Dialogus de oratoribus, Tacito
Riassunto sulle caratteristiche stilistiche del Dialogus de oratoribus di Tacito all'interno del quale esprime il suo pensiero riguardo la decadenza dell'eloquenza (1 pagine formato docx)
Il Dialogo sugli oratori è un’opera che tratta il tema della decadenza dell’oratoria ( “de causis corruptae eloquentiae” ), già dibattuto da Quintiliano, da Seneca Padre, e da Petronio.
L’opera è attribuita a Tacito, ma questo è tuttora oggetto di discussione; anche la datazione è incerta: la data più certa potrebbe essere l’anno 102, in cui fu console il dedicatario dell’opera, Fabio Giusto.
Il momento in cui si immagina si svolga l’azione è il 75.
Marco Apro e Giulio Secondo, i più noti avvocati del tempo, maestri e modelli di Tacito che li accompagna, si recano a far visita a Curiazio Materno, senatore e oratore che ha da poco abbandonato l’oratoria per la poesia tragica, viene qui sviluppato un confronto tra oratoria e poesia difese ed elogiate rispettivamente da Apro e Materno. Con l’arrivo di Vipstano Messalla, vengono introdotte le cause del declino dell’eloquenza, viste positivamente solo da Apro.
La tesi di Apro è che nell’età contemporanea non vi è una decadenza, ma evoluzione e trasformazione, in armonia con il mutare dei tempi e dei gusti del pubblico. Ai tempi moderni è infatti adatto uno stile rapido e brillante, ricco di sententiae, abbellito da un colorito poetico e rivolgersi a un pubblico più smaliziato di quello a cui si rivolgeva Cicerone.