiniti descrivono in sintesi il sogno di possedere le virtù della matita, di eguagliare la sua capacità di cambiare stato senza sparire: Essere, ovvero possedere l'essenza dell'oggetto; Bruciare, cioè consumarsi inevitabilmente, ma restare, ossia non esaurirsi, e infine Diventare, quindi trasformarsi.

Il chiasmo ai versi 2 e 3 (Bruciare sulla carta lentamente / e nella carta restare) sottolinea ulteriormente la coesistenza tra consumazione e sopravvivenza insita nella condizione dell'oggetto.

La congiunzione avversativa Ma al verso 8 segna la fine del sogno di metamorfosi, il ritorno alla realtà e alla difficoltà di lasciare un segno di sé: non sempre è possibile una dolce / eclissi (vv. 89), ovvero una sparizione non definitiva della materia (le due parole, separate dall'enjambement, sono in particolare rilievo).

Quando lo spirito non trova modo di sopravvivere e lasciare traccia di sé, il tramonto del corpo, ovvero la morte, è un distacco (v. 12) irrevocabile, che non porta ad alcuna rinascita.

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