Speciale Promessi sposi

Capitolo 10 de I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commento

Commento al capitolo 10 de I promessi sposi di Manzoni, dove prosegue la storia di Gertrude, la Monaca di Monza, iniziata nel capitolo precedente

Capitolo 10 de I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commento
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CAPITOLO 10 PROMESSI SPOSI

Nel capitolo 10 dei I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni prosegue la storia di Gertrude, la Monaca di Monza, già iniziata nel capitolo 9.

Manzoni inizia il capitolo facendo una similitudine: riferendosi alla purezza dell’adolescenza disarmata di fronte alla violenza “dell’astuzia che sta per violarla”, la paragona a un fiore appena sbocciato che è pronto a concedere le sue fragranze all’aria.

Tali momenti, che dovrebbero essere ammirati e rispettati, vengono invece utilizzati per approfittarsi delle persone e della loro ingenuità.

Il principe padre capisce, leggendo la lettera di Gertrude, che è quello il momento giusto per approfittarsene. Quando Gertrude si presenta davanti al padre, si inginocchia e chiede perdono: lì lui le risponde che il perdono bisogna meritarselo. 

Il padre raggiunge il massimo della crudeltà quando le dice che per quello che ha commesso “non sarebbe degna di essere data in sposa a nessuno”.Il principe sa perfettamente che l'ipotesi di dare Gertrude in sposa non è mai stata considerata, ma si seve del peccato della figlia per riversarle addosso la colpa della sua solitudine. Dopodiché, le spiega che la vita al di fuori del monastero sarebbe troppo piena di pericoli per lei, che risponde solo "ah sì".

Questa parola viene subito stravolta dal padre. Il principe fa chiamare la principessa ed il principino per comunicare la “decisione” di Gertrude di entrare in convento. Il principe deve concordare il giorno per andare a Monza a far richiesta alla badessa. Permette a Gertrude di scegliere il giorno come fosse una straordinaria concessione.

Da questo momento l’atteggiamento ostile che tutti avevano nei confronti di Gertrude cambia anche da parte delle servitù: la ragazza inizia ad essere chiamata "la sposina", un termine usato per le giovani monacande. Questo termina suscita in Gertrude un dolore ancora più forte, perché lei ha sognato ben altre nozze.

L'amarezza torna in Gertrude quando un suo zio, mentre vanno a fare una passeggiata in carrozza, le dice che lei è fortunata ad aver “scelto”il monastero, perché in questo modo non deve affaticarsi con riti mondani, proprio quelli che in realtà la ragazza sogna.

Prima di essere condotta la monastero, il principe le dice come si deve rivolgere alla badessa: si deve dimostrare convinta, non dubbiosa, non lasciar trapelare il suo errore (la lettera al paggio). manzoni descrive poi il viaggio di Gertrude verso il monastero. Giunta qui, al momento di pronunciare la frase impostale dal padre, ha un attimo di ripensamento, ma vedendo il viso di suo padre anche le sue ultime resistenze crollano. Complicità e malafede si notano anche nel colloquio tra il principe e la badessa.

Gertrude, la monaca di Monza
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Il giorno successivo, Gertrude deve affrontare il colloquio con il vicario. Il principe anche questa volta la ricatta e la minaccia dicendole di stare attenta alle sue risposte, perché ormai si è fatta molta pubblicità sulla sua situazione: se il vicario intuisse una sua esitazione, ci andrebbe di mezzo il suo onore o lui sarebbe costretto a svelare il suo errore.

Durante il colloquio con il vicario, Gertrude è molto spaventata. L'uomo le chiede se è libera di farsi monaca o è stata minacciata. Gertrude esita, conoscendo la vera risposta alla sua domanda, ma capisce che solo mentendo si può salvare. Se anche si fosse confidata col vicario, infatti, avrebbe subito poi l'ira del padre.

Gertrude risponde quindi: "mi faccio monaca per servire dio e fuggire ai pericoli del mondo".

Terminato il colloquio, il vicario si congratula con il padre di Gertrude per la decisione della figlia. Il principe corre incontro a sua figlia riempiendola di carezze.

Manzoni definisce il cuore degli uomini guazzabuglio, perché, dice, vi si possono intrecciare il bene e il male. Per questo il principe nei confronti di sua figlia può avere un affetto sincero, nonostante le sue prevaricazioni.

Prima di aver la conferma dell’accettazione in monastero, Gertrude cerca di assaporare per l’ultima volta gli aspetti gradevoli del mondo: “il fracasso delle feste, le davano ebrezza”. Il pensiero di abbandonare per sempre quei luoghi, quei “godimenti” la rende amareggiata e piena di rabbia.

Manzoni qui introduce unìaltra similitudine dicendo che Gertrude si sentiva come “l’infermo assetato guarda con rabbia e quasi respinge con dispetto il cucchiaio d’acqua che il medico gli concede a fatica”. Ecco: per Gertrude questo spiraglio di gioie mondane è poca cosa in confronto alla sua sete di felicità.

Gertrude viene accettata e condotta pomposamente al monastero. Manzoni dice “fu fatta la sua volontà”, che però è quella di concludere tutto al più presto, non di farsi suora. Fa dodici mesi di noviziato, poi “diventò monaca per sempre.”

CAPITOLO 10 PROMESSI SPOSI, COMMENTO

Manzoni scrive cha la fede cristiana non rende immuni dal peccato, né dalla sofferenza, ma indica le strade della salvezza. Non solo: la religione cristiana potenzia le facoltà naturali.

Gertrude potrebbe trovare nel monastero una famiglia sostitutiva, invece la sua diventa uno scontrarsi di passioni: rimpianto e rancore. Odia le monache che ritiene responsabili della sua situazione. Non sente vicino a sé le altre monache più pie, perché il loro esempio mette ancor più in evidenza la sua inquietudine. Forse si sarebbe comportata in modo diverso se avesse saputo che queste monache durante le votazioni avevano votato contro la sua accettazione in monastero.

Gertrude trova un po’ di soddisfazione nel comandare, nell'essere corteggiata, nel sentirsi chiamare la “signora”, ma sono tutte consolazioni superficiali.

Manzoni dice che bisogna scegliere fra i valori spirituali e quelli mondani e fa una similitudine parlando del naufrago che vuole afferrare la tavola per salvarsi, ma per farlo deve abbandonare le alghe scivolose alle quali è attaccato. Deve passare, insomma, dalla presa scivolosa delle alghe a quella sicura della tavola.

Praticamente la stessa differenza che c’è tra il falso e il vero.

Gertrude diventa poi maestra delle educande. In realtà trova la sua forma di gratificazione nel maltrattarle: Gertrude le sgrida, le invidia per il fatto che vivranno in un modo che l'ha esclusa.

Altre volte si mostra loro complice, ne imita l'andatura e la voce, ride con loro, ma senza sentire allegria.

Tra i suoi tanti privilegi, ha quello di poter vivere in un appartamento a parte che si trova vicino alla casa di un uomo, Egidio. I due un giorno si parlano, e il suo comportamento diventa più tranquillo. La sua felicità, dice Manzoni con una similitudine, “era simile alla bevanda ristorativi che gli antichi davano al condannato per dargli forza per sostenere i tormenti".

Quel comportamento e “quell’apparenza”, “quell’imbiancatura esteriore” (come la definisce Manzoni riferendosi alla frase evangelica che condanna l’ipocrisia dei farisei chiamandoli “sepolcri imbiancati”) non dura molto. Gertrude diventa capricciosa e volgare, e le suore non riescono a capire quale dramma interiore si nasconda dietro tutto questo. Gertrude inizia a maltrattare una conversa, le fa intuire di conoscere la sua relazione con Egidio. L'uomo la ucciderà e Gertrude, pur sapendolo, non saprà ribellarsi.

AUDIO LEZIONE SUL CAPITOLO 10 DEI PROMESSI SPOSI

Ascolta l'audiolezione del nostro podcast dedicata ai capitoli 9 e 10 dei Promessi sposi di Manzoni:

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VIDEO LEZIONE SUI CAPITOLI 9 E 10 DEI PROMESSI SPOSI

Se preferisci il video, qui trovi una lezione per immagini sulla storia della Monaca di Monza, capitoli 9 e 10 dei promessi sposi.

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